Vienna
"deporta" i detenuti rumeni
Un
penitenziario austriaco a Bucarest. L'opposizione: "Intesa inutile e
razzista"
Il
Manifesto, 19 febbraio 2004
Un
carcere austriaco in Romania per i rumeni coinvolti in reati in Austria. Detto
così sembra quasi uno scioglilingua, ma potrebbe a breve essere realtà.
L'accordo siglato qualche settimana fa tra il governo di Vienna e quello di
Bucarest prevede proprio quello che in termini di diritti potremmo chiamare una
classica deportazione. L'intesa, primo caso in Europa, è stata fortemente
voluta dal ministro per la giustizia austriaco, Dieter Boehmdorfer (del Freedom
party, il partito di estrema destra di Joerg Heider) ed è ora sostenuto
dall'intera coalizione di maggioranza. Alla base dell'idea esistono delle
motivazioni ufficiali che male si conciliano con la realtà dei fatti. Se da un
lato nelle dichiarazioni pubbliche il governo austriaco ha giustificato
l'accordo con ragioni in primo luogo di carattere economico, dall'altro è
innegabile la connotazione xenofoba di tale piano che, secondo gli oppositori più
attenti, potrebbe anche creare inutili sprechi di denaro.
In sostanza l'accordo, ancora non completamente definito nei suoi diversi
aspetti giuridici, prevede la costruzione di un edificio finanziato dall'erario
austriaco in cui saranno rispediti tutti i cittadini rumeni presenti sul
territorio d'oltralpe - presunti colpevoli o già condannati. Per l'esecutivo
viennese i contribuenti risparmierebbero così ben un terzo delle attuali spese
destinate al sistema carcerario: secondo il ministro della giustizia infatti il
costo per mantenere i detenuti rumeni oggi nelle carceri austriache è di circa
tredici milioni di euro all'anno, mentre costruire un nuovo penitenziario
costerebbe tra i tre e i cinque milioni.
Ma la realtà è diversa per molte organizzazioni non governative (Ong) e per i
partiti d'opposizione poiché le spese processuali, necessariamente a carico
dell'Austria, subirebbero in realtà un'impennata vertiginosa. La rappresentante
per i diritti umani del partito dei verdi, Stoisits Theresia, al telefono da
Vienna non ha dubbi: "Se un giudice rumeno dovrà decidere delle sorti di
un suo connazionale trasferito dall'Austria, dovrà anche chiedere la
trasmissione delle prove e dei testimoni in un'aula rumena. Spostamenti che
costano denaro, senza contare l'assurdità della situazione, soprattutto se si
pensa al possibile inquinamento delle prove".
Inoltre, alcune Ong come l'austriaca Asyl Kordination contestano fermamente i
dati forniti dalle forze di sicurezza di Vienna - per cui nell'ultimo anno ben
il 50 per cento delle persone arrestate sarebbe di nazionalità rumena - e
pongono seri dubbi sulle condizioni di vita nei penitenziari di Bucarest.
Contraria all'intesa anche Amnesty international Austria, che ricorda come nelle
carceri rumene i detenuti sono spesso costretti a dividere anche il posto letto.
E i dati del comitato europeo per la prevenzione delle torture e dei trattamenti
inumani non lasciano dubbi: in Romania il tasso di detenzione, vale l'indice
derivante dal rapporto tra popolazione e carcerati, è intorno a 200, mentre si
ferma a 85 nella stessa Austria e a 100 in molti paesi dell'Europa ricca.
"Dobbiamo essere sicuri che gli standard dettati dalla convenzione europea
dei diritti vengano rispettati anche in paesi come la Romania - sottolinea
Michaela Klemens, di Amnesty Austria - non possiamo pensare di risolvere il
nostro problema rimandando queste persone nel loro paese".
La soluzione austriaca non convince. "Pure ammettendo di trovarsi di fronte
a un'impennata del crimine causato dalla forte immigrazione proveniente dall'est
europeo - continua Stoisits - non pensiamo che l'idea del ministro della
giustizia possa veramente risolvere il presunto problema. Forse sarebbe meglio
organizzare programmi di cooperazione e di sostegno di un'economia fragile come
è oggi quella rumena, piuttosto che spendere soldi in decisioni dal carattere
squisitamente politico. Si vuole tranquillizzare la nostra opinione pubblica? -
prosegue - Allora presto ci diranno che per dormire sonni tranquilli dobbiamo
costruire carceri in mezzo mondo".
E in effetti alcuni esponenti della maggioranza austriaca già pensano di
esportare l'accordo in altre realtà come quella nigeriana o turca. D'altronde
è stato lo stesso ministro degli interni, il conservatore Ernst Strasser,
eminenza grigia dell'intesa, a marchiare in diverse occasioni pubbliche questi
stati come pericolosi "ricettacoli del crimine". Eppure l'Unione
europea resta a guardare.