Mozione
sulle politiche di recupero dei tossicodipendenti
presentata dal CCD alla Camera dei deputati il 30.1.2002
La
Camera, premesso che:
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la
Costituzione sancisce all’articolo 32 la "tutela della salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività"; |
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l’articolo
152 del trattato di Amsterdam, nella sua riformulazione, esige che la
sanità pubblica, nel cui campo di applicazione rientra la prevenzione della
tossicodipendenza, venga presa in considerazione in tutte le azioni e le
politiche della Comunità; |
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le
multinazionali del narcotraffico stanno espandendo il loro mercato, in
Italia e nel mondo, proponendo una vasta gamma di sostanza psicoattive in
relazione ai bisogni dei giovani, alle loro attitudini ed il contesto
sociale e culturale; |
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i
dati emersi dall’indagine Eurispes del 2000 relativi all’andamento del
consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope mostrano un incremento del
fenomeno e rilevano un’evoluzione preoccupante verso un uso sempre più
diffuso tra i giovani e i giovanissimi delle cosiddette nuove droghe,
parallelamente all’uso dì vecchie droghe come cannabinoidi, cocaina,
alcool e verso la poliassunzione in cui l’uso di una determinata droga è
finalizzata a sedare gli effetti negativi di quella usata precedentemente; |
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in
particolare, si assiste al pericoloso diffondersi tra i giovani dell’uso
di eroina fumata in sintonia con la tendenza a considerare l’uso non
endovena delle droghe come "non rischioso" (pensando alla
trasmissione del virus HIV) e comunque reversibile; |
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tale
evoluzione rappresenta la conseguenza di una politica sulla
tossicodipendenza, che non ha tenuto conto di fenomeni emergenti e ha
continuato a focalizzare l’attenzione esclusivamente su vecchi dibattiti,
continuando a identificare il problema nell’assuntore di eroina per via
endovenosa. Tale politica è stata portata avanti attraverso campagne di
"prevenzione" e strategie di intervento (riduzione del danno) che
hanno diffuso il messaggio implicito che è negativo bucarsi o al limite
fare un uso sbagliato di sostanze psicoattive. Abbiamo assistito ad un
processo di normalizzazione del fenomeno che ha proposto un modo sicuro,
socialmente tranquillizzante di "dipendenza" che non si deve
combattere, ma a cui è necessario abituarsi e con cui conviene convivere
nella maniera più salutare possibile; |
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il
programma terapeutico-riabilitativo introdotto dalla legge n. 162 del 1990,
modificata dal referendum del 1993 che ha depenalizzato l’uso personale
delle sostanze stupefacenti, non ha risposto in maniera adeguata ai bisogni
dei tossicodipendenti, sia per ciò che attiene gli aspetti giuridici che
sociali e sanitari, caratterizzandosi piuttosto come intervento di
prevenzione secondaria nei confronti di soggetti a rischio; |
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l’uso
del metadone come strumento della strategia della riduzione del danno è
diventato un mezzo di cronicizzazione della condizione di dipendenza,
anziché una terapia di recupero; |
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si
registra, una anomala distribuzione dei fondi per la lotta alla droga, con
una preferenza a favorire l’impiego della maggior parte delle risorse
economiche, sia a livello nazionale che regionale e locale, in progetti dì
"unità di strada" a scapito di comunità terapeutiche ed
associazioni che non utilizzano quel tipo dì approccio; |
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sono
fallite le esperienze di liberalizzazione e somministrazione controllata di
droghe portate avanti in alcuni paesi europei; |
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va
respinta una politica di depenalizzazione dei reati minori, poiché l’attuale
legislazione è sufficientemente attenta alla tutela dei soggetti
tossicodipendenti e non prevede reclusione per reati che comportino pene
fino a 4 anni se l’imputato accetta un trattamento dì recupero; |
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il
Piano di azione comunitario 2000/2004, rappresentando una linea guida per l’azione
dei singoli governi, ha individuato nell’innalzamento dell’allarme
sociale sulle droghe, nella lotta all’offerta di droghe illecite e nelle
strategie di reinserimento sociale dei tossicodipendenti, gli strumenti
idonei per una efficace politica anti-droga; |
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appare
in netta crescita il fenomeno della "doppia diagnosi", ovvero
della concomitante presenza di disturbi psichici e di dipendenza da sostanze
stupefacenti; |
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il
14 per cento dei tossicodipendenti è rappresentato da donne, circa un terzo
delle quali ha figli minori, e per le quali si pone il problema,
particolarmente delicato, della maternità in condizioni di rischio, anche
in relazione alla diffusione del virus HIV; |
impegna
il Governo a:
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verificare
la strategia ed i risultati della riduzione del danno, non solo in termini
quantitativi, ma anche in termini qualitativi; |
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verificare
attraverso uno studio serio gli effetti dell’impiego del metadone e degli
altri farmaci sostitutivi per stabilire se il loro uso sia rientrato nei
termini previsti dalla legge e come operare al fine di privilegiare il
recupero della persona sul contenimento del disagio e delle devianze; |
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valorizzare,
con incentivi economici, le esperienze offerte dalle strutture del
volontariato, del privato sociale e dalle comunità terapeutiche, il cui
scopo primario è quello della costruzione delle basi e delle capacità
della persona ad autopromuovere il proprio reinserimento sociale e
lavorativo, nonché il controllo e la verifica di questo processo; |
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ampliare
la collaborazione con tali strutture per facilitare l’attuazione delle
misure alternative alla detenzione già previste dalla legge, allargando la
possibilità di ricorrere a tali misure anche per pene edittali superiori a
quelle in vigore; |
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realizzare
nuove strutture residenziali, in quanto strumenti indispensabili per
realizzare per i tossicodipendenti non solo un progetto di vita lontano dall’uso
delle droghe, ma mettere a loro disposizione dei luoghi in cui viene
intensificata l’educazione all’aver cura di sé e alla responsabilità
sociale, agevolata da una formazione globale alla partecipazione e al senso
del lavoro; |
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sviluppare
progetti di prevenzione delle dipendenze tra le giovani generazioni, a
partire già dalle scuole elementari e superiori, che promuovano piani
educativi più impegnativi ed efficaci che forniscano elementi di
identificazione, socializzazione e aggregazione e di alternativi; |
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a
provvedere con interventi mirati sul territorio in collegamento con tutti
gli organi competenti, a prevenire e reprimere ogni presenza della droga all’interno
delle scuole e comunque tra i minori; |
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porre
la massima attenzione alle interferenze e sovrapposizioni tra sofferenza
psichiatrica e tossicodipendenza, attivando in rete i servizi territoriali
psichiatrici e favorendo una reale presa in carico istituzionale di questi
casi così difficili da gestire; |
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a
predisporre un sistema di aiuti, anche di ordine economico, alle famiglie
che sostengono i costi sia del percorso di recupero sia dell’assistenza ai
malati cronici, dando così l’opportunità dì rafforzare il ruolo della
famiglia nella lotta contro la droga; |
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creare
una formazione stabile degli operatori del settore che preveda una attività
diretta all’aggiornamento ma anche alla prevenzione del burn-out; |
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rafforzare
la cooperazione con i partner europei sostenendone l’azione e promuovendo
il coordinamento della loro politica e dei loro programmi e sollecitare il
coordinamento tra organi di polizia e giudiziari dei paesi europei e l’armonizzazione
delle norme degli Stati membri in campo penale.
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I
commenti degli esponenti dell'opposizione
"Se
approvata - ha detto Cecilia D’Elia, presidente del Forum Droghe - la
mozione del CCD ci farebbe tornare indietro di molti anni". Tra le proposte
del Forum vi sono la depenalizzazione completa delle condotte connesse al
consumo, il rafforzamento dei programmi di riduzione del danno. Soprattutto, D’Elia
ha sottolineato l’importanza di poter diversificare le risposte caso per caso,
difendendo la libertà terapeutica per i medici. Un punto fondamentale, visto
che la mozione del CCD entra nel merito dei trattamenti a base di metadone
indicandone un tempo massimo di durata (tre mesi!) e prescrivendo che abbiano
"come obiettivo la loro diminuzione al minimo necessario". Una
interferenza gravissima nella scelta terapeutica operata dal medico "in
scienza e coscienza", come ha sottolineato Massimo Barra, direttore
del centro di assistenza tossicodipendenti di Villa Maraini di Roma.
Secondo
Barra, se questo principio si trasformasse in legge ci troveremmo di fronte a un
vero e proprio problema di incostituzionalità, e i medici vivrebbero un
conflitto che egli stesso ha definito "drammatico".
"Le esperienze di riduzione del danno - ha detto la deputata Luana
Zanella - hanno già una storia consolidata. Tutti gli interventi seri
prevedono una valutazione, ma questa deve necessariamente tenere conto di più
aspetti: il numero di contatti avvenuti, i problemi di salute che sono stati
risolti, quanti conflitti hanno trovato una mediazione col territorio.
Secondo Zanella l’enfasi che si dà alle comunità come risposta
"unica" ci riporta pericolosamente indietro. Si pensi alle nuove
droghe, come l’ecstasy: "non ha senso - spiega la deputata - proporre la
comunità terapeutica per questi tipi di consumo. Ciò che serve è una
capacità di interlocuzione, andare a conoscere i fenomeni nei luoghi dove
accadono".
E proprio sulla capacità di "andare fuori dai servizi, là dove i consumi
si manifestano" si è soffermato Claudio Cippitelli (Coordinamento
nazionale nuove droghe). "Uno dei nostri obiettivi - ha detto - è poter
fare l’analisi delle sostanze, in modo da monitorare costantemente i consumi
come avviene in molti paesi d’Europa".
Giuseppe
Bortone (Dipartimento diritti di cittadinanza CGIL) ha sottolineato invece
il carattere offensivo e umiliante dell’approccio punitivo nei confronti del
lavoro degli operatori, e come vi sia in realtà una saldatura fra i loro
diritti e quelli degli utenti.
Infine, Franco Corleone, denunciando il possibile effetto
"terrorizzante" della mozione del CCD nei confronti di utenti e
operatori, ha messo in luce il linguaggio falsamente pragmatico della mozione:
"un bell’esempio - ha detto - di ipocrisia clericale".
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