Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier ottobre 2005

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di ottobre registra 11 nuovi casi: 6 suicidi, 4 decessi per cause da accertare e 1 per malattia.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Antimo Buccino

27 anni

02 ottobre 2005

Da accertare

Civitavecchia (RM)

Detenuto algerino

29 anni

03 ottobre 2005

Da accertare

Ancona

Ferruccio Lionello

47 anni

03 ottobre 2005

Suicidio

Belluno (arr. dom.)

Simon Lleshaj

36 anni

06 ottobre 2005

Suicidio

Vicenza

Patrick Battipaglia

23 anni

10 ottobre 2005

Suicidio

Como

Detenuto italiano

70 anni

18 ottobre 2005

Malattia

Poggioreale (NA)

Antonio Schiano di Colella

36 anni

24 ottobre 2005

Da accertare

Regina Coeli (RM)

John G. Perugachi

23 anni

27 ottobre 2005

Suicidio

San Vittore (MI)

Maurizio Calabrese

41 anni

27 ottobre 2005

Da accertare

Salerno

Cosimo Altieri

31 anni

28 ottobre 2005

Suicidio

Benevento

Detenuto nordafricano

42 anni

28 ottobre 2005

Suicidio

Parma

 

Morte per cause da accertare: 02 ottobre 2005, Carcere di Civitavecchia (RM)

 

Antimo Buccino, 27 anni, viene trovato senza vita in cella. Circa le cause del decesso non si sa nulla. L’esame del medico legale non ha portato, almeno per il momento, a nessuna certezza, ma si attendono i risultati dei test. Per ora sembra potersi escludere il suicidio e anche l’assunzione di sostanze stupefacenti per via endovena. Per il resto tutto è possibile. E la vicenda si tinge di mistero visto che, come ha rilevato il medico, è difficile che un 27enne possa morire per cause naturali. (Il Messaggero, 4 ottobre 2005)

La procura della Repubblica di Civitavecchia ha iscritto nel registro degli indagati lo psichiatra che lavora presso il carcere di borgata Aurelia con l’accusa di omicidio colposo. Il dottore, che in realtà è un consulente esterno del carcere, è accusato di aver provocato la morte del detenuto Antimo Buccino, il ventisettenne trovato cadavere all’interno della propria cella la settimana scorsa, ennesimo decesso di una lunga serie avvenuti tutti nel penitenziario locale.

Alla base dell’accusa mossa dal sostituto procuratore Elena Neri, titolare dell’inchiesta, c’è il fatto che lo psichiatra, due giorni prima del decesso di Buccino, aveva aumentato (ma qualcuno dice raddoppiato) la dose di psicofarmaci che veniva somministrata al detenuto, in quanto soffriva di crisi depressive.

A quanto pare, il professionista risulta essere l’unico indagato al momento, ma non è escluso che nei prossimi giorni si possa aggiungere qualche altro nome, anche perché la stessa Neri non sembra voler escludere a priori anche l’ipotesi dell’overdose da droga.

Una risposta a questo la fornirà l’autopsia che è stata svolta ieri pomeriggio dal medico legale Gino Saladini e dal professor Marcello Chiarotti, entrambi nominati dalla procura, ed a cui hanno assistito anche i due periti di parte, il dottor Ulrico Piaggio per la difesa ed il dottor Renato Mattei per la parte civile. Ma un responso ancor più preciso lo daranno le analisi tossicologiche che sono state eseguite sul corpo del detenuto e che diranno quale sia stata la causa che ha portato all’arresto cardiocircolatorio di Buccino. I risultati dei due esami comunque, non si conosceranno prima di una decina di giorni. (Il Messaggero, 11 ottobre 2005)

 

Morte per cause da accertare: 03 ottobre 2005, Carcere di Ancona

 

Detenuto algerino di 29 anni muore in carcere a Montacuto. Sarà l’autopsia a determinare le cause della morte. Fonti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria escludono comunque che la morte sia da attribuire ad atti violenti o di autolesionismo. Una prima ispezione cadaverica avrebbe infatti accertato cause naturali all’origine del decesso. Il giovane era in cella da pochi mesi. È stato il suo compagno ad avvisare le guardie e quindi i funzionari del carcere. Ora verrà aperta un’indagine amministrativa e, come sempre in questi casi, sarà disposta un’autopsia. (Ansa, 4 ottobre 2005)

 

Suicidio: 03 ottobre 2005, Belluno (arresti domiciliari)

 

Ferruccio Lionello, 47 anni, arrestato per violenza sessuale e assegnato agli arresti domiciliari, s’impicca in casa. Una storia di degrado e di solitudine, un uomo già vecchio a causa dell’alcool, che a volte gli impediva di distinguere il confine tra ciò che è lecito e ciò che costituisce l’oggetto proibito del desiderio. Ma anche la storia di una giovane donna, una ragazza che andava a fare le pulizie in un agriturismo di mezza-montagna, e che si era imbattuta in quell’uomo dalle mani troppo lunghe e dalle parole troppo disinvolte. Le due esistenze si sono incrociate, in modo drammatico, quando la ragazza ha subito un tentativo di violenza sessuale, e ha reagito andando a presentare una denuncia ai carabinieri. L’uomo, pensionato e custode dell’azienda agricola, era da qualche settimana agli arresti domiciliari. Adesso si è ucciso, impiccandosi nella legnaia, chiudendo il proprio conto con una vita in pezzi e con i rimorsi amplificati dai clamori della cronaca. Piove maledettamente sul pugno di case cresciute attorno a villa Avogadro, che porta il nome di Bivai, frazione di Santa Giustina, lungo la strada che collega Belluno a Feltre. La villa padronale è chiusa, la contessa è assente. Nella foresteria, occupata dai guardiani, è rimasto solo uno dei fratelli di Ferruccio Lionello, 47 anni, l’uomo che ha messo fine ai propri giorni nella notte tra sabato e domenica. In quegli edifici rurali che ospitano l’agriturismo il fattaccio era accaduto a fine agosto. La ragazza andava a fare le pulizie e la sua giovinezza aveva attirato l’attenzione di Lionello. Che un giorno ci aveva provato, stando alla denuncia della giovane. Non un tentativo di violenza carnale vero e proprio, come contemplato un tempo dal Codice Penale. Più semplicemente un approccio molto pesante, più nelle espressioni verbali che nei gesti. Comunque, inequivocabile, libidinoso, stando agli atti d’accusa. Il pensionato aveva accompagnato le sue carezze gesto con parole difficili da fraintendere, e comunque incontrollate, visto che l’autocoscienza era annegata in un mare di ubriachezza. Ma la ragazza era riuscita a divincolarsi. E aveva raccontato tutto in famiglia. Era stata convinta a presentare denuncia. Un percorso doloroso, che soprattutto da queste parti espone alle chiacchiere. Le comunità sono piccole, tutti si conoscono. Le voci fanno presto a correre. E la poveretta viene identificata quasi subito. La conseguenza si è materializzata a metà settembre, quando i carabinieri si sono presentati a casa di Lionello, sotto forma di un provvedimento di custodia agli arresti domiciliari, chiesto dal Pm Gianni Griguolo sulla base della deposizione della giovane donna e concesso dal gip Carlo Sangiorgio. Ferruccio Lionello ha staccato la spina prima di poter tornare in libertà. Una questione di vergogna, forse. Ma anche di degrado sociale. Originario di Torreglia, in provincia di Padova, viveva isolato, senza relazioni umane. Adesso in paese qualcuno lo descrive come un tipo incapace di controllare le proprie reazioni quando beveva troppo. Di certo aveva parecchi problemi. (Il Gazzettino, 4 ottobre 2005)

 

Suicidio: 06 ottobre 2005, Carcere di Vicenza

 

Simon Lleshaj, detenuto albanese di 36 anni, si uccide infilandosi un sacchetto in testa e soffocandosi: un metodo classico dei suicidi in carcere. Quando è stato trovato esanime era ormai troppo tardi. Lleshaj ra clandestino ed era stato riconosciuto come uno spacciatore di droga. Era stato condannato con sentenza passata in giudicato e sarebbe tornato completamente libero senza obblighi nel 2008. "Quest’anno nel carcere di Vicenza è il primo suicidio - commenta Claudio Stella, anima dell’associazione Utopie Fattibili -. Tuttavia, con 260 detenuti, c’è un evidente sovraffollamento perché sono superiori di più del doppio, essendo il carcere di Vicenza previsto per 120-130 persone. Ma questo lo segnaliamo da tempo, anche se il problema non riguarda solo la nostra provincia". Sul fatto che la morte di Simon Llesghaj sia stato un suicidio non ci sono dubbi. Le testimonianze raccolte dagli agenti penitenziari fra i colleghi di cella non lasciano dubbi. Il decesso è stato accertato l’altra mattina verso le 4.35. Il magistrato di turno, Marco Peraro, ha ordinato l’esame esterno della salma da parte del medico legale, che ha confermato la prima ipotesi degli inquirenti e del medico che compilato il certificato di morte. Nell’immediatezza dell’evento qualcuno aveva ipotizzato che fosse accaduto qualcosa di peggio, ma l’inchiesta l’ha escluso del tutto. "Gli episodi di autolesionismo sono abbastanza ricorrenti in un carcere - continua Stella - proprio per le condizioni di grande prostrazione in cui i detenuti sono costretti a vivere. Oltre tutto, i dati nazionali sui suicidi sono allarmanti perché indicano un aumento".

Tra le cause, anche l’eterogeneità della popolazione carceraria. Le differenze sono sempre più pronunciate. Gran parte dei carcerati sono stranieri. "Anche Vicenza non sfugge a questa regola continua Stella - e non c’è verso di invertire la tendenza in presenza di una politica edilizia carceraria che non affronta questo problema". Il fenomeno del suicidio in carcere viene costantemente studiato e da alcuni osservatori è descritto "come devianza che si manifesta non tanto attraverso la condotta "criminale", quanto nella forma della condotta del "folle", cioè del deviante delle "norme residuali". Al di là delle definizioni che lasciano il tempo che trovano, resta il fatto che Lleshaj, al di là delle responsabilità per le quali stava pagando col carcere, in un momento di disperazione ha deciso di farla finita. (Giornale di Vicenza, 8 ottobre 2005)

 

Suicidio: 10 ottobre 2005, Carcere di Como

 

Patrick Battipaglia, 23 anni, si uccide in cella con il gas della bomboletta da camping. Un altro suicidio - il quarto dalla primavera dello scorso anno - scuote le mura del Bassone, dove dal 2004 sono mancati in circostanze drammatiche almeno sei detenuti. L’ultima disgrazia è quella avvenuta a inizio mese - ma di cui solo nelle ultime ore si è avuta conferma ufficiale - protagonista Patrick Battipaglia, 23 anni, comasco, entrato otto mesi prima per l’ennesimo pasticcio (l’aggressione a scopo di rapina di una donna di Brunate) e uscito cadavere dopo aver inalato gas da due bombolette da campo - dotazione obbligatoria e inalienabile di ogni detenuto. Dell’episodio si è anche occupata la Procura della repubblica, che ha aperto un’inchiesta dovuta, ma che difficilmente potrà far luce sull’ennesimo caso di disperazione dietro le sbarre. Tra Patrick e la libertà c’erano altri 15 mesi di privazioni che il ragazzo, segnato da una vita tribolata e persa prima ancora di sbocciare, non si è sentito di sobbarcarsi.

Lo hanno trovato riverso sul pavimento, due bombolette in mano, in condizioni disperate e tali da non lasciare spazio per il tentativo di rianimazione: il gas, spiegano i medici, si fissa agli alveoli polmonari bloccando la respirazione, Patrick come Mara, la 34enne di Barzanò che si era tolta la vita nel novembre scorso dopo 40 giorni al Bassone, e come Oscar - ventenne lui pure, e anche lui vittima di sniffing - e ancora come il muratore rumeno che in estate si era impiccato non riuscendo a reggere l’accusa (se non ancora la sentenza) di aver usato violenza sulla figlia. La situazione nell’ex carcere di sicurezza, inaugurato poco più di 20 anni fa come struttura modello ma afflitto ormai da sovraffollamento cronico, è finita così al centro dell’attenzione anche del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. "Il dato dei suicidi a Como è obiettivamente preoccupante – dice il provveditore Luigi Pagano, per anni al vertice del penitenziario di San Vittore – e rende conto di una situazione strutturale molto difficile: il Bassone è una casa circondariale, dove il movimento di detenuti in entrata e uscita è elevatissimo (al contrario delle case di pena vere e proprie, dove stanno solo i "definitivi" ndr), e dove il dato della popolazione è abbondantemente sopra i limiti (500 invece di 200, ndr). In queste condizioni è di fatto impossibile sviluppare progetti di recupero e rieducazione che coinvolgano tutti i detenuti". (La Provincia di Como, 25 ottobre 2005)

 

Assistenza sanitaria disastrata: 18 ottobre 2005, Carcere di Poggioreale (NA)

 

Detenuto italiano di 70 anni muore in cella a causa di un malore improvviso. Nonostante gli immediati soccorsi e il trasporto d’urgenza al Centro Clinico "S. Paolo" i medici non possono fare altro che constatarne il decesso. (Ansa, 22 ottobre 2005)

 

Morte per cause da accertare: 24 ottobre 2005, Carcere Regina Coeli (RM)

 

Antonio Schiano di Colella, 36 anni, tossicodipendente, detenuto da due giorni, muore in una "cella di osservazione" del carcere romano di Regina Coeli. La vicenda è stata resa nota dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni. Secondo le informazioni raccolte dal Garante, l’uomo è arrivato a Regina Coeli "con un referto dell’ospedale Sant’Eugenio, che certificava politraumi a suo carico". Oltre al metadone, all’uomo è stato somministrato del "Narcan" - un salvavita che si usa in caso di overdose - e degli antidolorifici. Questa mattina, alle 8, gli agenti di polizia penitenziaria si sono accorti che qualcosa non andava ed hanno subito chiamato il medico, ma ogni tentativo di rianimarlo è stato vano. Il detenuto è stato dichiarato morto alle 9. "Questa è una ennesima tragedia consumata dietro le sbarre - ha detto Marroni -. Ora attendiamo l’esito dell’autopsia per saperne di più sulle cause della morte. È giusto che si faccia piena luce su quanto accaduto per capire quali siano state le cause dei politraumi e quali siano state le procedure seguite, all’interno del carcere, dal punto di vista sanitario. Sapere se ci possa essere stato un errore nella somministrazione della terapia metadonica o, piuttosto, siano state una serie di circostanze a provocarne il decesso". (Vita, 26 ottobre 2005)

 

Suicidio: 27 ottobre 2005, Carcere di San Vittore (MI)

 

John Guanaquispe Perugachi, 23 anni, ecuadoriano, si impicca con la cinghia dei pantaloni a una finestra del bagno del sesto raggio del carcere di Milano di San Vittore. A quanto si è appreso il giovane lavorava in una pizzeria di Quarto Oggiaro e stava aspettando di essere sottoposto alla visita medica di routine per i nuovi arrestati. Era stato fermato un paio di ore prima dalla polizia dopo che una dodicenne sua connazionale lo aveva denunciato per violenza sessuale. Il 23enne, che aveva piccoli precedenti di polizia, al momento del suicidio si trovava da solo. Nel carcere di San Vittore è stata aperta un’indagine interna per accertare la dinamica dell’episodio e anche il pm di turno, Frank Di Maio, ha aperto un’inchiesta. (Ansa, 28 ottobre 2005)

 

Morte per cause da accertare: 27 ottobre 2005, Stazione Carabinieri di Mercatello (SA)

 

Maurizio Calabrese, 41 anni, muore nella camera di sicurezza della stazione dei carabinieri Mercatello a Salerno in caserma. Presumibilmente la morte è dovuta a "cause naturali". Lo riferisce una nota del comando provinciale dei Carabinieri, in cui si precisa che Calabrese era stato arrestato per furto nella serata di ieri e che stamane doveva essere processato per direttissima. Il magistrato ha disposto l’autopsia. (Ansa, 28 ottobre 2005)

 

Suicidio: 28 ottobre 2005, Carcere di Benevento

 

Cosimo Altieri, 31 anni, tossicodipendente, muore suicida impiccandosi nella sua cella nell’istituto di pena di contrada Capodimonte: era detenuto da qualche mese con l’imputazione di detenzione di stupefacenti. Un suicidio scoperto, secondo le indagini svolte dalla polizia penitenziaria, pochi minuti dopo che era stato attuato. Infatti Cosimo Altieri da alcuni giorni era rinchiuso in una cella senza altri reclusi, e sottoposto ad attenta vigilanza. Una decisione, scaturita perché si era già lasciato andare ad atti autolesionistici, e che comportava un controllo costante da parte degli addetti alla vigilanza. E infatti il corpo ormai senza vita è stato ritrovato intorno alle 15, e solo pochi minuti prima, un agente dalla polizia penitenziaria aveva verificato che Cosimo Altieri era ancora in vita nella cella. Altieri ha attuato il suo gesto utilizzando dei lacci da scarpe, che ha legato ad una feritoia presente sulla porta della cella. L’agente penitenziario, accortosi che l’uomo si era impiccato, ha dato l’allarme facendo accorrere i medici dell’istituto di pena e i sanitari del 118. Si è tentato di rianimarlo ma invano. Constatato il decesso il corpo di Cosimo Altieri è stato condotto presso la sala mortuaria dell’ospedale "Rummo" dove il magistrato Giovanni Tartaglia Polcini ha disposto la visita esterna affidata al dott. Emilio Doro. Poi nella giornata di domani il prof. Pietro Ricci farà l’autopsia. La polizia penitenziaria con il responsabile Tarantino e la vice direttrice dell’istituto di pena Rossi, hanno ricostruito le ultime ore dell’imputato ed anche le possibili cause del tragico gesto. "Nella giornata di venerdì - dice il difensore di Altieri l’avvocato Alberto Simeone – il Gip aveva respinto l’istanza per concedergli gli arresti domiciliari". Una notizia che ha probabilmente ulteriormente aggravato una situazione di depressione in cui l’imputato si dibatteva. La vicenda giudiziaria di Cosimo Altieri aveva preso il via nel mese di giugno, quando era finito in carcere perché trovato in possesso di una busta. in cui vi erano degli involucri contenenti dodici grammi di eroina. Era stato inviato a una comunità del ravennate. Un beneficio che, essendosi assentato, gli era stato poi revocato e poco dopo era tornato di nuovo nel carcere di contrada Capodimonte. (Il Mattino, 1 novembre 2005)

 

Suicidio: 28 ottobre 2005, Carcere di Parma

 

Detenuto nordafricano di 42 anni si uccide nella sua cella. Lo hanno trovato appeso a una rudimentale corda che lui stesso aveva preparato utilizzando strisce di un lenzuolo. Così è morto venerdì mattina, scegliendo di concludere la propria vita impiccandosi, un extracomunitario che stava scontando in via Burla una condanna per una rapina commessa in un’altra città. L’uomo, un quarantaduenne nordafricano, avrebbe terminato di scontare la pena nel 2008. Ma qualcosa, nel suo animo, si è spezzato, inducendolo alla scelta estrema. Il drammatico fatto risale a venerdì scorso, ma è venuto alla luce solo ora. (Gazzetta di Parma, 1 novembre 2005)

 

 

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