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"Morire di carcere": dossier settembre 2006 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di settembre registra 3 nuovi casi: 2 suicidi e 1 morte per cause da accertare.
Cause da accertare: 2 settembre 2006, Milano (indultato)
Giorgio Azzini, 43 anni, viene ritrovato morto nei giardini pubblici. Era uscito dal carcere, grazie all’indulto, da meno di una settimana. Ai familiari aveva scritto che si sarebbe diretto verso una comunità, dal momento che già da tempo era seguito dai servizi sociali e aveva manifestato la volontà di superare i problemi legati alla tossicodipendenza. Proprio per questo appare strana la sua presenza a Milano. Subito dopo il riconoscimento sarà eseguita l’autopsia, per stabilire la causa del decesso. La notizia della scomparsa di Azzini si è subito sparsa in città: l’uomo era molto conosciuto e in molti ricordano che prima di avere problemi con gli stupefacenti e cadere in quel tunnel maledetto era un bravo ragazzo e un grande lavoratore. Il più vecchio dei sei figli di Azzini, Roberto, si è sempre preso cura delle sorelle e del fratello inoltre ha lavorato come meccanico da "Capelli" e come imbianchino mettendo a disposizione della famiglia il suo stipendio.
Suicidio: 11 settembre 2006, Carcere di Rebibbia (Roma)
Ciro Vollaro, 46 anni, si impicca in cella. Le guardie carcerarie lo trovano alle 6.40 del mattino: la cintura che gli stringe il collo. Solo dieci minuti prima gli agenti erano passati a visitarlo per il consueto giro e gli avevano somministrato tranquillanti. Una cura cominciata già da alcuni giorni per calmare un’agitazione che lo rendeva a volte depresso, a volte irascibile. Vollaro era il pentito dei misteri: collaborava con la giustizia dal 1996 e aveva partecipato a numerosi processi, accusando familiari, camorristi, poliziotti (tra cui l’ex questore di Napoli, il senatore Franco Malvano e politici (da Dell’Utri all’ex sindaco di Portici Leopoldo Spedaliere). Nonostante la sua condizione di pentito, Vollaro non si trovava in una località protetta come sua moglie e i suoi tre figli, ma da solo, in una cella del carcere romano, e avrebbe dovuto restarci, per cumuli di pena, fino al 2037. Praticamente tutta la vita. "Non c’erano i presupposti perché uscisse dal carcere", spiega il suo avvocato difensore Giampiero Palleschi. Eppure forse questo era il suo cruccio: sembra infatti che sulla branda di Ciro Vollaro siano stati trovati alcuni fogli. Una specie di testamento morale in cui si rammaricava per la sua condizione di detenuto che sentiva di non meritare, dopo tanti anni di collaborazione con la giustizia. Tutti i suoi effetti personali e anche i suoi appunti sono stati posti sotto sequestro. Oggi sarà eseguita l’autopsia. Non ci sono indizi che portino verso una ipotesi diversa dal suicidio, ma lo spessore del personaggio e l’importanza dei processi a cui ha preso parte impongono indagini ad ampio raggio. La sua famiglia ha sempre preso le distanze dalla sua scelta: "È morto solo come un cane. Gli avevano tolto anche la patria potestà", spiega con tono accorato sua sorella Ada, che non lo vedeva da 11 anni". (Il Mattino, 13 settembre 2005)
Suicidio: 24 settembre 2006, Carcere di Imperia
Marius Landau Dacian, 30 anni, rumeno, si impicca nella cella di isolamento utilizzando alcuni brandelli di lenzuolo appesi alla grata. L’uomo non presentava apparenti segni di violenza o percosse. Nel confermare che, almeno per il momento, tutti gli elementi convergono verso l’ipotesi del suicidio, il sostituto procuratore di Imperia, Filippo Maffeo, non ha escluso la possibilità di disporre, tra breve, l’autopsia sulla salma del detenuto, per chiarire la dinamica del gesto. Stando alle prime risultanze investigative, il giovane, recluso a Imperia da pochi giorni su ordine dell’autorità giudiziaria savonese, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, non avrebbe lasciato alcun messaggio per annunciare le proprie volontà. Tra l’altro, non avrebbe mai mostrato segni di sofferenza dovuti alla vita carceraria, volontà suicide o sintomi di depressione. Così come gli altri detenuti, anche Marius era stato sottoposto a una forma periodica di controllo per la quale non si sarebbero registrate violazioni. (Ansa, 25 settembre 2006)
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