Il
primo permesso non lo si scorda mai
La testimonianza di una donna che racconta
le emozioni causate dall’incontro all’esterno del carcere con il proprio
compagno. Parlando di come il carcere priva le persone della possibilità di
esprimere i propri sentimenti, cancella il sesso, annienta ogni desiderio, una
detenuta della Giudecca aveva usato la definizione di "carcere svuota -
sentimenti". E il carcere spesso fa esattamente questo, consuma qualsiasi
sentimento. Però a volte, nel deserto della carcerazione, succede anche il
miracolo di una storia che nasce e cresce a dispetto della galera. è quello che
testimonia una donna che ci ha scritto, raccontandoci l’emozione del primo
permesso del suo compagno, che è stato, per tutti e due, il primo incontro
fuori, nel mondo "libero". Una boccata d’aria davvero, anche per noi
che ci battiamo perché finalmente in carcere si aprano degli spazi nuovi per la
cura degli affetti.
Ornella
Favero
Vorrei parlarvi di una giornata particolare: il primo permesso premio del mio
ragazzo, avvenuto dopo cinque anni di detenzione. Conosco M. da due anni, l’ho
conosciuto lavorando dentro, quindi per noi è stato il primo incontro fuori dal
carcere: dodici ore, divieto di usare mezzi privati, obbligo di dimora in un
piccolo comune, nella sede di un’associazione che ospita detenuti in permesso
premio. Un terzo del permesso lo abbiamo trascorso sui mezzi pubblici, ma questo
è stato poco importante, perché anche solo prendere un tram insieme ha
rappresentato un’esperienza nuova per entrambi! Per un attimo M. ha avuto
timore ad attraversare la strada. Le macchine gli sembravano troppo veloci,
allora lo abbiamo fatto prendendoci per mano. Non ricordava più le vie della
città. Mi ha dato 100 euro chiedendomi che, non conoscendoli, fossi io ad
usarli, e si è soffermato a guardare smarrito le monetine di resto di un
pacchetto di sigarette che abbiamo acquistato. Ha telefonato a casa, e le cabine
telefoniche di nuova concezione gli sono sembrate troppo futuristiche rispetto
alle vecchie. Nei suoi occhi disorientati ho colto un po’ di sofferenza, anche
al ristorante, quando ha affermato che le posate erano troppo pesanti… In
carcere sono consentite solo quelle in plastica.
Dopo due anni di sguardi, di lettere e di brevi colloqui, ci siamo ritrovati da
soli… non ci sembrava vero! Sia io che lui la notte precedente non avevamo
quasi dormito; l’ansia e le piccole paure di scoprirsi di fronte all’altro,
che già nella normalità possono creare un certo imbarazzo, sembrano ampliarsi
dopo cinque anni di lontananza da una donna per lui e dopo i miei due anni di
attesa. L’unico modo per vivere quel momento è stata la naturalezza, la
spontaneità dei gesti… la lentezza dei preliminari… la dolcezza di uno
sguardo innamorato che ti dice: "Tranquilla, qualsiasi cosa accada ve
bene". È importante sentirsi accettati per quel che si è. Ci siamo amati
con la stessa intensità degli sguardi e delle lettere di questi anni…
Lettera
firmata