Suor Gervasia

 

Suor Gervasia, la pazzerella di Dio 
che vorrebbe liberare tutti i detenuti

 

Il Giornale, 4 febbraio 2001

 

Suor Gervasia, volontaria carceraria in Roma

La gente mi ferma per strada: “Madre, vergogna! Non pensa a quello che hanno combinato?” No che non ci penso. Non voglio pensarci. Dipendesse da me, lì vorrei tutti liberi. Dimmi un po’: chi è stato il primo a riconoscere la divinità di Gesù, crocifisso come un infame, come il peggiore dei malfattori? Ecco, lo dicevo io che sei un miscredente. Disma è stato! E chi era Disma? Un delinquente, il buon ladrone. 

Adesso non mi ricordo se era quello a destra o a sinistra della croce... Il perdono cristiano contempla la riparazione del danno inferto? Infatti riparano stando in carcere. Ma non è giusto trattarli da malviventi per tutta la vita. Perché a un certo punto tutti hanno cominciato a parlare di amnistia e di indulto e poi non se n’è fatto nulla? Colpa degli avvocati. Sono stati loro a far credere che per il Giubileo i politici avrebbero spalancato le porte. Invece, hai visto? Neanche il Papa hanno ascoltato. 

A Rebibbia, l’ho portato a benedire quelli ristretti. Non li hanno fatti uscire nemmeno quel giorno. E lui mi ha guardato con palese commozione. Palese! Giubileo significa libertà degli schiavi. Bisognava costruirlo ‘sto ponte per far uscire gli ultimi. Perché sono soltanto gli ultimi che finiscono in gattabuia. I primi o scappano o hanno i miliardi per comprarsi la libertà. È giustizia questa? Una vera discarica. Vera! 

Caselli ha la maggior responsabilità nel far funzionare la giustizia. Invece è tutto perso dai problemi della sicurezza. Tu devi sapere che non esiste detenuto che possa ottenere un beneficio di legge se prima non ha parlato con un educatore del ministero. 

E sai quanti educatori ci sono a Rebibbia per milleseicento persone? Dieci, facciamo quindici, toh! Certo che ci finirò, in carcere, una volta o l’altra. Vorrei che mi rinchiudessero nel mio carcere. Io intanto prego perché nessuno resti a Rebibbia.

 

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