|
"Morire di carcere": dossier agosto 2006 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di agosto registra 11 nuovi casi: 5 suicidi, 4 overdose; 1 morte per malattia e 1 per cause da accertare (Abbiamo preso in considerazione anche i casi di 5 ex detenuti, da poco scarcerati per effetto dell’indulto: infatti le circostanze di queste morti - suicidio o overdose - suggeriscono una stretta relazione con i problemi legati al ritorno in libertà… e ne fa "morti da dopo-carcere").
Assistenza sanitaria disastrata: 2 agosto 2006, Carcere di Poggioreale (Napoli)
Procolo De Pasquale, 39 anni, muore d’infarto a Poggioreale quando apprende la notizia che tornerà a casa grazie all’indulto. Non ha fatto in tempo ad incontrare la moglie e la figlia che lo attendevano in strada assieme a tante altre donne. Aveva fatto le valigie e si era messo lì ad aspettare, guardando nervosamente il soffitto e fumando senza soluzione di continuità, senza pensare a quanta nicotina mandava giù. Ma quando si attende una bella notizia le ore diventano eterne, anche per chi è abituato a trascorrere anni in una cella e per chi è alle prese con un futuro che sembra remoto. Ed è così che l’indulto è stato fatale per uno dei tanti detenuti prossimi a lasciare la prigione. De Pasquale, originario di Pozzuoli, è morto ieri mattina, stroncato da un infarto, un malore improvviso. Inutile la corsa in ospedale, ieri mattina presto. Ha lasciato il carcere di Poggioreale in ambulanza, poco dopo le otto, ma quando è arrivato al Loreto Mare la sua condizione si è immediatamente aggravata. I medici hanno fatto di tutto per salvarlo, ma il cuore ha cessato inesorabilmente di battere. Gioia di vivere o forse la paura di affrontare tutt’ad un tratto una vita nuova, carica di incertezze e delle responsabilità di sempre, quelle che la cella di un penitenziario tiene congelate, sospese nel vuoto. Era in cella per estorsione ed evasione, due reati che se non aggravati dall’appartenenza ad un sistema camorristico rientrano tra le condotte condonabili, secondo il provvedimento approvato recentemente in Parlamento. Il suo fine pena - raccontano dal carcere - sarebbe scaduto fra qualche mese, il prossimo 28 ottobre, ma la notizia di una liberazione anticipata lo aveva messo in agitazione, in uno stato di inquietudine. "L’indulto a Napoli è anche questo - spiega il direttore del carcere di Poggioreale Salvatore Acerra -, il modo in cui è deceduto Procolo De Pasquale ci ha lasciato in uno stato di malinconia e di impotenza. Non soffriva di particolari patologie, anzi, godeva di ottima salute. Gli avevamo comunicato un paio di giorni fa che sarebbe stato tra i primi ad uscire. Il resto per noi era routine. Abbiamo saputo dal suo compagno di cella, che aveva esultato di fronte alla liberazione anticipata e che aveva trascorso insonne l’ultima notte, a spegnere e accendere sigarette". De Pasquale aveva preso anche a fare progetti, confidando a se stesso e all’amico di poter intraprendere una strada diversa dal crimine, una vita normale, senza celle e aule di giustizia. Un sogno che si è interrotto bruscamente, per un pregiudicato incapace di reggere l’improvvisa clemenza dello Stato. (Il Mattino, 3 agosto 2006)
Overdose: 2 agosto 2006, Milano (scarcerato)
S.B., 32 anni, originario di Cremona, appena liberato dal Carcere di San Vittore, muore per overdose. Ha potuto gustare la libertà solo poche ore: scarcerato da San Vittore per effetto dell’indulto, S.B., tossicodipendente conclamato, ieri pomeriggio è morto per overdose. Il giovane, con precedenti penali per furto, in sospetta crisi di overdose, ieri pomeriggio si è accasciato in via Viutruvio, nei pressi della stazione Centrale. A trovarlo così è stato un passante verso le 15. Subito soccorso e trasportato in codice rosso dal 118, il cremonese è arrivato cadavere al Fatebenefratelli. (La Provincia di Cremona, 3 agosto 2006)
Morte per cause da accertare: 11 agosto 2006, Carcere di Bologna
Detenuto bosniaco di 34 anni trovato morto in cella. Sembrerebbe che il gas butano di una bomboletta da cucina, inalato per "sballarsi", gli abbia causato un rigurgito di cibo che lo avrebbe soffocato. Così ha trovato la morte il detenuto bosniaco di 34 anni trovato morto venerdì sera nel bagno della sua cella del carcere bolognese della Dozza. Lo ha stabilito l’autopsia decisa dalla Pm Lucia Musti ed eseguita dal medico legale Irene Facchini che già dopo una prima ispezione corporale aveva escluso l’ipotesi violenta. A trovare il giovane in fin di vita era stato il magrebino con il quale divideva la cella. L’uomo aveva percepito un forte odore di gas provenire dal bagno dove lo slavo si era ritirato molto tempo prima per inalare il gas. Dopo aver aperto la porta il magrebino aveva trovato il bosniaco privo di sensi tra il wc e la doccia con accanto la bomboletta e una maglietta usata dalla vittima per coprirsi il capo e rafforzare così l’effetto dell’inalazione. Una pratica, hanno spiegato gli inquirenti, molto usata dai detenuti per "sballarsi". Per liberare l’ambiente dal gas il nordafricano aveva buttato la bomboletta in cortile dalla finestra dove poi è stata trovata dagli agenti della squadra mobile intervenuti in carcere insieme al pm e al medico legale. Sin da subito era stata ritenuta poco credibile l’ipotesi del suicidio perché il ragazzo era contento della sua permanenza alla Dozza, ottenuta su sua esplicita richiesta. (Adnkronos, 16 agosto 2006)
Suicidio: 13 agosto 2006, Carcere di Teramo
L.C., 30 anni, di Farindola (Pescara), detenuto da appena due giorni, muore suicida. Era stato arrestato per tentata violenza sessuale e si è impiccato con un lenzuolo alle sbarre della finestra della cella del carcere di Castrogno. Il suo corpo è stato trovato intorno alle 8.20 dagli agenti di polizia penitenziaria del turno montante, che non hanno potuto far nulla per salvarlo. In carcere non è stato chiamato neanche il 118. Il medico della casa circondariale, accorso nella cella, non ha potuto che constatare la morte del giovane. Sull’episodio la procura della repubblica di Teramo ha aperto un’inchiesta, della quale si occupa il Pm David Mancini. Essendoci stato il cambio di turno alle 8, non è escluso che agli agenti del turno smontante - quello notturno - possa essere addebitata un’omissione (in teoria dovrebbero controllare i detenuti attraverso lo spioncino ogni venti minuti). Prima di lavorare su una simile ipotesi, però, la procura dovrà conoscere esattamente l’ora della morte. Per questo è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere eseguita oggi o domani. L.C., secondo testimonianze raccolte a Farindola, avrebbe lasciato una lettera indirizzata alla madre. Forse una richiesta di perdono. È immaginabile che alla base del suo gesto ci sia stata la vergogna per l’arresto subito, visto che apparteneva a una famiglia molto stimata ed era sostanzialmente incensurato (per lui solo un piccolo precedente, molto poco significativo). Il giovane sarebbe dovuto comparire davanti al giudice ieri mattina per la convalida dell’arresto, ma in tribunale non è mai arrivato. L.C., che recentemente aveva trovato lavoro in una ditta metalmeccanica di Chieti Scalo, era stato bloccato dai carabinieri di Silvi Marina domenica notte mentre cercava di fuggire dal palazzo di via Piave nel quale avrebbe tentato di legare e violentare una prostituta romena. La ragazza, urlando e reagendo fisicamente, aveva richiamato l’attenzione dei vicini di casa, costringendo l’uomo alla fuga. I carabinieri ritengono che il giovane potesse aver colpito altre volte. Avevano già ricevuto, una ventina di giorni fa, una denuncia da un’altra prostituta che esercita a Silvi e che aveva riferito di essere stata legata e violentata da un giovane la cui descrizione fisica e la cui automobile corrispondevano a quelle dell’operaio di Farindola. Addosso a L.C. erano stati trovati dei lacci, che presumibilmente dovevano servire per legare la vittima. (Il Centro, 16 agosto 2006)
Suicidio: 14 agosto 2006, Carcere di Frosinone
Daniele L., 21 anni, viene trovato morto nella sua cella, un asciugamano in bocca e la faccia premuta contro il cuscino del suo letto. Si sarebbe tolto la vita in questo modo, a cavallo di Ferragosto. Solo da pochi giorni era arrivato nel carcere di Frosinone. La vicenda è stata segnalata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni. A quanto risulta al Garante il giovane - nato a Roma - era arrivato nel carcere di Frosinone il 27 luglio scorso, proveniente dal penitenziario di Velletri, ed è stato trovato morto nella sua cella nei giorni a cavallo di Ferragosto. L’ipotesi più probabile è che si tratti di un suicidio. "Nonostante l’indulto la situazione nelle carceri continua a generare casi drammatici come questo di Frosinone - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni -. La giovane età del detenuto e, soprattutto, le modalità che avrebbe usato per togliersi la vita mi lasciano perplesso e sconcertato. Auspico che la magistratura chiarisca in tempi rapidi questa tristissima vicenda". (La Repubblica, 19 agosto 2006)
Suicidio: 15 agosto 2006, Roma (arresti domiciliari)
Marco Agostini, 43 anni, prete 43enne, accusato di pedofilia, s’impicca in casa. Nel biglietto ha scritto: "Mamma, non sono un pedofilo". Religioso della congregazione dei padri Oblati ed ex parroco, era agli arresti domiciliari al quartiere Prenestino per violenze sessuali continuate e aggravate. Ieri si è impiccato con un lenzuolo fissato al terrazzo della palazzina dove viveva con la madre Assunta, in quel momento assente. Le accuse dei ragazzi che frequentavano il suo oratorio, a Pomezia, erano ormai un peso insopportabile. Un macigno di centinaia di pagine sulle scrivanie dei magistrati e delle autorità vaticane incaricate del processo di secolarizzazione. Dopo la rimozione dall’incarico era certa la revoca del sacerdozio. Ad Agostini, che nei mesi scorsi aveva già tentato il suicidio ingerendo pasticche, erano contestate decine di episodi di pedofilia. Ad arrestarlo tre mesi fa erano stati gli agenti della mobile di Roma, al termine di un’indagine partita nel 2004 nel corso della quale erano state raccolte le testimonianze di una trentina di ventenni, vittime di abusi da parte del sacerdote quando erano ragazzini a lui affidati in quanto animatore del centro parrocchiale. Per l’11 settembre era fissata l’udienza al tribunale ecclesiastico dove si stava svolgendo il processo per la riduzione alla secolarizzazione di don Marco, che per la prima volta sarebbe stato messo a confronto con uno dei giovani. L’imminenza della data potrebbe essere uno degli elementi per spiegare il suicidio. Chi ha sporto denuncia ha parlato di un abisso infernale, fatto di sudditanza psicologica, molestie reiterate, violenze. Qualcuno si è spinto a raccontare anche di riti satanici. Ma tutti erano legati dal segreto. Nessuno sapeva che accadeva agli altri, nessuno osava rivelare il legame col prete che ognuna delle vittime, solo maschi, riteneva esclusivo. Poi si è fatto avanti il primo e tutti sono riusciti a liberarsi dall’incubo. (La Repubblica, 16 agosto 2006)
Suicidio: 15 agosto 2006, Latina (scarcerato)
Francesco Ruggero, 44 anni, uscito dal carcere grazie all’indulto è stato travolto, ieri sera, da un treno sulla linea Salerno-Roma. L’incidente si è verificato tra Monte San Biagio e Fondi. Non si esclude alcuna ipotesi sull’accaduto, ma la più probabile è quella del suicidio. Il pendolino viaggiava a circa 160 km/ora e il corpo è stato ritrovato lungo i binari a 3 km da Monte San Biagio. In corso le indagini della Polizia ferroviaria di Formia; nella notte disagi per il traffico ferroviario. (Ansa, 16 settembre 2006)
Suicidio: 15 agosto 2006, Carcere di Cosenza
Francesco G., 32 anni, originario di Rogliano (CS) si uccide il 15 agosto 2006 nella Casa Circondariale di Cosenza. Francesco G. era detenuto da tre mesi e sarebbe dovuto uscire a fine agosto. L’uomo alternava da diverso tempo stati di depressione a stati di ansia ed era in cura presso il CIM di Cosenza con terapia stabilizzante. Le sue condizioni psichiche non erano compatibili con il regime carcerario. I soccorsi sono arrivati con circa un’ora e mezza di ritardo e nell’istituto non era presente il medico incaricato. La famiglia ha chiesto l’apertura di un’inchiesta sulla sua morte. (Ristretti Orizzonti, 8 settembre 2006)
Overdose: 16 agosto 2006, Piacenza (scarcerato)
M.B.B., marocchino di 33 anni, viene stroncato da un’overdose. Tre giorni è durata la libertà di M.B.B., marocchino di 33 anni, uscito mercoledì scorso dal carcere di Piacenza per l’indulto e trovato in fin di vita sabato sera in Piazza della Pace. Il giovane è morto durante il trasporto all’ospedale. Sentenza senza scampo, senza seconde possibilità: ucciso da un arresto cardiocircolatorio, stando al referto medico. (Ansa, 18 agosto 2006)
Overdose: 17 agosto 2006, Salerno (scarcerato)
Antonio Cafiero, 31enne originario di Napoli, viene trovato morto, in un’abitazione a Salerno. Cafiero, scarcerato il giorno prima dal carcere di Bellizzi Irpino, in provincia di Avellino, si era subito recato a casa della convivente. Le cause del decesso sarebbero ancora da accertare. Tuttavia, gli investigatori stanno battendo una pista che sembrerebbe attendibile. Secondo gli inquirenti, infatti, l’ex detenuto napoletano potrebbe essere morto in seguito a un’overdose di stupefacenti. (Ansa, 18 agosto 2006)
Overdose: 17 agosto 2006, Pavia (scarcerata)
Maria Fassoni, 37 anni, scarcerata grazie all’indulto, muore due settimane dopo davanti al policlinico San Matteo di Pavia. Sulla morte della donna, stroncata da un arresto cardiocircolatorio, sta indagando la Squadra Mobile di Pavia, che l’altro ieri si è rivolta ai colleghi di Udine per rintracciare la famiglia Fassoni, che adesso vive in Emilia Romagna. Alcuni passanti l’hanno vista barcollare sul marciapiede di via Negri, poco distante dal pronto soccorso, accasciarsi e perdere conoscenza. Inutili i soccorsi del personale sanitario. Per far chiarezza sulle cause del decesso, la Procura ha disposto l’autopsia, che sarà eseguita questo pomeriggio. Al medico legale, come avviene in questi casi, è stato chiesto anche l’esame tossicologico. Maria Fassoni aveva passato gli ultimi sei mesi in carcere a San Vittore. Il primo agosto l’indulto le aveva restituito la libertà ed era tornata a vivere a Belgioioso. Sulle circostanze del suo decesso la polizia ha molti dubbi. In borsetta la donna aveva due siringhe e sulle braccia i segni di recenti iniezioni. Questo lascia supporre che avesse ricominciato ad assumere stupefacenti. Si cerca di risalire ai suoi ultimi contatti e alle sue frequentazioni per capire se è arrivata vicino al policlinico di Pavia da sola o se l’abbia accompagnata qualcuno che poi si è allontanato senza prestarle soccorso. Le poche testimonianze finora raccolte, escluderebbero quest’ultima ipotesi. (Il Gazzettino, 20 agosto 2006)
|