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Ecco i ragazzi che la nostra scuola perde per strada
Un’insegnante del carcere di Rovereto, Gianna Mantovani, ha curato una "illuminante" inchiesta sul "passato scolastico" dei suoi studenti-detenuti, che poi è stata pubblicata su Dentro, il periodico della Casa circondariale di Rovereto, con un titolo che è una frase di don Lorenzo Milani: "La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde". Sarebbe utile che anche gli insegnanti che insegnano nelle scuole "normali" leggessero alcune di queste testimonianze, per riflettere su quello che la scuola troppe volte non fa: dare un’attenzione vera alle persone e cercare di non lasciare per strada i ragazzi che faticano a stare al passo con i bravi, gli inseriti, gli "inclusi".
Ornella Favero
Ho frequentato la scuola elementare e media in diversi collegi In uno di questi ho incominciato a rubare. A scuola non ero fra i peggiori, avrei voluto continuare a studiare ma non c’erano collegi che potessero accogliermi dopo i 15 anni, così a 15 anni e mezzo sono finito in riformatorio. Ero un ragazzo molto vivace e lì dentro ho imparato molte cose, ho conosciuto molte persone con i miei stessi disagi e ho capito che l’unica strada era fare il delinquente. Non ricordo la scuola del riformatorio, evidentemente poco visibile, poco efficace. Adesso sono qui, in carcere, frequento la scuola ma credo sia tardi per recuperare e il mio sogno di fare l’architetto rimarrà sempre solo un sogno.
Gaetano
Ricordo i primi anni di scuola come un esilio. Ricordo il distacco da mia madre. Non mi interessava stare a scuola, i miei veri interessi erano al di fuori di essa e cominciai a trasgredire, le compagnie mi attiravano di più che l’aver successo a scuola. Mi sono sentito il "bulletto", il leader del gruppo, quello che non aveva più niente da imparare nella scuola e tutto quello che si faceva lì dentro era mortalmente noioso: in classe nessuno mi faceva sentire importante come nel gruppo.
Gianni
La scuola di quando ero piccolo era una scuola sbagliata. Io ero un bambino molto vivace e aggressivo e gli insegnanti credevano fosse facile domarmi. Io ero più forte di loro, facevano i duri con me ma io ero più duro di loro, per loro le cose che facevo erano tutte sbagliate e io ero già segnato, da me si aspettavano solo trasgressione e non ho ricordi di qualcuno che mi abbia detto "bravo" una sola volta. Possibile che fossi un tale disastro sempre e comunque? Ogni tanto mi viene il dubbio che se in quei primi anni avessi trovato, anziché un collegio e degli insegnanti che pensavano solo a difendersi, delle persone sensibili, coscienti di quanto stava succedendo in me, forse la mia storia sarebbe stata diversa… o forse no!
Massimiliano
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