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Nell’inferno delle Case Circondariali
Il Mattino, 17 giugno 2003
Il dramma è tutto racchiuso in gelide cifre. A fronte di una capienza per 1359 detenuti, il carcere di Poggioreale negli ultimi tre anni ha ospitato nelle 500 celle dei suoi 13 padiglioni una media di 2100-2500 persone. Ovvero fino a 16 persone in una stanza con unico servizio igienico, due ore d’aria al giorno, uso delle docce ridotto per il sovraffollamento, dieci educatori. Casa circondariale di Secondigliano: capienza ottimale 900 persone, media di presenze fra 1267 e 1282 nelle 568 celle con servizi annessi, docce in giorni stabiliti e quattro ore d’aria, 9 educatori. Per le detenute nel carcere di Pozzuoli, a fronte di una capienza per 84, le 24 camere sono divise tra 137-150 persone con tre ore d’aria al giorno e tre educatori. Le cose vanno meglio, se così si può dire, nell’ospedale psichiatrico giudiziario napoletano, 150 posti sfruttati in media da 168 pazienti-detenuti, nessuna associazione che partecipi all’azione rieducativa, assistenti volontari che non svolgono attività fissa per l’istituto. Il progetto varato dalla Camera Penale partenopea nell’aprile scorso, "il Carcere possibile", ha un primo prodotto nel volumetto edito a titolo gratuito da Esselibri, prefazione del sindaco Rosa Russo Iervolino e copertina disegnata da Ernesto Tatafiore. Il carcere dimenticato, discesa negli inferi delle case circondariali campane - frutto dell’impegno degli avvocati Riccardo Polidoro e Francesco Piccirillo che ha curato la parte introduttiva - inizia il difficile percorso su una strada di denuncia ma anche di proposta, affinché le "energie ancora attive del settore della giustizia" si adoprino per dare un senso al principio espresso dall’articolo 27 della Costituzione: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Una logica che, invece, come scrive il sindaco Iervolino, "fatica a farsi davvero strada nella cultura collettiva". Una "cancellazione della memoria" per Antonio Briganti, presidente della Camera penale, rispetto la quale l’intera società civile con il suo silenzio si rende complice e che, soprattutto, ha precise responsabilità politiche. Un atteggiamento riassunto in una battuta da Polidoro: "Le questioni del carcere non portano voti". "Non chiediamo l’ennesima riforma - conclude l’avvocato Claudio Botti - né puntiamo il dito sugli operatori carcerari che ci hanno aiutato nella ricerca. Con le norme attuali, però, si può e si deve fare di più". Perché altrimenti, aggiunge lo psichiatra Sergio Piro, si replicherà "la violenza addizionale e l’illegalità di sommare alla perdita di libertà le privazioni, le cimici, la mancanza di diritti".
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