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"Morire di carcere": dossier agosto 2005 Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose
Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di agosto registra 6 nuovi casi: 2 suicidi, 1 decesso per malattia, 1 per overdose, 1 per omicidio e 1 per cause ancora da accertare.
Assistenza sanitaria disastrata: 2 agosto 2005, Carcere di Secondigliano (NA)
L.M., 39 anni, muore in cella a Secondigliano. Era sieropositivo e detenuto da sette anni. Si tratta della terza morte nel carcere napoletano in pochi mesi. Lo denunciano Samuele Ciambriello, presidente di "Città invisibile" e Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce di "Antigone". "Siamo preoccupati - dicono Ciambriello e Dell’Aquila - perché le condizioni dei detenuti sieropositivi sono durissime e le carceri sono drammaticamente sovraffollate. Invitiamo i parlamentari, che hanno poteri ispettivi, a visitare le carceri per rendersene conto". La popolazione detenuta è composta da oltre un terzo di tossicodipendenti. (Il Mattino, 4 giugno 2005)
Overdose: 5 agosto 2005, Firenze
Fathi Bejaouni, 36 anni, muore di overdose appena uscito dal carcere. Sulle sue origini, sono diverse le nazionalità fornite alle forze dell’ordine: libanese, marocchina, tunisina, algerina e anche siriana. L’uomo era uscito dal carcere il 28 luglio scorso: era stato arrestato a Firenze il 15 ottobre 2004. All’identificazione dell’uomo si è arrivati attraverso la comparazione delle impronte digitali rilevate sul cadavere, che quando è stato trovato era in avanzato stato di decomposizione. L’ipotesi più probabile è che l’uomo sia deceduto per un’overdose di sostanza stupefacente. Il luogo dove è stato trovato il cadavere - solitamente frequentato da tossicodipendenti - e anche il passato dell’uomo, compreso il fatto che fosse appena uscito dal carcere, sembrano far propendere per questa ipotesi. (La Nazione, 15 agosto 2005)
Suicidio: 07 agosto 2005, Carcere di Terni
Detenuto italiano di 24 anni si uccide con il gas della bombola da camping. Ha messo la testa in una busta di plastica, poi con un tubo l’ha riempita di gas utilizzando una bomboletta da camping. Così si è tolto la vita un giovane detenuto sardo. Lo hanno già trovato morto nella sua cella, dov’era rinchiuso con una condanna per tentato omicidio. (Il Messaggero, 8 agosto 2005)
Suicidio: 11 agosto 2005, Carcere di Foggia
Michele Manzella, 21 anni, si suicida impiccandosi con la cintura dell’accappatoio alla grata della finestra del bagno della sua cella. Era finito in cella il 20 luglio scorso perché accusato di un’estorsione e due episodi di piccolo spaccio di cocaina nell’ambito del blitz antidroga denominato "Coca Taxi". Si dichiarava innocente e il 5 agosto il Tribunale della libertà di Bari aveva rigettato il ricorso difensivo, confermando la detenzione in carcere. Non si conoscono i motivi del gesto: nella cella non ha lasciato lettere. Manzella, venditore ambulante di generi alimentari, è morto ieri mattina nella sala di rianimazione degli ospedali riuniti del capoluogo dauno dov’era stato ricoverato martedì pomeriggio in gravissime condizioni. Da qualche giorno il giovane manfredoniano era stato spostato e trasferito in una cella alla prima sezione del vecchio plesso della casa circondariale del capoluogo dauno: era insieme ad altri due detenuti. Alle 13.10 di martedì il giovane è andato nel bagno e si è tolto la vita: sono stati i compagni di cella a soccorrerlo per primi dando l’allarme al poliziotto penitenziario di turno alla sezione che ha chiesto l’intervento dei medici del carcere, che hanno cercato di rianimare il giovane. Un’ambulanza l’ha trasportato in ospedale, ma non ce l’ha fatta. (La Gazzetta del Mezzogiorno, 12 agosto 2005)
Omicidio: 23 agosto 2005, Carcere di Porto Azzurro (LI)
Alberico Somma, 47 anni, viene ritrovato morto nella sua cella del carcere di Porto Azzurro L’uomo, originario di Salerno, presenta sul corpo tracce di una probabile aggressione. In particolare ha alcune ferite da taglio alla gola che potrebbero essergli state inferte da dietro con un coltello o con un altro oggetto tagliente. Gli inquirenti sospettano fortemente che possa trattarsi di omicidio. Quando, poco dopo le 18, è stato rinvenuto dagli agenti della polizia penitenziaria, il cadavere era riverso sul pavimento della cella. I rilievi scientifici, andati avanti fino a notte inoltrata, sono stati effettuati dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Portoferraio, coordinati dal magistrato di turno presso la Procura di Livorno, il sostituto Maria Rita Cortellacci. Gli stessi militari dell’Arma hanno effettuato anche una serie di perquisizioni nelle altre celle ed in alcuni luoghi comuni del penitenziario alla ricerca dell’arma del possibile delitto. La conferma che "il detenuto trovato cadavere nella sua cella a Porto Azzurro è morto per ferita da arma da taglio" è arrivata nella tarda serata attraverso una nota del sindacato di polizia Sappe nella quale si ribadisce anche "il sospetto che si tratti di un omicidio, probabilmente conseguenza di una lite per futili motivi tra due persone, mentre sembrerebbe assolutamente da escludere che l’episodio possa essere scaturito da dinamiche conflittuali tra gruppi di detenuti". Il Sappe, escludendo responsabilità della direzione e degli agenti di polizia penitenziaria, conclude augurandosi "che la vicenda non segni un momento d’arresto della politica innovativa, dal punto di vista rieducativo, avviata dall’istituto". I vertici della casa circondariale non hanno voluto commentare il fatto. Alberico Somma era rinchiuso nella casa di reclusione di Porto Azzurro dal 2001. Da qualche tempo era impegnato in attività agricola nelle pertinenze carcerarie. Viene descritto come una persona schiva, dal carattere fragile, che non vantava amicizie. Attualmente il carcere di Porto Azzurro, che ha un regime molto aperto e ospita solo detenuti comuni, ospita circa 220 persone e risulta sotto utilizzato perché vi sono alcune sezioni in fase di ristrutturazione. (La Nazione, 24 agosto 2005)
Cause da accertare: 26 agosto 2005, Carcere di Fiume
Sasa Cvetkovic, 23 anni, è morto in circostanze ancora tutte da chiarire nel carcere quarnerino di Via Roma. Martedì mattina le guardie penitenziarie hanno notato il corpo del 23enne che non dava segni di vita. È stato subito allertato il servizio medico che però ha potuto soltanto constatare il decesso. Il giovane, residente a Pinguente, era stato tradotto nel penitenziario fiumano una settimana fa dopo che gli agenti della stazione di polizia della località istriana lo avevano arrestato, poiché Cvetkovic non aveva risposto agli inviti per presentarsi al processo al Tribunale quarnerino. Infatti, il giovane è stato denunciato per furto commesso nel capoluogo quarnerino. Questa era anche il suo primo reato. Le prime indagini hanno appurato che sul corpo del Cvetkovic, il quale divideva la cella con altri quattro detenuti, non sono stati trovati segni di violenza. Inoltre, è stato escluso anche il suicidio o la morte per overdose, anche se in un primo momento nella cella era stato trovato un pezzo di carta stagnola che, come è stato appurato più tardi, era di una confezione di formaggini. Infatti, il ragazzo non aveva nemmeno un soldo per acquistare eventualmente sostanze stupefacenti e nessuno dei parenti o degli amici gli ha fatto visita. Quanto la morte del 23enne di Pinguente sia ancora avvolta dal mistero, lo dimostrano anche le parole del patologo Valter Stemberger che ha effettuato ieri l’autopsia. "In questo momento non posso esprimere un giudizio definitivo. Servirà ancora almeno una settimana per effettuare delle ulteriori analisi, poiché si tratta di un caso molto specifico". Negli ultimi due anni nel penitenziario quarnerino si sono susseguiti diversi avvenimenti che hanno dimostrato la scarsa efficienza del sistema interno. In questo senso va ricordata l’aggressione di un detenuto nei confronti di un secondino che era stato minacciato con un coltello. Poi, pochi mesi dopo, un altro detenuto è stato picchiato selvaggiamente dai compagni di cella e qualche mese fa tutte le persone che stanno scontando la pena o che sono in attesa di giudizio hanno organizzato lo sciopero della fame per protestare contro le difficili condizioni all’interno del carcere. (Il Piccolo, 27 agosto 2005)
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