La Nave di San Vittore

 

San Vittore: inaugurato un reparto "umano"

Si chiama "la Nave", ed esservi ammessi è come uscire dall'infero

 

Milano, 18 novembre 2002


San Vittore, dall'inferno al paradiso. Dall'inferno di una cella grande pochi metri quadrati (6-9), lurida, abitata 22 ore su 24 molto spesso anche da sei detenuti, la turca accanto al tavolino col fornelletto; al paradiso della stessa cella, ma linda come una cameretta, con soli due letti a castello, con servizi (water, bidet, doccia) separati con una porticina dal lavandino. Soprattutto, chiusa a chiave solo 12 ore, dalle 21 alle 9.
È un gran salto, quello dai reparti 'normali' del carcere giudiziario milanese al carcere umano dell'ultimo piano del 3° raggio, completamente ristrutturato (con una spesa di circa 4 milioni e mezzo di euro, insieme ai piani sottostanti dello stesso raggio), dove da quattro mesi è ubicato il reparto di trattamento avanzato per l e tossicodipendenze, proposto dalla Asl di Milano e attuato dal direttore del carcere, Luigi Pagano.
Oggi l' inaugurazione del reparto, alla quale è stata invitata una moltitudine di gente, fra consiglieri comunali, provinciali e regionali, magistrati della procura, del tribunale, del tribunale di sorveglianza, funzionari della questura, dirigenti dei Sert, della Caritas, giornalisti.
Attualmente sono circa 150 i detenuti tossicodipendenti di San Vittore - spiega una delle assistenti sociali della Asl, Mara Gonevi - ma solo perchè c'è un altro raggio (il 5°) in via di ristrutturazione. In genere sono circa 300. Ma solo una quarantina di essi (i posti sono 45) ha la possibilità di accesso al paradiso. Lo chiamano La nave, facendo riferimento a una sorta di traghettamento verso l'uscita dal carcere e, soprattutto, verso l'uscita dalla droga.
Perchè "è certo importante imparare un mestiere in carcere per poter avere un lavoro quando sarai fuori - come ha detto un detenuto - ma è ancora più importante imparare poi a mantenerlo questo posto di lavoro e questo è possibile solo uscendo dalla droga".
La Nave "non è una comunità - ha detto Serena Pellegrini, l'assistente sociale che da 23 anni lavora a San Vittore e che ha organizzato il nuovo reparto - nel senso che non ha le possibilità strutturali che sono alla base della comunità esterna per tossicodipendenti. Ma non è nemmeno un luogo di custodia attenuata. È piuttosto una sorta di zona franca".
"Anche se ogni sera alle nove - ha fatto notare il detenuto Ivano, 40 anni, con varie condanne per un totale di 17 anni di carcere di cui 5 ancora da scontare - veniamo nuovamente rinchiusi dentro le celle. Questo è pur sempre un carcere".
Un carcere a modo suo: la mattina - ha raccontato Ivano - sveglia alle 9, quando le celle vengono aperte; alle 10 riunione con gli altri detenuti e tutti gli operatori per discutere delle opportunità della giornata, che sono in calendario di settimana in settimana: corsi di pittura, di teatro, di musica, di computer, di pelletteria.
Ma anche gruppi di psicoterapia e di agopuntura, colloqui individuali con lo psicologo o con l'educatrice: per contratto rinunciamo ad alcol e droga, ma quanto al metodo per uscirne c'è una certa libertà, come quella di usare il metadone. E non c'è una cosa che si è obbligati a fare. Si può anche restare tutta la giornata a guardare la tv o giocare al calcetto o a ping-pong, anche leggere o sonnecchiare...
Naturalmente ci sono delle regole che il tossicodipendente ammesso alla Nave deve sottoscrivere. Fra le cose espressamente proibite: usare il cellulare, entrare in cella non accompagnato, usare un linguaggio offensivo e volgare, rubare il telecomando TV o Hi-Fi, vandalizzare il reparto, rovesciare bibite sul pavimento. Fra le cose richieste: dimostrarsi interessati al progetto. Il problema più importante, credo - ha osservato Ivano - è riuscire ad appassionarsi per una cosa che non sia una droga.
Io, che ho cominciato a 15 anni, mi drogavo per sentirmi vivo, ora mi sento vivo facendo altre cose. Ad esempio, scrivo sul giornale di San Vittore, Il Due e ho scoperto che lo scrivere mi fa sentire vivo, come un tempo la droga..."
Chi chiedeva informazioni sulle celle, è stato invitato a visitarle dai detenuti: camere confortevoli, pulite; non necessariamente a due posti, ma quelle a cinque di dimensioni adeguate. Ordine, pulizia, comfort. Ma prima com'era? "Non ne parliamo...- hanno risposto - una vita assurda". E un' assistente sociale ha scortato i giornalisti in un'altro raggio, il 2°, dove sono rinchiusi altri 150 tossicodipendenti: pareti scrostate, sporcizia, acqua per terra, turpiloquio, superaffollamento (in 6 dove alla Nave sono in 2) e soprattutto la chiusura delle celle 22 ore su 24, salvo alcune ore la settimana per ginnastica e altre attività, come il cinema, proposte dalla Asl.

Dichiarazione di consenso

(Condivisione delle Regole III raggio 4° piano)

Reparto "La Nave" - Casa Circondariale San Vittore, Milano

 

Io sottoscritto ____________________ faccio richiesta di ubicazione presso il III raggio 4° piano della Casa Circondariale San Vittore impegnandomi contestualmente al rispetto delle seguenti regole:

Mi impegno ad astenermi dall’uso di qualsiasi sostanza stupefacente ed alcool e a sottopormi all’esame delle urine quando mi verrà richiesto.

Mi impegno ad aderire e partecipare alle attività programmate a valenza terapeutica e trattamentale.

Mi impegno a condividere gli spazi, a rispettare gli ambienti, le persone e il personale operante nel reparto.

Mi impegno a non agire comportamenti violenti.

Mi impegno a non usare linguaggi e comunicazioni irrispettose.

 

Prendo coscienza che il mancato rispetto di queste regole comporterà la dimissione dal reparto.

 

In fede ______________________, Milano

 

 

Precedente Home Su Successiva