Sergio Segio

 

Il vertice G8, le carceri strategia del polverone

 

Il Mattino di Padova, 29 giugno 2001

 

Il trucco è vecchio, ma a quanto pare funziona sempre: gridare al lupo per distrarre dai problemi reali. Il lupo è, secondo la rivelazione di un quotidiano, una circolare del Viminale che allerta i prefetti di tutte le città, affinché a loro volta allertino i direttori dei penitenziari di tutta Italia, sul rischio estivo di rivolte, attentati e assalti nelle carceri, contestuali al G8 di Genova. Tale complotto criminale sarebbe pilotato o ispirato dai detenuti sottoposti al regime speciale di “carcere duro”. L’unico complotto, qui, sembra essere quello contro l’intelligenza e contro un modo co-struttivo e razionale di affrontare i problemi, prevenendone la pur possibile degenerazione.

Un complotto che sta crescendo di giorno in giorno a suon di veline, di allarmismi, di omissioni politiche e di acriticità dell’informazione. Perché se quello è il lupo, i problemi reali sono quelli di 54.831 reclusi (a fronte di 42.775 posti nelle celle) nelle carceri italiane in condizioni disastrose senza che vi sia chi, per dovere istituzionale e per specifica competenza amministrativa e politica, proponga e si adoperi per una qualche soluzione, certo d’equilibrio, certo nel rispetto della legalità e della difesa dei cittadini dal crimine, ma che affronti con razionalità e possibilmente con senso di misura e di umanità questo problema. Problema lasciato insoluto dall’insipienza politica del governo e dell’opposizione nella passata legislatura e che si è dunque e pertanto aggravato. Problema che rischia ora, a ridosso del supplemento di disagio provocato dal caldo in quelle celle strapiene all’inverosimile, di sfociare in un’emergenza e in un’esplosione.

Esplosione non di violenza, come forse vorrebbe qualcuno in qualche autorevole ufficio, ma di sofferenza e di condizioni di vita disumane. Per prevenire quest’esplosione bisogna fare qualcosa: per cominciare, evitare di strillare al lupo e di creare artatamente allarmismi strumentali. Ma, contemporaneamente, individuare soluzioni di emergenza a brevissimo termine per tamponare una situazione a rischio di rapidissimo degrado. Attorno al G8 e al controvertice di Genova e, ora, attorno al malessere carcerario ci sembra si stiano addensando i miasmi di una nuova “strategia del polverone”, forse preludio a quella, più drammatica, della tensione, che abbiamo già e purtroppo vissuto 30 anni fa e che non vogliamo si ripeta.

Per fugare polveroni c’è bisogno allora di fare entrare un po’ di aria: sia nelle carceri, sia nel dibattito politico attorno alle iniziative di Genova. Anche per scongiurare il pericolo di profezie che, velina dopo velina, disattenzione dopo disattenzione, ritardo dopo ritardo, rischiano di autoadempiersi.

C’è bisogno che, davanti alla drammatica estate carceraria che si profila, con il carico probabile di disperazione, suicidi e quant’altro, il nuovo Parlamento non nasconda la testa sotto la sabbia, come ha fatto quello precedente, e ritrovi il coraggio e la lungimiranza di scelte capaci di umanità e di riforma.

 

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