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"Niente più carcere per uomini nuovi"
Carlo Giovanardi illustra la proposta per impedire a chi ha avviato percorsi di recupero di finire in carcere quando la sentenza passa in giudicato.
Il Nuovo on line, 27 dicembre 2001
Nessuna depenalizzazione per i tossicodipendenti che commettono reati, ma è necessario offrire a chi ha già avviato un percorso di recupero la possibilità di completarlo. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, in un’ intervista al Nuovo, illustra in che modo sarà possibile per i giovani evitare il carcere quando, durante le fasi di uscita dalla tossicodipendenza, si viene raggiunti da una sentenza passata in giudicato. E sui Ser.T., le strutture pubbliche, il ministro non ha dubbi: "Non ci sarà nessun ridimensionamento".
Signor
Ministro, sì alle pene alternative al carcere per i tossicodipendenti. Ma dove
sarà possibile scontarle, considerata la carenza delle strutture? Questo
per i tossicodipendenti che delinquono, ma per chi fa uso di sostanze
stupefacenti e vuole uscire dalla droga cosa offre lo Stato, dal momento che sui
Ser.T., per esempio, si è parlato di un ridimensionamento quando non li si è
addirittura definiti - è il caso del ministro Gasparri -
"metadonifici"?
Quindi
lei esclude un ridimensionamento dei Ser.T.?
GIOVANARDI
E’ D’ACCORDO CON L’APPELLO
Alternative al carcere? Ministri divisi
La Stampa, 27 dicembre 2001
ROMA Pene alternative al carcere per i tossicodipendenti: all’appello lanciato il giorno di Natale dal cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento risponde positivamente. Ma l’opposizione sfida il governo di passare dalle parole ai fatti. In visita ieri alla Comunità Incontro di Don Gelmini, Carlo Giovanardi ha detto di considerare "assurdo che chi ha commesso reati perché schiavo della tossicodipendenza, e accetta un percorso di recupero, debba scontare la pena proprio mentre sta uscendo dal tunnel della droga". Quanto agli obiettivi del governo, l’esponente del CCD - CDU ha ricordato la creazione di un apposito dipartimento nazionale. Proprio le strutture pubbliche, secondo Giovanardi, "hanno una funzione importantissima in questa strategia, per intensificare sia la prevenzione, sia il recupero: noi non vogliamo abbandonare alla droga chi è cascato nel meccanismo della tossicodipendenza". Ora l’opposizione vuole mettere alla prova il governo. La sollecitazione è venuta da Giuliano Pisapia di Rifondazione comunista. "La pena detentiva non solo è inutile ma anche controproducente. Il tossicodipendente che esce dal carcere non curato e reinserito nella società - ha osservato Pisapia - finisce o nell’ambito della criminalità organizzata o ritorna, purtroppo, in piazza a commettere nuovi reati". Ecco, ha concluso l’esponente del PRC, "se le parole del ministro Giovanardi fossero condivise dal governo, fatto di cui purtroppo dubito, sarà possibile in pochi mesi modificare l’attuale legislazione". Gli stessi dubbi li ha espressi il presidente dei Verdi. Infatti, Alfonso Percoraro Scanio, ha chiesto al ministro "fatti e non chiacchiere". "Il governo avanzi una proposta concreta. Sarebbe - ha aggiunto Pecoraro Scanio - un segno di civiltà ben diverso dalla becera propaganda proibizionista di altri esponenti del centrodestra ma è facile prevedere che quelle di Giovanardi resteranno parole in libertà o al massimo una "captatio benevolentiae" nei confronti del cardinal Martini senza purtroppo alcuna seria conseguenza". Un riferimento critico rivolto soprattutto ad AN. Non è un caso, infatti, che Maurizio Gasparri - anche lui ieri in visita alla comunità di Don Gelmini - abbia sottolineato la linea dura del governo contro i tossicodipendenti, senza alcuno accenno all’appello del cardinale di Milano. Il ministro delle Comunicazioni ha spiegato che l’obiettivo dell’esecutivo "è quello di modificare di 180 gradi le politiche sulla tossicodipendenza". Una sterzata che porterà in primo luogo all’abbandono di "quella cultura della riduzione del danno che ha determinato un indebolimento dell’azione di contrasto, il mancato sostegno alle azioni di recupero e la scarsa convinzione circa la necessità di un’azione repressiva". A fotografare le posizioni nella maggioranza è stata la diessina Livia Turco: "E’ incredibile che il governo parli due lingue così diverse". Da un lato, ha osservato l’ex ministro per gli Affari sociali, Gasparri che "continua imperterrito a sostenere le sue posizioni di sempre, ignorando i dati che ci dicono come la strategia della riduzione del danno abbia ridotto di molto le morti per overdose". Dall’altro, Giovanardi: "Mi fa molto piacere sentirlo dire che il carcere non risolve il problema e che bisogna invece puntare a pene alternative".
Droga,
si apre lo scontro sulle pene alternative
La Gazzetta del Mezzogiorno
Al centro della polemica, invece, finisce l’accordo siglato dal ministro della Giustizia Castelli con la comunità di recupero di Muccioli, per sperimentare una gestione pubblico - privata nella "colonia agricola" di riabilitazione che avrà sede nell’ex carcere di Castelfranco, in Emilia Romagna, in via di ristrutturazione. Un progetto di "custodia attenuata" che il suo stesso ideatore, l’ex direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) Margara ritiene sia stato stravolto in corso d’opera: "La gestione dell’istituto era del DAP - spiega - e per i percorsi terapeutici ci si affidava ai Ser.T., mentre pensare di cedere il carcere a San Patrignano è un’espropriazione dei ruoli". Un’idea condivisa dall’opposizione e dalle altre comunità di recupero, che parlano di "privatizzazioni delle carceri", e dal sindacato di polizia penitenziari, l’OSAPP, che avverte: "Se a gestire Castelfranco arriva S. Patrignano escono gli agenti". Un coro di critiche che lasciano "stupefatto" il Guardasigilli, il quale assicura in serata che non intende promuovere comunità di Stato. Recuperata AN alla causa, la linea del governo resta "libertà dalla droga e non libertà di drogarsi", ribadisce il ministro per i Rapporti con il Parlamento Giovanardi. Questo, però, non significa depenalizzare i reati connessi alla tossicodipendenza. Pedrizzi di AN ricorda infatti che la legge Jervolino - Vassalli prevede già l’affidamento in prova alle comunità o ai Ser.T. per condanne o residui di pena inferiori a 4 anni. E Ignazio La Russa specifica che è solo per i reati gravi che AN è contraria ad evitare "un giusto periodo di detenzione". Mentre Gustavo Selva (AN) rileva che le affermazioni di Giovanardi sono coerenti con il progetto di Castelfranco. Sulla colonia agricola, però, l’ex ministro Livia Turco non ha dubbi: "Sarebbe paradossale per un governo che fa della sussidiarietà il punto cardine della sua politica - sostiene - realizzare una comunità di Stato". Ancora più duro Monsignor Albanesi, presidente del coordinamento delle comunità di accoglienza: l’ipotesi Muccioli - Castelli "ci porta ai giorni del craxismo - afferma -, quando si privilegiavano solo gli amici degli amici". Di "carcere privato", con lo Stato che "appalta la detenzione e delega la sua funzione punitiva" parla l’associazione "Antigone" per i diritti dei detenuti. Mentre l’ex sottosegretario alla Giustizia Corleone boccia la "privatizzazione dell’esecuzione penale". Come Segio Segio, che vede dietro al mancato atto di clemenza giubilare l’operazione di Castelli per "il business delle carceri gestite dalle comunità più repressive". Critiche affrettate, replica Andrea Muccioli, assicurando che il progetto avviato tre mesi fa non prevede "comunità di Stato o carceri private". Mentre i commenti dimostrano come "di questi problemi si discute in una logica spartitoria - osserva - di interessi economici e politici". Muccioli ricorda che la comunità di S. Patrignano dal 1983 "ha sostituito 2.500 anni di carcere con programmi alternativi indirizzati al recupero di 1.037 ragazzi agli arresti domiciliari, 1250 in affidamento sociale e 66 in detenzione domiciliare, facendo risparmiare allo Stato 272 miliardi". Proprio per questi risultati, "che parlano chiaro", il ministro Castelli afferma di aver coinvolto San Patrignano nel progetto "ambizioso", e si assume "la responsabilità di questa scelta". "Non si tratta di privatizzare le carceri - sostiene il Guardasigilli - ma di studiare misure che puntino in primo luogo al recupero del detenuto, a suo vantaggio e a vantaggio della società, con la diminuzione del rischio di recidive". Ed il lavoro dei detenuti ha la doppia funzione di "reinserimento" e "risarcimento" sociale. Il ministro Castelli ricorda poi che "a fronte della politica fallimentare della sinistra" per le tossicodipendenze, fin dall’estate scorsa aveva annunciato di voler istituire "circuiti penitenziari alternativi".
"Droga, riabilitazione sì ma senza depenalizzare"
Il Messaggero
Dopo la proposta di pene alternative per i tossicodipendenti lanciata dal
ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, il centrodestra è
sembrato disunito. C’è stata più di una levata di scudi da parte di AN. Allo
stesso ministro, esponente del CCD, chiediamo di fare il punto della situazione.
"Condanne pesanti? Prima si sconti la pena" LA RUSSA (PRESIDENTE DEI DEPUTATI DI ALLEANZA NAZIONALE)
Il Messaggero, 29 dicembre 2001
"Se la condanna è a 20 anni, prima il detenuto sconti quello che gli spetta e poi - negli ultimi quattro anni - si avvierà il recupero. Io non credo che il ministro Giovanardi sostenga che un condannato per rapina o per associazione finalizzata allo spaccio, all’indomani di una condanna a 20 anni possa essere messo in libertà, purché si presenti al Ser.T. tutte le settimane o vada in una comunità. Si tenga conto che la pena ha diverse funzioni: quella del recupero del condannato, ma anche quella retributiva - risarcire il male che si è fatto - che serve a inibire la commissione di altri reati, oltreché come atto di giustizia verso la società". È quel che si dice l’effetto di una condanna esemplare? "Sì, la pena deve essere anche la paura di una pena: se a un tossicodipendente si dice che può uccidere tanto il giorno dopo, per male che gli vada, va in una comunità di recupero..." Ma in carcere la fase del recupero non esiste affatto. "Se parliamo di chi è condannato a una lunga pena detentiva e di che fare prima che scattino gli ultimi quattro anni, allora sono d’accordissimo nell’affrontare la questione. Che cosa deve succedere? Che vanno create all’interno delle strutture carcerarie situazioni di vero ed effettivo recupero dei tossicodipendenti. E allora vanno bene le comunità organizzate dallo Stato. Già nel 1970 a Milano esisteva il COC, centro osservazioni criminologia, dove erano destinati i tossicodipendenti, e parliamo di 30 anni fa. Ma una cosa non va mai dimenticata". E quale? "Quali sono i reati di cui si macchia un tossicodipendente? Furto, scippo, tutti reati puniti con pene inferiori ai quattro anni e per i quali già oggi, con l’attuale normativa, il tossicodipendente non finisce in carcere. Allora di chi si sta discutendo? Di quel 5% di condannati che ha compiuto reati gravi e per i quali va considerato sì il recupero ma anche la sanzione". Che cosa pensa del progetto San Patrignano - Ministero della Giustizia di creare una struttura che ospiti tossicodipendenti detenuti? "Ne penso tutto il bene possibile. Sono a favore di San Patrignano, ma nessuno vieta che possano essere fatti accordi anche con altre comunità". Comunità che guardano con qualche perplessità la scelta del ministero. "Ma questo è dovuto a invidie, gelosie. Il fatto è che prima di rivolgersi a una comunità per assegnarle simili compiti bisogna valutarne attentamente l’affidabilità. E tutte sono meritorie ma non tutte ugualmente affidabili" Repressione, recupero. E la fase della prevenzione? "Intanto, sulla droga il dato è culturale. Noi abbiamo sempre detto che se c’è una cultura di morte - e qui inserisco anche il concetto della libertà di drogarsi - la diffusione della droga crescerà, qualunque cosa si faccia. Bisogna dire chiaro e tondo che drogarsi non è una libertà, come dice la sinistra, ma che drogarsi fa male".
Tossicodipendenti
e carcere:
La Nazione
Ha tredici mesi di vita il documento proposto dalle comunità terapeutiche della nostra provincia intitolato Tossicodipendenza e carcere. Un documento tornato di grande attualità in questi giorni, in cui si è acceso il dibattito sulle pene alternative al carcere per i reati connessi al consumo di droga e la proposta del ministro Castelli di far gestire alcuni detenuti alla comunità di San Patrignano. Il documento del Gruppo Valdinievole, del Ceis e dell’associazione genitori Comunità incontro, ottenne l’adesione di tutti i sindaci della provincia, dei due vescovi, dei parlamentari Crucianelli e Bosi, dei consiglieri regionali Celesti, Fragai e Bosi. Vi si prevede un protocollo operativo per gestire l’espiazione della pena del tossicodipendenti nelle comunità, con l’intervento dei Ser.T. dell’ASL. Giovanni Moschini del Gruppo Valdinievole plaude alla scelta di Castelli per San Patrignano, ma rilancia: "E’ opportuno allargare questa esperienza - pilota alle altre comunità ed ai Ser.T. pubblici. Il nostro documento redatto tredici mesi fa e presentato alla Conferenza di Genova, dimostra che avevamo visto giusto nell’individuare nelle nostre comunità (e nella collaborazione che esse hanno instaurato con i Ser.T. i dell’ASL) quella sorta di cuscinetto fra il carcere e il recupero del tossicodipendente che si è macchiato di reati connessi alla droga".
"Non tocca a noi svuotare le celle" CURIOTTO (COMUNITÀ INCONTRO DI DON GELMINI)
Il Mattino
Innanzitutto
sgombriamo il campo da ogni equivoco: qui non è questione di campanilismi, di
vedere a quale comunità venga affidato il compito. Bisogna piuttosto valutare
se questa sia o no una soluzione giusta". Aldo Curiotto, capo ufficio
stampa della Comunità Incontro di Don Gelmini, è cauto sul progetto al quale
stanno lavorando San Patrignano e il ministero della Giustizia. Tossicodipendenti
e carcere, un problema che si pone ormai ciclicamente. È veramente tutto da
rifare? "Su questo punto noi siamo d’accordo da sempre, anche perché proprio da noi c’è stato una sorta di esperimento pilota. Alla fine degli anni Ottanta, quando ancora non c’era una legge che prevedeva questa possibilità, un magistrato molto vicino alla Comunità Incontro mandò qui un ragazzo tossicodipendente, utilizzando in modo improprio, ma efficace, la categoria "malato". In sostanza disse che come un malato aveva il diritto di essere curato in clinica pur essendo in stato di detenzione, così quel ragazzo aveva il diritto di essere ospitato da noi, la "clinica" adatta". Mandare
un tossicodipendente dietro le sbarre è una soluzione sempre totalmente
sbagliata?
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