Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier aprile 2006

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di aprile registra 5 nuovi casi: 3 suicidi e 2 morti per malattia.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Detenuto italiano

60 anni

01 aprile 2006

Suicidio

Modena

Capri Pierpaolo

43 anni

07 aprile 2006

Malattia

Bari

Fioravante Langella

44 anni

09 aprile 2006

Suicidio

Salerno

Leonardo Marasco

47 anni

12 aprile 2006

Malattia

Torino

Kamelger Hartwig

39 anni

18 aprile 2006

Suicidio

Rovereto (TN)

 

Suicidio: 1 aprile 2006, Carcere di Modena

 

Un italiano 60enne si uccide nella cella del carcere di S. Anna, dove era detenuto in attesa di giudizio. L’uomo, accusato di rapina, era stato trasferito circa tre mesi fa al S. Anna. Anche se nulla è trapelato dal carcere, sembra che l’uomo non avesse mai manifestato disagi o avesse avuto a che dire nemmeno con personale. Sabato scorso, intorno alle 18.30, mentre i detenuti che erano in cella con lui si trovavano nel cortile per l’ora d’aria, l’uomo si è tolto la vita. Quando uno degli agenti di polizia penitenziaria se accorto di quanto succedeva in cella ed è accorso chiamando in aiuto altri colleghi, per il poveretto ormai non vi era più nulla da fare. Inutile anche il tentativo di rianimarlo da parte dei responsabili del servizio sanitario di S. Anna, il medico non ha potuto far altro che constarne il decesso. La direzione ha subito informato dell’accaduto la procura. Da più di un anno non si registrava un suicidio a S. Anna, dal gennaio 2005, quando ad impiccarsi con un lenzuolo nella sua cella fu il boss mafioso Francesco Pastoia, 62 anni, accusato di essere uno dei gregari più fidati di Bernardo Provenzano. (Gazzetta di Modena, 4 aprile 2006)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 7 aprile 2006, Carcere di Bari

 

Pierpaolo Capri, 43 anni, viene trovato senza vita in una cella del centro clinico del carcere di Bari intorno alle nove di sera dagli agenti del penitenziario pugliese. Inutile lanciare allarmi, l’uomo è morto, il capo reclinato sul cuscino della branda. Un infarto, il primo referto medico.

Un infarto. Scatenato da una crisi epilettica o da una overdose? Pierpaolo Capri era stato trasferito nel centro clinico del carcere di Bari, proveniente dal carcere di Larino (Campobasso), venti giorni fa. A Bari era stato trasferito nel centro clinico per essere sottoposto ad una serie di perizie dopo la richiesta del suo avvocato difensore di certificare "l’incapacità di stare in giudizio". "Proprio la settimana scorsa - ricorda l’avvocato Pierluigi Spadafora - lo avevo incontrato nel carcere di Bari. Lui, tranquillo, aveva già affrontato al prima serie di esami per la perizia". Un collegio peritale formato dai professori Greco, noto psichiatra barese, Sciaudone, nominato dalla procura e Zarrillo, nominato dalla difesa di Capri avrebbe dovuto consegnare entro fine mese la perizia ai giudici salernitani. La perizia era stata chiesta dall’avvocato Spadafora nell’ambito del processo a carico di Capri con l’accusa di aver favorito la latitanza di Vincenzo Ignoto subito dopo l’omicidio di Sebastiano Di Mauro avvenuto ad Ogliara nel ‘97. Ma non era l’unica accusa dalla quale si sarebbe dovuto difendere. Per lui c’era le ultime ordinanze della procura antimafia, quelle chieste ed ottenute dai pm Antonio Centore (duplice omicidio di Cava) e Filippo Spezia (indagine clan D’Agostino) e la richiesta di rinvio a giudizio della procura per l’omicidio di Valentino Sorrentino. L’udienza preliminare si sarebbe dovuta tenere davanti al gup Anita Mele il 21 giugno prossimo. Ora finisce tutto in archivio, dopo l’agguato del destino che chiude i fascicoli a suo carico per l’omicidio colposo del pizzaiolo Leandro Iuri, investito a Fratte, o del tentato omicidio, a dicembre scorso, di una giovane ucraina in una discoteca sulla litoranea. (Il Mattino, 10 aprile 2006)

 

L’autopsia conferma

 

Pierpaolo Capri è morto perché stroncato da un infarto, venerdì sera, in una cella del carcere di Bari. È il primo responso dell’esame autoptico consegnato al pm barese, Linda Deiure, dai periti nominati dal magistrato ai quali, ieri pomeriggio, è stato affiancato il dottor Giuliano Alfinito quale perito di parte nominato dalla famiglia Capri. In stretto contatto da Bari con il dottor Alfinito, l’avvocato di Pierpaolo Capri ha seguito tutte le fasi successive all’autopsia, compreso l’incontro con il magistrato inquirente. Al pm, il perito di parte ha chiesto un responso definitivo dopo gli esami tossicologici e istologici. Secondo i primi esami dei periti, sarebbe stata esclusa anche una overdose quale causa della morte, nonché un effetto devastante sul sistema circolatorio di alcuni farmaci che avrebbe assunto negli ultimi tempi il boss della camorra salernitana. Ma il condizionale è d’obbligo. Così come i periti hanno dato la conferma sul primo esame esterno del cadavere: non c’è nessun segno di violenza sul corpo del boss. (Il Mattino, 11 aprile 2006)

 

Suicidio: 9 aprile 2006, Carcere di Salerno

 

Fioravante Langella, 44 anni, si uccide nel carcere di Fuorni. Avrebbe dovuto scontare cinque anni di reclusione per violenza sessuale. Al momento, l’ipotesi del suicidio è quella più accreditata; fino a notte fonda nel carcere di Salerno ha diretto le indagini il sostituto procuratore della Repubblica Ernesto Stassano, il pm-poliziotto che ha risolto una serie di "gialli". Langella sarebbe stato ritrovato cadavere nella sua cella poco dopo le venti e trenta di ieri sera da due agenti penitenziari. (Il Mattino, 10 aprile 2006)

 

Oggi l’autopsia sul detenuto morto suicida

 

Sarà eseguita questo pomeriggio l’autopsia sul cadavere di Fioravante Langella, il quarantaquattrenne detenuto di Pagani, trovato morto nella sua cella al carcere di Salerno-Fuorni. Il suicidio sembra la tesi più probabile. Il pregiudicato paganese è stato trovato impiccato con lenzuola intrecciate con un nodo scorso. Langella era solo all’interno della cella ed avrebbe maturato quella tragica scelta nel primo pomeriggio di domenica.

Immediatamente sono scattate le indagini già domenica sera, dirette dal pm Ernesto Stassano, sostituto procuratore della repubblica di Salerno, che dovranno fare piena luce sulla effettiva causa della morte di Langella e sui motivi che avrebbero spinto, eventualmente, il detenuto a suicidarsi. Va ricordato che dietro le sbarre, il quarantaquattrenne paganese era ristretto da poco più di una settimana. Fioravante si trovava in carcere dopo che la magistratura ne aveva disposto la carcerazione, in seguito alle numerose violazione degli arresti domiciliari.

Nell’ottobre dello scorso anno, Langella fu condannato a quattro mesi di reclusione per essere stato trovato fuori di casa dai carabinieri. La settimana scorsa, invece, era stato arrestato dia militari di Angri sempre per evasione dagli arresti domiciliari, e dopo questo episodio era tornato in carcere. Ma il reato più grave contestato al quarantaquattrenne paganese era la violenza sessuale su una badante ucraina. Il pluripreglidicato per furto, rapine e reati legati alle sostanze stupefacenti, sarebbe entrato furtivamente nell’abitazione di via Madonna di Fatima di Pagani, nella zona rurale della città, dove l’ucraina di 45 anni stava dormendo da sola.

Nella notte tra domenica 25 luglio e lunedì 26 luglio del 2004, infatti, l’anziana cui badava la slava era ricoverata in ospedale. Secondo la dettagliata denuncia presentata dalla slava ai carabinieri della stazione di Pagani, Langella sarebbe entrato da una finestra. Trovata la badante, l’avrebbe minacciata con un paio di forbici. Per alcune ore, l’ucraina sarebbe rimasta sequestrata in casa e ripetutamente violentata, sembra almeno per due volte. Poi il pregiudicato paganese sarebbe scappato via, mentre la donna veniva portata in stato di choc all’ospedale di Nocera Inferiore.

Da qui la denuncia ai carabinieri e poi l’arresto, mentre era in via Ficuciello, nei pressi della stazione ferroviaria di Pagani, a casa di un amico dove si era rifugiato, sicuro di non essere rintracciato. Durante il processo, pm Roberto Lenza e Mariano Musella De Luca presidente del primo collegio del tribunale di Nocera Inferiore, Fioravante aveva cercato di difendersi, ma invano, in un procedimento volto subito a suo sfavore. Ora ad attendere gli esisti dell’autopsia saranno il padre del detenuto, con cui Fioravante viveva in via Filettine a Pagani, il fratello e le due sorelle del defunto. (Il Mattino, 11 aprile 2006)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 12 aprile 2006, Carcere di Torino

 

Leonardo Marasco, 47 anni, cardiopatico, muore nella sua cella stroncato da un infarto. I suoi familiari denunciano cure inadeguate: è questo il sospetto dei parenti dell’uomo morto in una cella del carcere Lorusso e Cotugno. Hanno affidato all’avvocato Davide Diana l’incarico di presentare un esposto alla procura, chiedendo l’autopsia. Marasco era in carcere per scontare una condanna a 2 anni e 11 mesi per traffico di droga tra l’Italia e il Venezuela. Il suo cuore si è fermato mercoledì 12 aprile poco dopo le 2. È stato il suo compagno di cella a chiedere l’intervento della polizia penitenziaria e del medico. Sono arrivati anche i medici del "118", ma non hanno potuto salvare Marasco. L’uomo era in carcere da poco più di un mese. Prima dell’arresto era rimasto coinvolto in un incidente stradale: il ginocchio destro era malconcio, poteva camminare soltanto con l’aiuto di una stampella e per i lunghi tratti era costretto a utilizzare una sedia a rotelle. I familiari volevano che Marasco fosse operato in una struttura sanitaria esterna al carcere. La madre e la convivente di Leonardo avevano anche avviato la raccolta della documentazione necessaria per la richiesta. Troppo tardi. "Possibile che sia morto così? Vogliamo fare chiarezza" hanno detto all’avvocato Diana. Pensano che le cure in carcere non siano state adeguate. Marasco, però, non aveva mai chiesto un trattamento particolare. Anche questo farà parte degli accertamenti della procura. (La Stampa, 18 aprile 2006)

 

Suicidio: 18 aprile 2006, Carcere di Rovereto (TN)

 

Kamelger Hartwig, 39 anni, si uccide utilizzando il gas della bomboletta, mentre i compagni di cella dormono. Ad accorgersene è stato il personale di guardia della Casa Circondariale. All’apparenza, nella cella dell’uomo, in carcere per reati minori da sette mesi, era tutto normale. E lui sembrava dormire come era solito fare: tutto coperto, testa compresa, dalle lenzuola. Era una sua abitudine, nessuno si è insospettito vedendolo. Solo che, anche chiamato, non si svegliava. Ed allora la polizia penitenziaria ha capito che c’era qualche cosa che non andava. E si è resa conto che l’uomo era ormai privo di vita. Per suicidarsi ha scelto di usare la bomboletta del gas che è data in dotazione a tutti i detenuti. Non ha fatto alcun rumore: nessuno poteva accorgersi di cosa stava accadendo.

Ovvio comunque che sulla vicenda sia stata avviata un’indagine, coordinata dal procuratore capo Francesco Pavone. Sul corpo dell’uomo sarà effettuata domani l’autopsia, di cui si occuperà l’anatomopatologa Teresa Pusiol. In carcere rimane l’amarezza per quanto accaduto: "È una grande tristezza anche per noi - osservava ieri il comandante delle guardie carcerarie, l’ispettore Giovanni Sanna - era una persona tranquilla, che mai aveva creato problemi". (Trentino, 20 aprile 2006)

 

 

 

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