Progetto Carcere Ser.T. di Venezia

 

Proposta di attività di Riduzione del Danno

da effettuare all’interno delle carceri di Venezia

 

Perché il servizio riduzione del danno all’interno del carcere di Venezia? Il Servizio Riduzione del Danno, nel lavoro di strada che ormai da tempo svolge nel territorio della terraferma veneziana e in centro storico, si trova ad entrare in contatto con persone che possono commettere reati ed a seguito di questi essere detenute all’interno degli Istituti carcerari di Venezia. Allo stesso modo si trova ad avere a che fare con soggetti che sono seguiti dal Ser.T., operando con differenti funzioni e in ambiti diversi ma mantenendo intenti collaborativi e ricercando supporti reciproci. Così pure con altri Servizi della zona che si occupano a vario titolo di tossicodipendenza.

In questa ottica di lavoro articolato, differenziato ed integrato, teso a rivolgersi ad un’utenza diversificata per spazi, tempi e modalità di relazione, il Servizio Riduzione del Danno, all’interno del territorio veneziano, si propone di essere presente nel luogo maggiormente frequentato dalle persone tossicodipendenti, quale appunto la strada.

La strada, che spesso rappresenta per loro il luogo degli affetti e dei conflitti, il luogo delle conferme e delle rassegnazioni, il luogo del deterioramento, della disperazione e della spinta alla "risalita dal fondo"; il luogo della sclerotizzazione e dello stereotipo, ma anche il luogo dove viene esercitato quello scampolo di ruolo che si ritiene di non essere in grado di ricoprire in altri contesti o che si ritiene essere l’unico immaginabile per sé; insomma il luogo che rappresenta per alcuni di essi una sorta di "grembo sociale".

In questo luogo spesso ritornano le persone appena scarcerate, le persone disintossicate, le persone che hanno compiuto anche lunghi percorsi riabilitativi. In questo luogo noi riteniamo utile sia garantita una presenza istituzionale in grado di trasmettere un senso di vicinanza, di comunicabilità, di possibile relazione, di supporto, di contatto aperto, di affiancamento e di dignità a persone spesso relegate ai margini. E’ ciò che stiamo cercando di fare.

Per questi motivi riteniamo che la presenza del Servizio Riduzione del Danno all’interno del carcere potrebbe rappresentare una serie di:

opportunità di incontrare persone tossicodipendenti detenute che poi si potrebbero rivedere in strada;

opportunità di far conoscere gli intenti del Servizio a persone che poi potrebbero rivolgervisi una volta uscite dal

carcere;

opportunità, per le persone t.d., di parlare liberamente delle proprie abitudini di consumo di sostanze stupefacenti per individuare eventuali comportamenti a rischio da modificare;

opportunità di svolgere un’azione informativa sull’uso meno rischioso delle sostanze, sulle modalità di soccorso in caso di overdose, sulle malattie sessualmente trasmissibili.

 

Alla struttura carceraria può essere utile la presenza del Servizio R.d.D.?

 

Partiamo da alcuni dati:

Il Ministero di Grazia e Giustizia ci dice che circa il 30% della popolazione carceraria italiana è composto da tossicodipendenti; Nella relazione curata da Vittorio Agnoletto in occasione della IX International Conference on drug related harm di Sao Paulo del Brasile e pubblicata nel numero 17 del 1998 della rivista "Prospettive Sociali e Sanitarie", emergono come degni di nota i fattori di rischio di infezione da patologie per via ematica nell’ambiente carcerario dovuti perloppiù a ragioni di tipo comportamentale come:

uso promiscuo di materiale iniettivo;

rapporti sessuali non protetti;

tecniche grezze di tatuaggio.

Oltre che a ragioni di tipo strutturale come: sovrappopolazione; scarse condizioni igieniche; mancanza di servizi sanitari dedicati.

Dal I° Convegno Nazionale sulle Tossicodipendenze e Carcere tenutosi ad Abano Terme nel giugno 2000 la relazione di M. Mac Donald, che da un paio d’anni conduce una ricerca che mette a confronto le pratiche di trattamento nelle carceri italiane ed in quelle inglesi, mette in evidenza che il 6% dei detenuti tossicodipendenti da lui contattati, in venti carceri presi a campione in Inghilterra ed Italia, ha dichiarato di aver iniziato ad iniettarsi droga all’interno delle carceri.

Dall’incontro del 15 luglio 1999, tenuto presso l’Istituto di S. Maria Maggiore in Venezia tra la dr.ssa Straffi - Direttrice dell’Istituto Penitenziario di Venezia -, la dr.ssa Ghetti - Direttrice del Centro Servizi Sociali Adulti, la dr.ssa Saggioro – Responsabile dell’ Unità Operativa Area Penale del Sert di Venezia -, l’a.s. Pandin – Coordinatore del Progetto Riduzione del Danno – e l’ e.p. Roncarati – dell’Unità di Strada del prog. R.d.D., è emersa la seguente percezione del rischio per quanto riguarda la tossicodipendenza in carcere:

è possibile che in carcere a Venezia entrino sostanze stupefacenti, anche illegali (Temgesic, bombolette di gas, alcool, eroina);

i gas vengono sniffati; spesso si ricorre a cocktail di farmaci e alcool; le iniezioni di eroina vengono praticate con aghi e siringhe, più spesso con metodi artigianali (vedi l’utilizzo della penna bic);

il sovraffollamento in carcere determina situazioni di estrema promiscuità. Tali dati mettono in evidenza quanto anche all’interno del carcere si possano presentare situazioni di consumo iniettivo di qualsiasi tipo di sostanze (illegali, farmaci), specie durante i primi periodi di detenzione e spesso con modalità rischiose (senza cautele, velocemente, in modo improvvisato, con strumenti rudimentali). Una tale situazione potrebbe far ritenere utile un intervento nell’ottica della Riduzione del Danno.

 

R.d.D in carcere: quali contributi alla già consolidata rete dei Servizi integrati?

 

Considerando la già consolidata collaborazione tra questi Soggetti istituzionali, proviamo ad ipotizzare alcune piste di lavoro che nello specifico potrebbero aumentare la capacità di incidenza complessiva dei Servizi sul fenomeno.

Diverse ricerche dimostrano che, per i consumatori di stupefacenti, il pericolo overdose aumenta durante la I° settimana dal rilascio. Rispetto a questi eventi è necessario attrezzarsi per ridurre il rischio dell’overdose e/o per ridurre il rischio che tali overdose siano mortali. Per far ciò ci si può avvalere delle possibilità comunicative diverse di cui ogni Servizio è dotato, mettendo l’utente nella condizione di essere raggiunto da più fonti informative e dotato di più strumenti per prendere le sue cautele. Ciò sarebbe possibile solo se tutti i soggetti istituzionali coinvolti, a pari titolo, prendessero parte alla gestione di questo percorso collaborativo.

Nel complesso degli interventi di tipo psico pedagogico previsti dal Sert e dal C.S.S.A. all’interno del carcere potrebbe ritagliarsi uno spazio anche per la nostra modalità di intervento, caratterizzata da una relazionalità non valutativa, una relazione d’aiuto svincolata da una osservazione della personalità utile per altre finalità e già seguita da altri soggetti da tempo impegnati in questo ambito all’interno del carcere; una modalità di intervento che individui e sviluppi contesti di self-help già presenti nelle dinamiche relazionali tra detenuti; l’esplicitazione di competenze di sopravvivenza già ampiamente collaudate individualmente dai detenuti tossicodipendenti da condividere con altri ed eventualmente da adattare e modificare in relazione alle situazioni collettive che si vengono a creare; modelli di auto organizzazione possibili.

Collaborazione (del resto già in atto) nella produzione e divulgazione di materiale informativo sugli aspetti legali, utile ai detenuti come pure alle persone che hanno bisogno di essere orientate e supportate una volta alle prese con questioni legate alla giustizia. Tale produzione potrebbe prevedere materiale scritto in lingue diverse per giungere ad informare anche parte della popolazione carceraria straniera. Sono questi solo alcuni possibili percorsi di lavoro comune, altri potrebbero aggiungersene.

 

Dal punto di vista legislativo, che significa riduzione del danno in carcere in Italia?

 

Nel 1999 la Commissione consultiva per il riordino dalla medicina penitenziaria effettua una proposta che prevede anche la fornitura di siringhe monouso e preservativi ai detenuti;

la circolare Ministeriale inviata alle Regioni e alle strutture penitenziarie il 29 dicembre 1999 indica che "tra gli obiettivi prioritari per il settore, rientra l’incremento dell’attività di prevenzione, informazione ed educazione per la riduzione del rischio da patologie legate all’uso di droghe;

l’11 aprile 2000 la Deliberazione n. 1588 della Giunta Regionale del Veneto comprende le Linee Guida per la prevenzione e il trattamento dell’overdose e degli effetti acuti dell’ecstasy;

al sottoparagrafo 6.1/A (Training comportamentali del t.d. da sostanze di abuso) del capitolo dedicato alla prevenzione dell’overdose di eroina si auspica: "presso i Ser.T., le comunità, il carcere ecc. si possono realizzare brevi corsi di addestramento per far acquisire abilità preventive pratiche su: come prevenire l’overdose, come soccorrere un compagno in overdose, come chiamare i soccorsi in caso di incidente (…).

le organizzazioni sopramenzionate dovrebbero quindi inserire nei loro interventi anche queste tecniche che attualmente risultano poco applicate. Al punto C – Informazioni preventive per persone in uscita dal carcere o comunità - dello stesso sottoparagrafo poi vengono dati utili suggerimenti di intervento.

Nel novembre 2000 vengono pubblicate le linee guida sulla riduzione del danno del Ministero della Sanità, una dispensa di 100 pagine che nel paragrafo - Riduzione del Danno e detenzione - evidenzia che i "comportamenti presenti e rischiosi sono legati, in particolare all’esistenza di promiscuità, e alla mancanza di siringhe e di procedure corrette di sterilizzazione, …..; molto diffusa è inoltre la pratica dei tatuaggi che esercitata in condizioni igieniche molto approssimative può esporre al contagio delle patologie a trasmissione parenterale (HIV, epatiti). (…) In alcuni paesi europei è stata sperimentata con successo la distribuzione di profilattici, siringhe e materiale per la disinfezione. E’ pertanto necessario che anche nei nostri istituti penitenziari siano resi disponibili tali presidi sanitari, individuando le più corrette procedure allo scopo di garantire la riservatezza e protezione del detenuto, nel capitolo Raccomandazioni si sostiene, riguardo alla prevenzione della mortalità per overdose, che "gli interventi sui dipendenti da eroina sono utilmente completati dalla fornitura di fiale di naloxone (confezionata in modo che possa essere sempre a portata di mano – ad es. all’interno di un portachiavi o simili).

Partendo da tale panoramica ci sembra si possa sostenere che i tempi sono maturi per cominciare a prospettare un intervento di riduzione del danno in carcere anche a Venezia. Non essendo compreso nelle attività attualmente presenti negli Istituti carcerari proveremo ad ipotizzarlo.

 

Quali possibili interventi a Venezia?

 

Questa proposta, pur mantenendo le prerogative degli interventi di Riduzione del danno, non prevede spinte troppo accentuate rispetto alla prassi quotidiana finora consolidata di intervento da parte delle organizzazioni che già operano all’interno del carcere. L’attività specifica che vorremmo realizzare all’interno del carcere si articola all’interno di una "cornice" di altre attività che si collocano temporalmente in momenti precedenti e posteriori alla carcerazione del soggetto tossicodipendente.

 

Prima della carcerazione:

 

possibilità di essere, nel nostro lavoro di strada, divulgatori di semplici informazioni relative agli aspetti legali per persone con provvedimenti penali o amministrativi a carico.

 

Durante la carcerazione:

 

predisposizione di uno spazio informativo sui temi della riduzione del danno all’interno del carcere, con esposizione di una bacheca munita di opuscoli informativi e copie del giornalino di strada "Ladri di biciclette";

conduzione e animazione di gruppi di discussione con persone detenute tossicodipendenti sul tema del proprio corpo, in relazione alla propria condizione di dipendenza, avvalendosi di tecniche animative.

 

In previsione della scarcerazione:

 

individuazione e realizzazione di una strategia efficace, frutto di un buon coordinamento tra Servizi, che riduca i rischi di overdose al momento dell’uscita dal carcere per i detenuti tossicodipendenti;

 

Comunicazione giudiziaria? E adesso che faccio?

 

Predisposizione di una serie di semplici collegamenti tra Servizi che consentano di fornire ad un più ampio spettro di persone tossicodipendenti una serie di informazioni di base utili per usufruire del beneficio di pene alternative e di venire orientati ad affrontare nel modo più consono la loro situazione giudiziaria. A tale scopo si sta pensando di preparare degli appositi semplici opuscoli chiarificanti, frutto dell’esperienza conseguita dal personale del Ser.T. di Venezia e Mestre e del C.S.S.A.; di interpellare come parte integrante della rete il Difensore Civico della provincia; di utilizzare le consulenze di un Avvocato disponibile.

 

Spazio bacheca

 

Come già effettuato in altri ambiti del territorio (reparto Malattie Infettive dell’Ospedale Civile di Venezia; alcune Farmacie) pensavamo di richiedere l’autorizzazione ad esporre una bacheca in legno compensato delle dimensioni di 60 x 80 cm, leggera e facilmente installabile con due chiodi da muro. La Bacheca espone degli opuscoli che concernono i seguenti argomenti:

droghe e psicofarmaci (perché evitare i "mix" più pericolosi); biglietti dove sono indicati i luoghi ed i giorni in cui le Unità di Strada di Mestre e Venezia effettuano le loro uscite; droga e Aids (opuscolo informativo del Ministero della Sanità);

indicazioni pratiche su come prestare attenzione alle precauzioni necessarie in caso di rapporti sessuali e di iniezioni di sostanze stupefacenti; mappa dei Servizi Socio Assistenziali (mense, dormitori, ecc) presenti nel territorio.

Oltre a questi vi saranno esposte copie del giornale di strada "Ladri di biciclette" scritto e divulgato da consumatori attivi in contatto con le Unità di Strada e da due operatori della Riduzione del Danno. Di tale materiale viene fornita copia per consentire di prenderne visione, allo stesso scopo si allega una fotografia della bacheca. Il giornale viene stampato quattro volte l’anno, si potrebbero concordare le modalità di distribuzione delle copie in carcere ad ogni nuova uscita del giornalino o in caso di esaurimento dello stesso.

 

Questione di pelle

 

Dal buco al tatuaggio, il rapporto con il nostro corpo Laboratorio di discussione sul nostro corpo e sulla nostra tossicodipendenza a partire dalla possibilità di tatuarsi e di essere tatuati con le "henné" in carcere. Tende a collegarsi idealmente ad una iniziativa che già è stata attuata all’interno delle carceri veneziane alcuni anni fa. Ci riferiamo ai laboratori di fotografia e video sul ritratto e l’autoritratto promossi dal Servizio in Aree Penitenziarie del Comune di Venezia, svolti nel 1996/’97/’98 e condotti da Stefano Ghesini, Annalisa Ceolin e Giorgio Bombieri che ha visto diverse persone detenute posare e farsi ritrarre ponendo orgogliosamente in evidenza parti del loro corpo tatuate. Questa esperienza ha ribadito quanto il tatuaggio rappresenti nell’immaginario e nella pratica di vita di un considerevole numero di persone che entrano in contatto con il carcere un importante elemento di caratterizzazione di sé, di esposizione del proprio corpo agli sguardi altrui ed allo stesso tempo di copertura dello stesso (quasi una seconda pelle).

A partire da questa forma di interesse diffuso vorremmo riuscire a ricavare, con le persone tossicodipendenti all’interno del carcere, uno spazio di attenzione, di pensiero , di confronto, di confidenza e di sperimentazione sul corpo, uno spazio di conoscenza, di messa in circolo di abitudini legate al proprio stile di vita ed alla propria pratica di tossicodipendenza, che potremmo chiamare :"laboratorio tatuaggio". Sapendo che la pratica di tatuaggio vero e proprio presenterebbe difficoltà ad essere realizzata all’interno del carcere, abbiamo optato per la forma di tatuaggio non definitivo con un colorante naturale (henné) impresso senza incisioni di alcun tipo (sostanzialmente un disegno sulla pelle che rimane impresso per circa due mesi e poi si stinge naturalmente).

Dallo spunto offerto dal poter aggiungere altri tatuaggi temporanei sul proprio corpo o sperimentarsi ad eseguirli su altre persone, ci si può addentrare nello specifico delle precauzioni da tenere per fare un buon tatuaggio, per arrivare a quelle da tenere nel caso di iniezione di sostanze stupefacenti nel nostro corpo, o nel momento in cui abbiamo rapporti sessuali. Ci sarà modo di inserire all’interno "del laboratorio" momenti di visione di video cassette interessanti su quanto scritto, di letture sull’argomento, di semplici approfondimenti storici ed antropologici sulla body-art, di animazione di gruppo con attività ludico motorie legate al corpo, di lavori di gruppo auto organizzati, di realizzazione di corsi di "sopravvivenza" in caso di overdose, in caso di rapporti sessuali e di pratiche iniettive. Ricordo a questo riguardo che l’Unità di Strada ha consolidato in questi anni una significativa esperienza nel campo dei corsi di "sopravvivenza" che potrebbe mettere a disposizione in questa occasione.

 

Pensiamo all’uscita

 

Quest’ultima opportunità è ancora in via di ideazione. Il principio che accomuna un po’ queste diverse proposte è quello di incanalare in una direzione comune sinergie già presenti o in via di definizione tra diversi soggetti Istituzionali e non. Rispetto a questa situazione specifica - la scarcerazione di persone tossicodipendenti - è il caso di iniziare a pensare a formule di contatto, prima e dopo la dimissione, che vadano dal breve colloquio di raccomandazione e consigli utili sul rischio di overdose alla costituzione di uno sportello di orientamento e sostegno.

 

I tempi del progetto

 

Il progetto, presentato nei primi giorni di gennaio 2001, si auspica sia operativo già dai mesi di marzo/aprile 2001. Si potrà garantire una presenza settimanale di due/tre operatori per tutta la rimanente parte dell’anno 2001. I gruppi che si verranno a comporre (di massimo una decina di persone) seguiranno il laboratorio per quattro volte consecutive (sostanzialmente il laboratorio tatuaggio per ogni singolo soggetto interessato avrà la durata di un mese). Il laboratorio si potrà realizzare in ognuna delle tre strutture carcerarie presenti a venezia (mai in contemporanea), in ognuna di queste seguirà il suo ciclo di quattro incontri e la definizione delle strutture sulle quali operare sarà definita in modo congiunto tra direzione carceraria, Ser.T. e servizio rdd. Di fatto possiamo ipotizzare che se l’intervento partisse in aprile del 2001 prevederebbe 36 incontri con 9 gruppi diversi.

 

Le fasi del progetto

 

Dal momento in cui il progetto viene accettato dalla direzione delle carceri veneziane si intendono seguire i seguenti passaggi: presentazione del progetto agli operatori del carcere / raccolta di suggerimenti ed accorgimenti per effettuare al meglio l’intervento / confronto su eventuali modalità di collaborazione / richiesta di autonomia di movimento durante la durata dei laboratori / richiesta di liste indicative di persone che potrebbero essere interessate a partecipare all’esperienza / individuazione di procedure adeguate per attivare una certa forma di pubblicità atta a consentire la libera e consapevole partecipazione dei detenuti a questo "laboratorio" / individuazione degli spazi idonei per il laboratorio" e per l’esposizione della bacheca con giornalino di strada "Ladri di biciclette" e gli opuscoli del Servizio Riduzione del Danno.

Previsione indicativa di due/tre incontri preparatori; individuazione, su indicazione del Ser.T. di Venezia e della Direzione, dell’Istituto carcerario (sui tre presenti a Venezia) dove di volta in volta è più opportuno effettuare il ciclo (quattro volte) di incontri con il gruppo di detenuti interessato; formazione dei gruppi di detenuti tossicodipendenti interessati al "laboratorio", su indicazione della Direzione carceraria e del Ser.T.. La composizione numerica di ogni gruppo non deve essere superiore alla decina di unità. La durata del laboratorio, per ogni gruppo, è pari a quattro incontri a cadenza settimanale di due ore ciascuno; conduzione, animazione, facilitazione della discussione e delle attività all’interno dei gruppi che si sono venuti a costituire; monitoraggio dell’intervento attraverso le verifiche periodiche e la possibilità di avvalersi della supervisione della dott.ssa Saggioro durante l’intero arco dell’intervento.

 

Le risorse di personale da attivare

 

Gli operatori che parteciperanno (mai più di tre alla volta) all’iniziativa saranno: sempre un operatore del Servizio Riduzione del Danno ed un esperto che conosce la tecnica del tatuaggio; talvolta a seconda della particolarità del singolo incontro potranno secondo esperto del tatuaggio.

 

La valutazione

 

Verranno approntati degli indicatori di risultato che potranno andare a rilevare, per ognuno (a,b,c,d) dei quattro interventi previsti:

n° incontri tra Servizi; n° materiali informativi prodotti; n° materiali distribuiti e luoghi.

n° bacheche realizzate; n° materiale esposto; n° materiale ritirato.

n° laboratori; n° iscritti; n° frequentanti; gradimento.

n° counselling; n° materiale sterile consegnato; n° materiale informativo distribuito; n° materiale informativo prodotto.

 

I costi

 

Il costo complessivo si aggira intorno a 7.000.000 di £ per l’anno 2001 a carico dell’Amministrazione Comunale.

 

I materiali

 

I materiali saranno: colore naturale henné; pennini e pennelli per effettuare il disegno; materiale di cancelleria: carta uso mano, matite, penne, gomma da cancellare,

 

 

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