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Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva alla detenzione (art. 16 comma 1 Dlgs 286/98)
Questa sanzione prevede che il giudice, nel pronunciare una sentenza di condanna nei confronti di un cittadino straniero, o nell’applicare la pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale (patteggiamento), quando ritiene di dovere irrogare una pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione dal territorio dello Stato, per un periodo non inferiore a cinque anni.
Applicabilità dell’espulsione sostitutiva alla detenzione
L’espulsione come sanzione sostitutiva alla detenzione può essere disposta nei confronti di:
Chi ha il permesso di soggiorno in corso di validità e non rientra nelle due categorie, di cui ai punti e) ed f), non può avere questo tipo di espulsione.
Esclusioni dall’applicazione dell’espulsione sostitutiva della detenzione
L’espulsione come sanzione sostitutiva alla detenzione non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi reati di una certa gravità, previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (estorsione, rapina, omicidio, spaccio di stupefacenti aggravato, reati associativi, etc.), oppure reati previsti dal Testo Unico sull’Immigrazione e puniti con una pena edittale superiore nel massimo a due anni (favoreggiamento all’ingresso di straneri clandestini, della loro permanenza in Italia, etc.).
Procedura di applicazione dell’espulsione sostitutiva della detenzione
L’espulsione sostitutiva alla detenzione si applica solo quando non può essere concessa la "condizionale", ai sensi dell’art. 163 del codice penale (per ottenerla bisogna essere incensurati, o almeno non aver subito condanne che, cumulate a quella del processo in corso, superino i due anni di pena complessiva, e anche dare garanzie sul fatto che non si commetteranno altri reati). Questo tipo di espulsione non può essere chiesta o rifiutata dallo straniero sottoposto a processo: è il suo avvocato che deve chiederla al giudice, se lo straniero vuole, oppure lo stesso avvocato deve spiegare al giudice perché lo straniero non vuole essere espulso (e preferisce scontare la pena detentiva in Italia).
Conseguenze dell’espulsione sostitutiva della detenzione
L’espulsione è eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera, tramite le forze dell’ordine, anche se la sentenza non è ancora definitiva e, contro questo tipo di espulsione, non è possibile alcun ricorso. La persona espulsa può tornare in Italia prima che siano trascorsi 5 anni, se rientra prima che sia trascorso questo tempo la sanzione sostitutiva dell’espulsione è revocata e dovrà scontare per intero la pena sostituita, oltre a subire una condanna relativa al reingresso clandestino (da 1 a 4 anni, ai sensi dell’art. 13, comma 13 bis, Dlgv 286/98).
Trattenimento in un Centro di Permanenza Temporanea
Anche se è stata disposta l’espulsione sostitutiva della detenzione, vi sono casi nei quali non è possibile eseguirla immediatamente, quindi lo straniero espulso è "accompagnato" in un Centro di Permanenza Temporanea, dove può essere "trattenuto" (in pratica, in stato d’arresto) per 30 giorni, prorogabili fino a 60 (art. 14 Dlgv 286/98), in attesa della espulsione. I casi nei quali lo straniero espulso può essere trattenuto in un Centro di Permanenza Temporanea sono i seguenti:
Trascorso il tempo massimo del "trattenimento" senza che siano venuti meno i motivi che impedivano l’espulsione con accompagnamento alla frontiera (ad esempio, perché non è stato possibile accertare l’identità o la nazionalità della persona trattenuta), lo straniero è rilasciato e gli viene consegnato il decreto di espulsione, con l’obbligo di lasciare l’Italia entro cinque giorni. (art. 14, comma 5 ter Dlgv 286/98). Se non lascia l’Italia entro cinque giorni è punibile con l’arresto da sei mesi a un anno, oltre alla revoca della sanzione sostitutiva dell’espulsione (art. 14, comma 5 ter Dlgv 286/98).
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