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Chang, il mio lavoro? Fare rapine, ma solo ai cinesi
Si chiama Chang, è un giovanissimo cinese che ci fa arrivare la sua testimonianza dalle pagine di Garçon, la rivista dei ragazzi rinchiusi nell’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo. Una testimonianza da certi punti di vista sconvolgente, nella sua crudezza e sincerità: perché ci racconta di un mondo, dove tutto finisce appiattito, e anche gli adolescenti, che arrivano nel nostro paese da realtà come la Cina, diversissime dalla nostra, o che crescono in Italia in famiglie, con culture e tradizioni lontane e poco comunicanti con quelle locali, sono poi inglobati in una società, dove a contare sono le stesse cose per tutti, i vestiti di marca, il bere per essere accettati nel gruppo, il tempo libero da "ammazzare" in discoteca, i soldi in quantità e guadagnati in fretta. Niente di tragico, per carità, se non fosse che per conquistarsi questi "privilegi" i prezzi da pagare sono alti, gli stessi che hanno portato in carcere tanti adulti. Rovinarsi la vita, poi, è un attimo, soprattutto se si è così ingenui e privi di difese come Chang, che la sua esperienza di rapinatore la racconta con un candore perfino disarmante.
Ornella Favero
Ho scelto questo lavoro perché è molto facile e si guadagnano molti soldi in poco tempo. Io faccio questo lavoro con i miei amici, cioè cinque o sei persone. Lo facciamo in grande e sempre tra noi cinesi. Qualcuno adulto ci dice: "Questo uomo è ricco, in questa casa ci sono tanti soldi". Dopo noi seguiamo per un po’ di tempo i movimenti di questo uomo ricco, la casa sua e, dopo due, tre giorni, con i miei amici cominciamo il vero lavoro. Quando abbiamo finito il lavoro, se ci va bene, ci dividiamo i soldi. Con questi si va in discoteca, a ballare, a bere, oppure a mangiare, comprare vestiti di marca. Noi questo lavoro lo facciamo solo tra noi cinesi e non facciamo danni alle altre persone, come agli italiani, perché è più facile trovare le persone da derubare e "il lavoro" ci fa guadagnare di più ed in modo meno difficile e pericoloso. È ancora meglio anche perché c’è sempre qualcuno che ci fa conoscere il posto, invece all’italiano è impossibile perché non si conosce la persona né il posto. Le armi le troviamo in un negozio a nero e si comprano senza problemi. Noi abbiamo quasi tutti la stessa età: qualcuno ha 17 anni e gli altri, al massimo, arrivano a 20 anni. La prima volta che sono andato a fare una rapina avevo un po’ di paura perché non sapevo come si faceva, ma dopo io guardo un amico mentre rapina e imparo come si fa. Passano uno o due giorni e già so come si fa a rapinare. Dopo, con i miei amici vado a rapinare e non mi sento male. La prima volta che mi ha preso la polizia certo mi sono impaurito ed anche quando il giudice mi ha dato tanti anni di carcere. Quando sono entrato in carcere mi sono un po’ tranquillizzato perché il mio educatore mi ha insegnato tante cose buone e mi ha detto anche: "Quando esci fai il bravo ragazzo, così il tuo futuro sarà migliore" .
Chang
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