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Il sovraffollamento "raccontato" con una rassegna stampa (da gennaio a luglio 2002)
AVVENIRE - Domenica 13 gennaio 2002 Castelli: carceri affollate. Assorbono la metà delle risorse «La gestione del sistema penitenziario è preoccupante: assorbe la metà delle risorse destinate alla giustizia». Il guardasigilli Roberto Castelli ha analizzato la realtà carceraria, sottolineando che «il problema è il sovraffollamento: a fronte di una ricettività di 43mila posti, al 31 ottobre erano presenti 56.189 detenuti». La finanziaria prevede l’acquisizione di carceri in leasing. LA NUOVA SARDEGNA - Venerdì 25 gennaio 2002 Floris
scrive al ministro. Un appello: chiudete il carcere
IL GAZZETTINO - Domenica 17 febbraio 2002 L’appello di Livio Ferrari, direttore del Centro francescano di ascolto. Carceri mai così affollate. Incontro a Roma per avviare un progetto sperimentale di riabilitazione
Carceri italiane mai così affollate. Una autentica emergenza di cui si è parlato a Roma, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nel corso dell’incontro tra Sebastiano Ardita, direttore dell’ufficio Detenuti e trattamento del Dap, e Livio Ferrari, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, nonché direttore del Centro francescano di ascolto di Rovigo. È stata sottolineata da parte di entrambi la necessità di un impegno ancora più forte nel mondo del carcere, attualmente in grande difficoltà per aver raggiunto le 60 mila presenze, il più alto numero di detenuti mai ristretti in Italia. «Il sovraffollamento - ha fatto presente Ferrari - è tra le cause dell’aumento vertiginoso dei suicidi, delle violenze, dei casi di autolesionismo e del grande disagio che sta segnando profondamente il corpo di polizia penitenziaria». Ardita ha accolto favorevolmente la proposta di rendere effettivo il progetto "Giovani-adulti" di cui Ferrari si è fatto promotore in questi anni, e per il quale il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il Dipartimento per la giustizia minorile hanno già predisposto un piano sperimentale. «In questo caso - spiega Ferrari - si tratta di ridare vita ai giovani figli della nostra società che, pur avendo commesso dei reati, possono ancora essere recuperati e riabbracciati a una vita sociale, senza dimenticarli per anni nelle celle e quindi perderli». «Le strade per seminare la pace - ha concluso Ferrari - iniziano dove si eliminano i fattori vendicativi, per lasciare spazio alla disponibilità della riconciliazione, il principio ineluttabile che deve valere per tutti. Non solo per il volontariato». Per informazioni sull’attività della Conferenza nazionale volontariato giustizia consultare il sito internet www.volontariatogiustizia.it, oppure telefonare allo 0425.200009. GIORNALE DI BRESCIA - Venerdì 22 febbraio 2002 Il radicale Myallonier, segretario della Commissione regionale, in visita al carcere: «Canton Mombello scoppia»
Il sovraffollamento di Canton Mombello è endemico. La conferma Giorgio Myallonier, consigliere regionale della Lista Bonino, che ha visitato ieri il carcere di via Spalto San Marco. Myallonier, che è segretario della Commissione consiliare regionale sulle carceri, non ha dubbi sulle condizioni dei detenuti. « Sono disastrose - commenta -. Penso che la situazione in questo carcere sia insostenibile quasi come a San Vittore . I detenuti sono 530, quando la struttura prevede l’accoglienza di 200 persone al massimo». Secondo l’esponente radicale «molti dei problemi di sovraffollamento sono legati anche alle leggi sulla custodia cautelare e sulla semplificazione delle procedure in materia di liberazione anticipata». A questo ultimo tema « è legata - dice il consigliere al Pirellone - un’altra situazione molto preoccupante nel caso di Brescia. Nel carcere ci sono solo due educatori. Sono loro che dovrebbero seguire i detenuti con condanne definitive per trovare lavori all’esterno e facilitarne la liberazione anticipata. Ma due non bastano se teniamo conto che uno di loro deve "coprire" anche Verziano. Il problema, tuttavia, è difficilmente risolvibile, visto che gli educatori sono di nomina ministeriale e tutto l’iter sembra essere molto rallentato». Stessa cosa vale per gli infermieri. «Anche in questo caso - ricorda il consigliere regionale - si parla di due persone solamente. Troppo poco. Noi radicali avevamo proposto di creare incentivi con fondi regionali per consolidare i numeri degli infermieri nelle carceri lombarde, ma il nostro progetto di legge regionale è stato bocciato». Le questioni di organico toccano poi anche la Polizia penitenziaria: «Gli agenti di custodia sono largamente sottodimensionati». Sul fronte dei detenuti extracomunitari, Myallonier precisa «che sono oltre il 50%. Questo provoca problemi di convivenza. Per limitare al massimo i contatti tra italiani e stranieri sono stati previsti due turni di "aria", che in questo modo sono stati dimezzati per tutti». Soluzioni per questa serie di problemi? «Di certo la direzione del carcere non può risolverli. Le soluzioni si possono trovare a livello legislativo». LA NUOVA SARDEGNA - Venerdì 1 marzo 2002 Buoncammino
sta scoppiando. Non solo le proteste per il sovraffollamento delle celle, c’è
malessere anche tra gli agenti di polizia penitenziaria
Buoncammino, è sempre la porta dell’inferno: passano i tempi, cambiano gli uomini ma la situazione è la stessa. Se i detenuti sono costretti a vivere dietro le sbarre, gli agenti di polizia penitenziaria non è che si trovino in una situazione migliore. «Siamo detenuti anche noi», ha detto qualcuno. E non è che sia una voce troppo lontana da una realtà che parla di turni stressanti e spesso massacranti, di servizi che prevedono frequenti passaggi dal colle di Buoncammino al palazzo di giustizia in piazza Repubblica per assicurare l’inizio dei processi. Per questo si sta cercando di trovare una soluzione, per evitare che l’emergenza possa presto sfociare in allarme e che si arrivi allo sciopero. Anche perché gli ultimi avvenimenti hanno messo allo scoperto un sistema obsoleto e ormai in stato comatoso. Occorrerebbe scongiurare che i possibili sviluppi negatiti di una situazione difficile, diventino domani ingovernabili. Anche perché il sovraffollamento e la mancata attuazione della legge di riforma rischiano di rendere vani i passi in avanti (e ce ne sono stati, nonostante tutto) fatti in questi ultimi tempi. L’arrivo della stagione calda e gli inevitabili disagi che si creano i questi mesi in una struttura vecchia potrebbero rappresentare un cocktail esplosivo, difficile da prevedere e da limitare. Per questo non è improbabile che nelle prossime settimane possano essere programmate alcune manifestazioni di protesta. Era accaduto in tempi recenti, sarà fatto anche stavolta? L’ARENA - Mercoledì 6 marzo 2002 Montorio carcere che scoppia. L’assistenza sanitaria è compito delle Regioni
Il carcere di Montorio è uno dei più affollati del Veneto e con alta percentuale di tossicodipendenti. Al 31 dicembre 2001 nei dieci istituti di prevenzione e pena del Veneto, che hanno complessivamente una capienza di 1374 posti, erano presenti 2.561 detenuti, con un indice di sovrappopolazione pari al 53,65%. Di questi, il 26,3% erano veneti (673), il 12,8% di età inferiore ai 25 anni, il 93,4% di sesso maschile e il 57,4% con una sentenza definitiva. Inoltre, 689 (pari al 28,4%) risultavano essere tossicodipendenti. «I problemi sostanziali della popolazione detenuta negli Istituti veneti», commenta l’assessore alle politiche sociali del Veneto Antonio De Poli, «includono quindi il sovraffollamento, che interessa soprattutto le Case di reclusione di Padova, Verona, Treviso e Vicenza e la Casa circondariale di Padova; le condizioni igienico-sanitarie, anche per effetto del sovraffollamento; la presenza di tossicodipendenti, soprattutto nelle Case circondariali di Verona Montorio, Padova, Treviso; la presenza di extracomunitari, che in alcuni casi superano i due terzi della popolazione detenuta complessiva; il lavoro in carcere e il reinserimento socio-lavorativo successivo alla pena». Le funzioni regionali in materia penitenziaria sono molteplici e variegate, e includono principalmente: assistenza sanitaria e igiene pubblica; cura e riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti; formazione professionale; reinserimento sociale e lavorativo. Una specifica area di intervento regionale nel settore delle carceri è quella del finanziamento di progetti che siano rivolti alla tutela psico-fisica della popolazione detenuta, attraverso attività motorie, sportive e ricreative. Nel 2001, ricorda l’assessore veneto, sono stati finanziati 18 progetti con una spesa complessiva di . 317.765, 10 pari a oltre 615 milioni. «La Regione», ricorda ancora l’esponente regionale, «ha inoltre avviato, in collaborazione con l’Azienda Ulss 16 di Padova, un progetto sperimentale, ora in fase di conclusione, relativo alla formazione degli operatori dei Ser.T e delle carceri in materia di tossicodipendenza, all’individuazione di un modello ottimale di intervento nel carcere, alla conoscenza dell’utenza tossicodipendente in condizioni detentive e di semilibertà». E
ancora, nel 1994, la Giunta regionale ha approvato la realizzazione di due
sezioni a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti e alcooldipendenti
presso i carceri di Venezia e Padova, il cui obiettivo è quello di garantire la
continuità dell’iter terapeutico avviato dai servizi territoriali. LA REPUBBLICA - Mercoledì 3 aprile 2002 Nelle strutture sempre più affollate monta il disagio. E non solo fra i condannati. Quando il boss dietro le sbarre rubò la luce per farsi un caffè
I
problemi delle carceri siciliane mettono d’accordo tutti, detenuti e agenti di
custodia, mafiosi e giudici. Si chiama sovraffollamento il malessere che
serpeggia - ormai non più silenzioso - nei documenti ufficiali del ministero
della Giustizia e nel tam tam di radio carcere. Dalla fortezza borbonica dell’Ucciardone
a Pagliarelli, da Termini Imerese a Sciacca, da Agrigento a Trapani: le celle
scoppiano. Tanto vale non sperare più nei buoni propositi auspicati dalla
Costituzione: "socializzazione e rieducazione dei detenuti". «Il
sovraffollamento - ha denunciato il procuratore generale di Palermo, Salvatore
Celesti - ha determinato sistematicamente la concreta impossibilità di avviare
le attività lavorative, culturali e ricreative previste dall’ordinamento
penitenziario». Le sue parole risuonarono pesantissime quel giorno, era il 12
gennaio, nell’aula magna del tribunale vestito a festa per l’inaugurazione
dell’anno giudiziario. «Piuttosto - concluse il magistrato - sono aumentati
gli atti di indisciplina e le difficoltà di governo degli istituti di pena».
Il paradosso è così diventato normalità. I nuovi «privilegiati» sono adesso
i mafiosi: le norme di sicurezza impongono che debbano stare in due per ogni
cella. I «disperati», tutti gli altri, possono essere ammassati anche in otto
in una stanza che potrebbe ospitarne al massimo tre. Benvenuti all’Ucciardone:
invece dei 372 detenuti previsti, ce ne sono 765. A Pagliarelli sono 1.119,
invece che 651. Nel carcere di Termini Imerese 125, e ne potrebbe ospitare solo
73. Ad Agrigento, 305, invece di 188. Il gruppo Abele di don Luigi Ciotti ha
calcolato che la spesa per ogni detenuto è di 13 milioni e mezzo l’anno: «Ma
i 15 mila detenuti in esubero, in tutta Italia, dicono che le condizioni di
vivibilità sono insopportabili». LA REPUBBLICA - Giovedì 4 aprile 2002 Padre Enrico Schirru denuncia il sovraffollamento delle celle. "Altro che rieducazione". Carcere, cappellani all’attacco "Si abusa della custodia"
Le
carceri scoppiano di detenuti, «a farne le spese sono i più poveri, gli
extracomunitari, che arrivano giornalmente dagli istituti del nord, perché
anche lì non c’è più spazio». I cappellani di Sicilia si mobilitano contro
i mali cronici del sistema penitenziario: sovraffollamento, carenza di strutture
e personale, «così da svuotare di significato il percorso per una possibile
rieducazione - questo l’allarme di padre Enrico Schirru, coordinatore dei
cappellani siciliani - oggi il carcere è solo afflittivo». LA
REPUBBLICA - Giovedì 23 maggio 2002
Un boom di arresti e detenzioni domiciliari. Da circa una settimana si sono moltiplicati da parte della magistratura i provvedimenti con cui vengono concessi ai detenuti che ne hanno fatto richiesta pene alternative al carcere. E’ una delle contromisure prese per fronteggiare l’emergenza Marassi. Il sovraffollamento dell’istituto di pena, con i due suicidi e le rivolte dei prigionieri dei giorni scorsi, ha obbligato le varie autorità competenti a trovare soluzioni per alleggerire una situazione da tempo esplosiva. Così, se da una parte il ministero ha ordinato una settantina di trasferimenti, in sede locale la procura ha deciso di aumentare il numero di provvedimenti che consentono ai detenuti in attesa di giudizio e a quelli che stanno scontando pene definitive di ottenere i primi gli arresti e i secondi la detenzione domiciliari. I detenuti che ne hanno potuto beneficiare nell’ultima settimana sono già alcune decine e all’interno del carcere la voce si è rapidamente diffusa e ha prodotto un raffica di istanze da parte degli avvocati. Ad uscire di cella sono stati perlopiù detenuti per furto o piccolo spaccio. E proprio uno dei primi che era tornato a casa sua, G.A., trentenne del ponente, è di nuovo finito dietro le sbarre per evasione. I carabinieri di Cornigliano, agli ordini del maresciallo Sergio Carbone lo hanno infatti sorpreso a spasso con il cane sulla collina di Coronata quando era soltanto autorizzato a raggiungere il Sert di Voltri. L’aumento di carcerati a domicilio sta creando anche grossi problemi alle forze dell’ordine che devono controllare che vengano rispettati i vincoli imposti dai giudici. Intanto, si registrano le prime reazioni polemiche da parte dei sindacati di polizia penitenziaria, sulle inchieste della procura che devono far luce sulle circostanze dei due suicidi avvenuti una decina di giorni orsono nel Centro clinico della prigione. Il Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, interviene sulla notizia secondo la quale il pubblico ministero Biagio Mazzeo avrebbe formulato l’ipotesi di reato di omicidio colposo a carico di ignoti. «Questa ipotesi - afferma il Sappe in un comunicato - è paradossale se finalizzata ad individuare eventuali responsabilità degli agenti in servizio presso il penitenziario. Da anni denunciamo lo squilibrio numerico che c’è a Marassi tra agenti (circa 200) e detenuti (non meno di 800 nonostante 450 posti letto); che di notte un solo agente controlla due piani di una Sezione e controlla, lui solo, 150 detenuti; da anni abbiamo rappresentato queste gravi problematiche alla Direzione, al Provveditorato Regionale della Liguria, al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, alla Commissione sulle carceri della Regione Liguria, alle varie inaugurazioni degli anni giudiziari, ed oggi si cercano eventuali responsabilità degli agenti?». L’ECO DI BERGAMO - Venerdì 21 giugno 2002 Carcere, 480 detenuti per 200 posti. Il direttore Porcino: «In via Gleno tutti i giorni combattiamo con il problema degli spazi»
«L’emergenza in carcere è altissima, e non solo a Bergamo: in tutta la Lombardia». Parola del direttore della casa circondariale di via Gleno Antonio Porcino, che ha riferito la situazione alla Commissione speciale del Consiglio regionale della Lombardia nel corso di un incontro avvenuto alla fine dell’anno scorso. «Gli spazi ricreativi sono ormai pari a zero - ha spiegato Porcino - perché le sale da gioco, prive di bagno, sono occupate per 2-6 giorni, il tempo che esca qualcuno per poter occupare il posto nella cella. Siamo in emergenza da mesi». Al di là degli spazi per il tempo libero, ci sono altre esigenze a cui è difficile far fronte: «Ci sono altre norme da osservare - ha proseguito Porcino - come la recinzione tra detenuto primario e detenuto recidivo: i proseliti in carcere continuano a essere fatti. La creazione di circuiti, anche per tossicodipendenti, va affrontata a monte per non aggravare la situazione, già di per sé pesante proprio per il sovraffollamento». Troppi detenuti e strutture assolutamente inadeguate: questo l’allarme lanciato dalla casa circondariale di via Gleno. Un allarme che non suona come nuovo, ma che sicuramente diventa, giorno dopo giorno, sempre più drammaticamente attuale. I detenuti attualmente sono più di 480, per una capienza complessiva di circa 200 posti. «Io vivo giornalmente sulla mia pelle il problema del sovraffollamento. Il dover combattere tutte le sere con gli arresti locali, e non avere dove andare a sistemare i detenuti è un dato di fatto che ormai da mesi ci affligge. Anche tutti i servizi corrispondenti diventano insufficienti per gente che normalmente è disperata, che non ha punti di riferimento all’esterno. Noi all’ingresso forniamo lo spazzolino, la carta igienica, il vitto, una buona assistenza sanitaria, ma non è sufficiente per chi deve farsi anche solo un anno di carcere». Le parole di Porcino sono chiare: in una situazione simile ogni intervento di risocializzazione e di rieducazione diventa un’impresa. «Che tipo di rieducazione e di risocializzazione si possono attuare nei confronti dei detenuti extracomunitari? Sarebbe opportuno pensare a corsi regionali di formazione che siano aperti anche a loro, ma che siano spendibili nei loro Paesi di origine. Penso a tutta l’area del Maghreb, che ha una buona economia in questo momento, che si sta in qualche modo rilanciando, e che ha bisogno di professionalità su cui sarebbe opportuno investire. Oggi invece agli extracomunitari facciamo fare gli uditori, perché di fatto non possono partecipare ad altri corsi di formazione, che forse servono solo per occupare il tempo libero». L’emergenza salta agli occhi, eppure per Porcino è possibile fare qualcosa di concreto proprio in questo momento di transizione, coinvolgendo il territorio, sensibilizzando associazioni di categoria. Qualcosa si è già visto, recentemente, con la disponibilità offerta da sei Comuni della Valle Seriana di assumere dei detenuti per qualche ora al giorno. Ma i progetti in cantiere, in collaborazione con Asl e Comune, sono ancora da rendere operativi. E la formazione all’interno del carcere è un altro elemento importante nel quadro della risocializzazione: «La formazione non può limitarsi ad essere un hobby - ha concluso Porcino -. Noi da anni facciamo un corso per manutentori elettrici con applicazione anche dell’informatica, quindi con una specializzazione. Ho rilevato che i formati hanno uno sbocco lavorativo fuori quando il docente ha particolari motivazioni e contatta le singole imprese. Se invece di rimettersi alla buona volontà del singolo operatore ci fosse qualcosa di veramente istituzionale, offriremmo maggiori garanzie di affidabilità al datore di lavoro». IL RESTO DEL CARLINO - Venerdì 19 luglio 2002 Troppi detenuti, dietro le sbarre si scoppia
ROMA — Le carceri italiane scoppiano di detenuti. Nei 234 istituti penitenziari, che potrebbero ospitare al massimo 42mila detenuti, sono recluse 57mila persone. Dunque, 15 mila in più rispetto alla capienza. E’ in assoluto il livello più alto dal ‘45 a oggi. Lo rivela il settimanale «Panorama», che fornisce i dati sulle categorie di detenuti: in attesa di giudizio il 40,5% del totale, più di 17mila (uno su tre) i reclusi che provengono da paesi stranieri (nel ‘90 erano il 13%). Grave la situazione dei tossicodipendenti in cella: sono 15.442, mentre 1.421 sono i sieropositivi. Per far fronte al sovraffollamento, sostiene il direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Gianni Tinebra, servirebbero una decina di istituti in più. «Occorrerebbe — calcola — uno stanziamento di almeno 160-200 miliardi di vecchie lire all’anno per un periodo di 15 anni». Lo Stato dovrebbe investire quindi da 1,2 a 1,6 miliardi di euro. Una situazione di fronte alla quale rispunta l’ipotesi di un’amnistia o di un condono.
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