Giovanni Tinebra

 

Tinebra: “Primo, recuperare le vecchie carceri”

 

Messaggero, 26 luglio 2001

 

Dall’arresto degli esecutori delle stragi di Capaci e via D’Amelio alla guida di un sistema penitenziario sotto accusa che tira avanti sul filo dell’assurdo e che il Guardasigilli conta di ricostruire dalle fondamenta. Ma Giovanni Tenebra, fino a ieri procuratore capo di Caltanissetta, è sereno. E ricorda che quando è arrivato in procura, nel ‘92, ha trovato un piccolo ufficio che in nove anni è cresciuto per numero di magistrati e di inchieste svolte, fino ad arrivare ai successi di questi anni sulle stragi di Falcone e Borsellino e sulle cosche mafiose locali, che sono state scardinate. Tinebra dice che l’ufficio che lascia in questi giorni per Roma “è il primo in Italia per i risultati conseguiti, le nostre ipotesi d’accusa sono sempre state accolte dai giudici della corte d’assise e confermate in appello. Dispiace non poter vedere concluse alcune inchieste che avevo avviato, ma credo che il nuovo incarico mi darà soddisfazione. Tinebra è il successore, su una delle più roventi e apparentemente delicate poltrone romane, dell’ex procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli: passato sotto le forche caudine del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, prima di approdare a Eurojust.

Dottor Tinebra, a Roma non troverà un piccolo ufficio che potrà crescere, ma il cuore di un circuito penitenziario in condizioni insostenibili: 57mila detenuti sono un record assoluto e, scartata l’amnistia, nessuno vede soluzioni a breve termine. Come farà?

“È una questione centrale. Ma un grosso problema è costituito da tanti problemi più piccoli da affrontare. L’importante è il primo passo, sono importanti le prime mosse, decise avvedutamente e non avventatamente. Finora ho guardato il carcere dal mio punto di vista di magistrato. Ora lo guarderò sotto il profilo dell’esecuzione penale quotidiana. Non ho fatto un corso di magia, non ho la bacchetta magica. Ma un buon passo certamente sarà rendere reali i circuiti differenziati”.

Questo significherebbe separare finalmente i detenuti in 41bis, il carcere duro riservato ai boss del crimine, dai detenuti comuni e dai tossicomani.

“Questo è necessario e urgente: il regime del 41bis va mantenuto, sempre garantendo l’umanità del trattamento, e bisogna individuare possibili sistemazioni per la custodia attenuata dei tossicodipendenti”.

Si potrebbero utilizzare le case mandamentali, quasi del tutto dismesse?

 “Si potrebbe. Come primo gesto, studierò la mappa delle condizioni degli istituti, per capire da dove cominciare per trovare nuove sistemazioni”.

Il ministro Castelli ha criticato la chiusura del carcere - isola di Pianosa, ipotizzando di rientrarne in possesso per riaprirlo. È d’accordo?

“La riapertura è possibile, riflettendo sulla storia di Pianosa come “speciale” negli anni delle stragi e del terrorismo. Gli scenari non sono più quelli e penso all’uso delle isole non come bunker per i boss, ma come luoghi destinati alla custodia attenuata, ai detenuti avviati al lavoro”.

Storicamente, il dibattito tra falchi e colombe dell’esecuzione penale è sull’equilibrio tra custodia e trattamento, tra carcere aperto e sicurezza. Lei è un falco o una colomba?

“Io sono per l’equilibrio: custodia e trattamento sono facce della stessa medaglia. L’una non esclude l’altro. Senza che il privilegio di uno dei due concetti indebolisca l’altro”.

È una sorta di quadratura del cerchio tra le varie anime del carcere: detenuti, poliziotti penitenziari, direttori, volontari. Ha una ricetta?

“Ho un ricettario. Una grande attenzione e una grande volontà di lavoro. Spero di fare qualcosa di positivo”.

Il ministro Castelli ha definito tre certezze: certezza del reato, certezza del processo e certezza della pena. Come magistrato e neo direttore del D.A.P. sottoscrive?

“Sottoscrivo pienamente”.

 

Tinebra “Così risanerò le carceri”

 

La Stampa, 26 luglio 2001

 

“Vado alla direzione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria con l’idea che ci sarà parecchio da lavorare e mettere molte cose a posto”. Del suo nuovo incarico di direttore del D.A.P., Giovanni Tinebra ne parla dall’ufficio di procuratore della Repubblica di Caltanissetta, che ha guidato dal luglio del ‘92 ad oggi, coordinando le inchieste sulle stragi di Capaci d di Via d’Amelio. “Non conosco ancora i meccanismi del D.A.P., dice Tinebra, ma spero di non rimanervi troppo lungo, giusto il tempo necessario per dare un senso a questo nuovo incarico, a cui sono stato chiamato”. L’ex procuratore di Caltanissetta dichiara di non prevedere di restare sulla poltrona da numero uno dell’amministrazione penitenziaria per i prossimi cinque anni della legislatura del governo Berlusconi, che lo ha proposto come direttore del D.A.P..

“Non voglio fossilizzarmi in quell’ufficio - afferma Tenebra - anche se è un ruolo di prestigio, mi auguro di concludere presto e con successo quest’incarico”. Sul giro di vite annunciato dal ministro della giustizia, Roberto Castelli, che riguarda la gestione dell’istituto degli Istituti di pena e il sovraffollamento delle carceri, Ginevra non si sbilancia. “Non voglio entrare nel merito delle dichiarazioni programmatiche fatte dal ministro - afferma il neo direttore del D.A.P., per me è troppo presto per affrontare questi argomenti. Adesso, da magistrato, posso dire che c’è una carenza di Istituti di pena, ritengo che siano insufficienti. Per quelli che vi sono già bisognerà rivedere il loro stato di salute”.

 

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