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I ragazzini stranieri arrivano ed hanno bisogni immediati
A volte invece ci sono ragazzi inviati per la prostituzione, per lo spaccio di droga e per mandarli a rubare
(Realizzata nel mese di ottobre 2004)
di Stefano Bentivogli Tina Ciccarelli è una delle fondatrici dell'associazione Famiglie padovane contro l'emarginazione, che da qualche anno si occupa anche dell'accoglienza dei minori non accompagnati, che vengono seguiti sotto tutti gli aspetti e spesso per periodi superiori a quelli coperti finanziariamente dalle rette degli enti pubblici. La presenza e la conoscenza del territorio ne hanno fatto un importante referente al quale ricorrere per situazioni che si presentano quasi sempre come emergenze. I servizi sociali e le forze dell'ordine si affidano molto spesso all'associazione che, per la sua flessibilità e dinamicità, riesce a dare risposte dove per lo Stato è praticamente impossibile. Ci siamo fatti raccontare da Tina la sua esperienza.
Qual è l'attività dell'associazione nei confronti dei minori stranieri non accompagnati a Padova? L'associazione ha cominciato ad occuparsi dei minori stranieri non accompagnati di Padova a partire da una richiesta fatta dagli operatori di strada circa cinque anni fa. Avevano trovato alcuni minori rumeni, in stazione, con forti disagi, vittime di bande organizzate che li mandavano a rubare approfittando della minore età e della non punibilità. Essendo la nostra un'associazione che dà un forte spazio ai bisogni, ci siamo subito organizzati per dare una risposta in questo settore. Avevamo un appartamento, dove viveva già una coppia di stranieri, con dei posti liberi e li abbiamo portati lì. Ci siamo messi in contatto con il Comune ed abbiamo approntato una modalità per gestire queste situazioni. Certamente non eravamo molto preparati all'inizio, però credo che il senso dell'accoglienza aiuti molto l'operatore sprovveduto, così ci siamo in qualche modo istruiti sulle loro situazioni in questi 5 anni, perché lavorare con gli stranieri, soprattutto con i minori, necessita della conoscenza delle modalità e delle regole che ci sono nei loro paesi, soprattutto le regole educative che a volte contrastano con i nostri modelli.
Da dove vengono i minori stranieri qui a Padova? I minori stranieri vengono da tutte le aree del Maghrebi, ma soprattutto dal Marocco, poi anche dal Camerun, dal Senegal e da altri paesi, ma in maniera molto ridotta. Venivano in molti dall'Albania, fino a quando l'Albania non ha deciso di entrare nell'Unione europea ed ha fermato i flussi di immigrati clandestini. Poi vengono dalla Romania e dalla Moldavia, adesso sono cominciati ad arrivare anche gli iraniani, i pakistani, gli iracheni. In questo momento l'etnia dominante è quella moldava, più forte anche dei rumeni perché pure i rumeni, avendo l'aspettativa di entrare nell'Unione europea, hanno ridotto i loro arrivi. Sicuramente tra di loro c'è un passaparola e lo si nota dal fatto che c'è il periodo che arrivano tutti da Bacau, un altro che arrivano tutti da Chisinau – Moldavia, da Casablanca, da Ben-imlail; arrivano sicuramente in cordata. Io ho la presunzione di dire che qui a Padova si trovano abbastanza bene, perché noi abbiamo una struttura familiare ed accogliente.
È chiaro che se devono rimanere qui devono comunque integrarsi con la nostra realtà
Come è organizzata l'accoglienza di questi minori? L'accoglienza è in ogni caso un momento improvviso, perché quando il minore arriva c'è il bisogno immediato di collocarlo. I ragazzi sono inviati dalla polizia, dai vigili del Comune e soprattutto dai servizi sociali anche di comuni fuori da Padova. Il ragazzino arriva ed ha bisogni immediati, allora c'è la Casa di pronta accoglienza dove in genere si resta per tre/quattro mesi. Questo è il periodo dove si comincia a fare un po' di scolarizzazione, tutte le visite necessarie per poter vivere in comunità, gli esami per la tubercolosi, le malattie infettive. Comunque i primi passaggi da parte nostra sono insegnargli come viviamo in Italia, sicuramente rispettando la loro identità culturale, ma è chiaro che se devono rimanere qui e fare un programma di lavoro, di vita, di scuola devono comunque integrarsi con la nostra realtà. Questo è il compito primario nei primi tre mesi. Dopo passano in un'altra struttura, a volte nostra, a volte di altre comunità, e lì si comincia il programma vero e proprio che dipende dall'età che hanno, perché con la legge Bossi-Fini bisognerebbe essere in Italia da un certo numero di anni per poter ottenere il permesso di soggiorno una volta raggiunta la maggiore età. Finché sono minorenni esiste il permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati, che però non permette loro di andare a lavorare, noi d'altra parte preferiamo fargli fare un percorso di scolarizzazione, di istruzione e di formazione professionale in modo che arrivino al diciottesimo anno di età avendo finito uno stage. Questo gli permette poi di essere inseriti a livello lavorativo dove hanno svolto lo stage, oppure siamo noi a cercare un altro posto di lavoro. Arrivati a 18 anni, per altri tre mesi il comune risponde ancora per loro, e questi tre mesi sono quelli che consentono a noi di poterli mettere in una struttura "altra". Abbiamo delle persone che affittano stanze, cerchiamo sempre di trovargli situazioni adeguate dove anche loro siano agevolati nel non dover necessariamente deviare. Così cominciano a lavorare e per tre mesi noi continuiamo a mantenerli, ad aiutarli, anche a tenerli in struttura quando ci sia disponibilità di un posto letto. Dopo i tre mesi cominciano ad impegnarsi personalmente per coprire le spese necessarie alla loro vita. Normalmente sono molto giovani, quindi non manca mai da parte nostra una accoglienza forte, per cercare di non farli sentire mai abbandonati. Questo è quanto riguarda i veri minori non accompagnati. Ci sono poi i minori che arrivano con una famiglia, che è clandestina, irregolare per l'immigrazione. Questi non sono in grado di mantenerli, soprattutto i popoli dell'est sono abbastanza duri e spesso ti trovi con questi ragazzini dei quali, a volte, ipotizzi che dietro possa esserci anche la famiglia. A volte invece arrivano ragazzini inviati, e questa è la parte più grave della storia, per la prostituzione, per lo spaccio di droga, per andare a rubare, cioè ci sono delle bande organizzate che li fanno venire qua in Italia. La Moldavia è addirittura stata denunciata a livello internazionale per traffico di minori per l'espianto di organi e credo che probabilmente, per entrare in Europa, dovrà fare una bella pulizia all'interno ed eliminare questo problema. Un clandestino minorenne, per arrivare in Italia, paga dai 2.500 ai 5.000 euro alle organizzazioni che poi li portano qui, è evidente che quando arriva dovrà rendere molto e molto di più, in qualsiasi modo.
Il nostro messaggio è "io ti sto aiutando, non voglio nulla in cambio"
Questi ragazzi che bisogni hanno oltre a quelli normali di trovare un lavoro, di avere un'istruzione, e in che modo riuscite ad andargli incontro? Il primo bisogno per loro è quello di sentirsi veramente accolti senza un modello ricattatorio, la prima cosa da vincere per loro è questa. Il nostro messaggio è "io ti sto aiutando, non voglio nulla in cambio", vogliamo insegnargli che avere un lavoro è un diritto, avere una casa è un diritto, non che debbano pagare una terza persona per ottenere un posto letto o un lavoro. Poi ci sono situazioni di ragazzi che arrivano con genitori separati, con famiglie distrutte, genitori alcolisti, e qui i bisogni diventano forti. Sono i bisogni che hanno anche i nostri stessi ragazzi, solo che avendo alle spalle storie molto più dure, questi sono sì ragazzini, ma sono anche adulti, diventati adulti di corsa e per forza. Tu quindi devi capire come trattare con loro, devi essere rassicurante ed affettivo quando serve, ma soprattutto ricordarti che sono dei piccoli adulti con storie bruttissime
È bello lavorare con questi ragazzi e vederli crescere
L'associazione cerca in qualche modo di mettere in contatto i ragazzi con le loro famiglie all'estero? Immediatamente, perché è una grossa necessità. Ci sono ragazzi che arrivano comunque da posti dove non c'è telefono, non c'è assistenza sociale, e se c'è sono cose che non funzionano come da noi. In linea di massima comunque tendiamo a metterli in contatto con la loro famiglia, e permettiamo ai ragazzi di telefonare a casa, quando c'è il telefono, una volta alla settimana, oppure di mettersi d'accordo con i genitori che, il sabato ad esempio, vanno in un negozio vicino a casa dove c'è il telefono e noi li facciamo raggiungere così. Mantenere il legame familiare è comunque basilare. Poi hanno bisogno di cure dentistiche, hanno bisogno di un sacco di cose questi ragazzi; molto spesso arrivano qui in situazioni di debilitazione fisica, e dopo un anno lo vedi: sono cresciuti di dieci centimetri, sono ingrassati, stanno bene di colorito, sono vivaci, insomma è bello lavorare con questi ragazzi e vederli crescere. Soprattutto credo sia doveroso integrarli con i ragazzi italiani, cosa che noi tentiamo di fare sempre. Cerchiamo di facilitarli nel mantenere i contatti con le nuove amicizie che fanno, ed evitiamo che abbiano rapporti con persone solo della loro etnia. Questi ragazzini all'inizio sono spesso un po' razzisti, tendono a dividersi in gruppi: i marocchini solo tra di loro, i moldavi con i moldavi, i rumeni con i rumeni, noi allora gli appartamenti li facciamo misti, primo perché ciò è importante per imparare la lingua, in secondo luogo perché devono imparare a convivere con tutti gli altri. Dopo dobbiamo aiutarli ad imparare le regole del vivere quotidiano, non solo a livello personale: spegnere sempre la luce, non fare una lavatrice per lavare un solo paio di scarpe. La mediazione delle regole sociali, ecco, questo è molto importante ed è quello che tentiamo di fare.
Il permesso di soggiorno, c'è il ragazzino che comunque lo ottiene, ce ne sono altri che non l'avranno mai
Tra questi ragazzi c'è qualcuno che invece arriva dagli Istituti di pena minorili? Qual è la differenza tra loro e quelli che, fortunatamente, l'esperienza del carcere non l'hanno fatta? La maggioranza dei ragazzi non ha fatto l'esperienza del carcere, esistono poi strutture abbastanza specifiche per chi arriva dal carcere; quando queste sono sature, allora fanno il giro delle altre strutture e quindi arrivano anche da noi. Non è facile lavorare con questi ragazzi perché dovresti avere una struttura tutta per minori che arrivano dal carcere, e la cosa non mi piace, perché ripetere il modello carcerario, anche nelle strutture di accoglienza, proprio non va bene. Noi tentiamo di tenerli come tutti gli altri ragazzi, ma è difficile per loro accettare ad esempio la regola degli arresti domiciliari, è quasi impossibile per un ragazzino di 16 anni. Noi tendiamo a farli uscire dal carcere per immetterli nel mondo della scuola o nella fase propedeutica al lavoro, una vita come gli altri insomma. Alle volte questi ragazzi fanno uso di sostanze stupefacenti ed è difficile perché, in carcere, c'è la vecchia regola che se tu rompi basta darti 50 gocce di tranquillanti in più e stai tranquillo. Proprio in questi giorni è uscito un ragazzo dal carcere, noi lo abbiamo accolto, ma non ci è stata data alcuna indicazione su quali farmaci gli fossero stati prescritti. Ci troviamo a fare delle verifiche con lui che dichiara che dentro prendeva 120 gocce di vari farmaci, col rischio di lasciarlo in crisi di astinenza e di vederlo scappare via. Quindi è molto difficile organizzarsi, anche dal punto di vista sanitario. Poi quelli che escono dal carcere hanno poche aspettative per il rilascio del permesso di soggiorno, anche se la regola oggi non è uguale per tutti, c'è il ragazzino che comunque lo ottiene, ce ne sono altri che non l'avranno mai.
A volte i ragazzi sono ricattati, quindi obbediscono alla legge del più forte
I minori con cui l'associazione ha a che fare continuano ad avere rapporti con gli stranieri che sono qui a Padova? Tra questi rapporti ci sono mai stati problemi dovuti a collegamenti con persone che non vivono nella legalità? Sì, anche perché ci sono minori che vengono inviati già dal loro paese, proprio perché minori, solo per delinquere. Siccome non possiamo tenerli prigionieri, perché io, mio figlio di 16 anni, al pomeriggio due ore lo lascio uscire, così possono uscire loro. Per quanto attenti noi siamo ed abbiamo anche una specie di tam-tam che ci riferisce alcune cose, non sempre è semplice avere chiarezza sui loro rapporti. A volte i ragazzi sono ricattati, quindi obbediscono alla legge del più forte comunque: obbediscono allo zio spacciatore, per esempio, verso il quale hanno un debito perché li ha fatti arrivare in Italia, e i soldi vanno restituiti, anche perché poi potrebbe essere penalizzata la sua famiglia.
Sono ragazzi che vengono strappati dalla loro cultura, dalla loro famiglia, dalla loro storia
Questo solo tra quelli che sono stati in carcere o è una situazione generale? No, è un po' così tra tutti. Poi ci sono anche quelli che sono i classici bravi ragazzi che sono arrivati qui veramente per aiutare una famiglia poverissima. Poverissimi in realtà lo sono tutti, poveri disgraziati lo sono tutti, perché ricattati o meno, sono ragazzi che vengono strappati dalla loro cultura, dalla loro famiglia, dalla loro storia e comunque, in un modo o nell'altro, sono in cerca di fortuna qui. Noi non facciamo differenza se vengono dalla strada o da situazioni particolari; abbiamo ragazzi che hanno fatto qui un ottimo percorso, che veramente venivano dalla strada ed andavano a rubare, erano ricattati e ricattabili. Anche in questi casi ci siamo riusciti, ma costa parecchio impegno. Normalmente cosa si prova a fare per proteggere i ragazzi da situazioni di ricatto esterno, visto che si è scelto di non farli vivere in condizioni simili alla detenzione? C'è una sola cosa che si deve fare, volergli bene. Questo è un grande deterrente, dopodiché li proteggi, fai in modo che gli operatori escano con loro, al sabato li portiamo in discoteca, come fai a non portarli, ed un operatore va con loro. Cerchiamo di essere presenti in maniera massiccia, ma è una presenza che passa soprattutto per l'affettività. Non puoi non dare un corrispondente affettivo, se vuoi il loro bene, devono entrare in relazione con te, altrimenti possono stare buoni e bravi per avere il permesso di soggiorno e poi, a 18 anni, fuggire e ricominciare.
La migrazione dei minori è stato un fenomeno al quale nessuno era preparato
Come si è evoluto il fenomeno dei minori non accompagnati a Padova in termini quantitativi? In quest'ultimo periodo c'è una escalation, stanno arrivando un sacco di ragazzi. Non c'è mai linearità negli arrivi, ma c'è stata una progressiva crescita in questo ultimo semestre, mentre nel semestre precedente c'era stato un momento di stasi in cui sembrava che non arrivassero più ragazzi. Adesso stanno cominciando ad arrivare di nuovo con grande prevalenza delle etnie dell'Europa dell'Est. La migrazione dei minori in questi termini è stato un fenomeno al quale nessuno era preparato, così siamo dovuti crescere tutti, anche a livello istituzionale. C'è stata una buona sinergia, per esempio l'assessorato alle Politiche sociali è molto sensibile alla presenza dei minori non accompagnati, in questo momento la collaborazione sta andando bene, gli assistenti sociali sono attenti ai bisogni dei ragazzi, insieme si elaborano le strategie per ottimizzare i percorsi.
In termini di capacità ricettiva delle strutture, come vanno le cose? La capacità è bassa, a volte si fa fatica a fronteggiare le emergenze. In questo momento da noi abbiamo il "tutto esaurito", altre strutture hanno parecchi ragazzi anche loro e ci sono strutture fuori Padova che vengono coinvolte nell'accoglienza di questi ragazzi, ce n'è a Mestre, a Treviso, per cui se non si riesce ad accogliere a Padova ci si sposta fuori provincia.
"Quando avrò il permesso di soggiorno mi troverò una casa lavorando..."
Questi ragazzi, una volta arrivati alla maggiore età, quante possibilità hanno di stare lontani da situazioni che li possono portare ad avere problemi con la legge? Le possibilità ci sono perché durante il periodo che stanno da noi riescono molto spesso, vorrei dire sempre ma non è proprio così, a capire che è più conveniente vivere una vita normale, senza inseguire il sogno di guadagnare come un calciatore, ma di avere la serenità e la tranquillità di vivere tutti i giorni. Spesso dopo la maggiore età recuperano la capacità di portare qui la famiglia, di mettersi a lavorare tutti quanti, e se nel nucleo ci sono padre, madre e figlio che lavorano, riescono a stare benino, riescono a mandare un po' di soldi al loro paese. Molto spesso il programma è "quando avrò il permesso di soggiorno mi troverò una casa lavorando e dopo un anno faccio arrivare i miei genitori".
Ha senso tutto il lavoro che fate, data l'esistenza di una legge come la Bossi-Fini? Ha sempre senso lavorare con chi ha questi bisogni, ma sicuramente questa legge ci ha fatto vedere i sorci verdi e dovrebbe essere modificata. In Italia c'è questa modalità per cui si fa una legge e subito si trovano gli inghippi per aggirarla, però questo costa molta fatica, occorre spremersi il cervello, cercare risorse comunque e dovunque. Così, tu che dovresti lavorare soprattutto sull'accoglienza e sulle modalità educative, ti trovi costretto a fare tutta un'altra serie di cose che invece sono finalizzate principalmente all'ottenimento del permesso di soggiorno.
Hai una proposta sulla quale vorresti spingere per migliorare la situazione dei minori non accompagnati? L'immigrazione in Italia è ormai un fenomeno massiccio e non ci sono risorse, è vero che molti di loro poi vanno in altri paesi, ma comunque per accogliere veramente occorre offrire dignità, cioé la casa, la salute, il lavoro, la possibilità di mandare a casa qualcosa. Questo noi non siamo in grado di garantirlo, ed è meglio che cominciamo a pensare a come sviluppare possibilità di lavoro nei loro paesi perché qui la situazione è a termine, c'è recessione, c'è sempre meno lavoro. Lo straniero favorisce così l'abbassamento dei costi del lavoro, si va a lavorare per 3,50 euro all'ora o anche per meno, la professionalità non viene più tenuta in considerazione.
E una cosa che invece si potrebbe fare qui in Italia? Responsabilizzare ed incentivare i datori di lavoro ad organizzare strutture per alloggiare chi viene in Italia per lavorare, magari trattenendo direttamente i soldi dell'affitto dalla busta paga. Oggi una stanza singola con un solo posto letto costa anche 450 euro al mese. In generale occorre smantellare tutti gli spazi di illegalità collegati alle difficoltà di integrazione degli stranieri, gli affitti in nero, le intermediazioni illegali per trovare un lavoro che spesso è anche quello in nero e quindi illegale.
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