Interviste di "Ristretti"

 

Il futuro? Lo intravedo tra i rifiuti

Nel territorio di Treviso, la cooperativa sociale Alternativa Ambiente impiega detenuti e persone svantaggiate nella raccolta differenziata. Per inserirli in modo "soft" nel mercato del lavoro

 

(Realizzata nel mese di luglio 2003)

 

Intervista a cura di Marino Occhipinti

Riabilitarsi con l’agricoltura biologica o con il restauro di mobili. Per poi inserirsi nel mondo del lavoro attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti. Sono le opportunità che le cooperative sociali Alternativa e Alternativa Ambiente offrono ai detenuti di Treviso. Aiutandoli a tornare nel tessuto sociale in modo graduale e non traumatico, per poi potersi aprire con più sicurezze al mercato del lavoro vero e proprio. Ne parliamo con il presidente delle due realtà non profit, Antonio Zamberlan.

 

Qual è la storia della cooperativa Alternativa Ambiente?

La cooperativa sociale di tipo B Alternativa Ambiente è stata fondata nel 1993 dal gruppo dirigente della cooperativa sociale Alternativa, di tipo A, costituita nel 1989. Questa realizza dei percorsi riabilitativi di tipo occupazionale per persone provenienti dall’area della devianza e dell’emarginazione in genere. Dal 1990 l’attività è supportata da una convenzione con l’azienda Ulss 9 di Treviso, con percorsi riservati a persone del territorio e ai detenuti della Casa circondariale di Treviso. Alternativa opera a stretto contatto con i Servizi sociali dei comuni, del Ser.T., della Casa circondariale e del Centro servizi sociali.

 

Quante e quali persone accedono ai percorsi riabilitativi?

I posti disponibili per la fase riabilitativa sono sedici, occupati per un terzo da detenuti in misura alternativa alla detenzione, per un altro terzo da ex detenuti e, per i restanti posti, da persone che provengono dall’area della devianza e dell’emarginazione e che talvolta non hanno vissuto l’esperienza del carcere. Il percorso riabilitativo si incentra su attività quali l’orticoltura biologica, su un appezzamento di terreno di quattro ettari, e l’assemblaggio e il restauro del mobile. Queste attività sono coordinate da un gruppo di cinque operatori professionali, e vengono integrate con momenti formativi e di socializzazione. Alle persone coinvolte viene inoltre corrisposto un sussidio mensile per le spese di prima necessità, un importo che va dai 150 ai 250 euro.

 

Che durata hanno i percorsi e a quali esiti portano, in genere?

Il percorso dura all’incirca un anno. Se non ha un esito positivo, riproponiamo alla persona un nuovo periodo riabilitativo più breve. Se invece il risultato è soddisfacente, aiutiamo l’utente a trovare un posto di lavoro all’esterno della cooperativa. C’è poi una terza ipotesi: che l’esperienza con noi si concluda bene ma la persona trovi difficoltà a inserirsi nel normale tessuto sociale: paura di affrontare il lavoro non protetto o il pregiudizio; la mancanza di opportunità… Le offriamo quindi un lavoro nella cooperativa Alternativa Ambiente, naturalmente se i posti disponibili ce lo permettono. La conclusione del percorso riabilitativo rappresenta un momento di passaggio difficile per l’ospite: ci chiede di rimanere in un conteso di lavoro protetto, e Alternativa Ambiente rappresenta proprio questa opportunità.

 

Quante persone occupa Alternativa Ambiente, e con quale bilancio?

Oggi la cooperativa occupa 130 persone, delle quali il 70 per cento proviene dal percorso riabilitativo. Alternativa Ambiente ha sempre chiuso il bilancio annuale in positivo, e nel 2002 il valore della produzione ha superato i due milioni di euro.

 

Come trovate le opportunità di lavoro per i vostri utenti?

La nostra attività lavorativa si è sviluppata anche grazie alle possibilità che la legge 381 (sulle cooperative sociali, ndr), concede alle cooperative sociali di tipo B. Il nostro gruppo dirigente è impegnato a spiegare agli amministratori comunali l’importanza di questa iniziativa sociale, per convincerli che anche per loro rappresenta una risorsa, in quanto cittadini svantaggiati del loro territorio possono così trovare occupazione. Chiediamo lavoro ai comuni con la formula prevista dalla 381, che consente agli enti pubblici di superare la gara d’appalto quando il lavoro stesso viene affidato a una cooperativa sociale di tipo B che abbia naturalmente tutte le carte in regola: l’iscrizione all’Albo regionale delle Cooperative sociali, il pagamento dei contributi regolare e almeno il 30 per cento di soci lavoratori svantaggiati. E per quest’ultimo parametro, Alternativa Ambiente si attesta da sempre fra il 60 e il 70 per cento.

 

Quali sono le attività sviluppate per dare un lavoro alle persone svantaggiate?

Le raccolte differenziate di carta e cartone, di rifiuti solidi urbani e di indumenti usati in collaborazione con la Caritas Tarvisina. Gestiamo venti centri di raccolta differenziata, vere e proprie piazzole ecologiche presenti in ogni comune del nostro territorio, presso le quali i cittadini si devono recare per separare i rifiuti solidi urbani che per volume e peso non possono essere prelevato a domicilio. La cooperativa effettua poi servizi di raccolta di materiali ingombranti a domicilio e, su segnalazione, la pulizia del territorio dai rifiuti abbandonati. Ogni settimana svuotiamo circa 1500 cestini stradali distribuiti nei territori comunali. Inoltre eseguiamo, per conto dell’Agenzia regionale di protezione ambientale, delle selezioni merceologiche nei centri di smistamento dei rifiuti: in pratica dividiamo le varie frazioni di rifiuti per calcolare in quale percentuale saranno riciclabili. È un lavoro che mira a verificare se il comportamento dei cittadini in fatto di raccolta differenziata sia corretto. Infine, dal 1998 Alternativa Ambiente ha avviato un progetto in convenzione con il dipartimento di Salute mentale dell’Ulss 9 per tirocini lavorativi nell’ambito del giardinaggio a favore di pazienti psichiatrici. La convenzione con prevede che la cooperativa si impegni ad assumere ogni anno il 20 per cento dei tirocinanti avviati alla formazione: con questo meccanismo, sono una quindicina i tirocinanti che ormai sono diventati soci lavoratori. Fra la convenzione e i ricavi determinati dagli accordi con i comuni che ci hanno affidato la manutenzione del verde pubblico, nel 2002 il comparto ha prodotto per circa cinquecentomila euro.

 

Avete avviato anche una falegnameria all’interno della Casa circondariale di Treviso.

Poiché con Alternativa (la cooperativa della fase riabilitativa) siamo presenti all’interno del carcere già dal 1989, nell’agosto del 2001 la direzione dell’istituto ha invitato Alternativa Ambiente a gestire la falegnameria interna, che allora era in mano a un’altra cooperativa sociale. Per noi è stato come un coinvolgimento naturale, però all’inizio non è stato facile, perché Alternativa Ambiente non aveva alcuna esperienza nel settore. Ci hanno salvato due cose: la fortuna di aver trovato un tecnico di falegnameria esperto, che ha portato la sua competenza a servizio della nuova iniziativa, e la consapevolezza dei detenuti già impegnati nella falegnameria. Hanno infatti capito che, se la nuova cooperativa non avesse assunto la gestione della cosa, per loro non vi sarebbe stata più possibilità di lavorare: così si sono impegnati affinché si creassero le condizioni per ripartire.

 

Quanti detenuti sono coinvolti nella falegnameria e con quale trattamento economico?

Quelli transitati là dall’agosto del 2001 sono circa una ventina, ma oggi i detenuti presenti sono dodici. Li coordinano un maestro d’arte e un educatore che ha anche competenze di falegnameria. Alcuni detenuti attualmente in forza alla cooperativa fanno parte del gruppo proveniente dalla vecchia gestione, e nonostante la grande incertezza delle commesse di lavoro, è stato trovato un accordo per i vecchi lavoratori i quali sono stati tutti assunti al secondo livello del contratto delle cooperative sociali. Successivamente, tramite un accordo con la Commissione paritetica provinciale abbiamo stabilito che a tutti i nuovi assunti fosse applicato per sei mesi un contratto personalizzato, rinnovabile per ulteriori sei mesi, con un compenso orario di tre euro lordi e considerando che la prima fase è strutturata come formazione. Al termine dei sei mesi, se il percorso formativo si è concluso positivamente, il detenuto assume la qualifica di socio lavoratore e da quel momento percepisce un regolare stipendio, che la cooperativa versa il 10 di ogni mese.

 

Che cosa produce la falegnameria, e quali sono gli orari di lavoro?

La falegnameria produce mobili al grezzo in arte povera per un’affermata ditta del territorio, che assorbe l’80 per cento della nostra produzione. La nostra produzione è di qualità, rarissime le contestazioni. Inizialmente il montaggio dei mobili veniva effettuato all’esterno del carcere, in un capannone, ma poi, per contenere i costi, abbiamo portato anche questo comparto all’interno dell’istituto. L’attività lavorativa si svolge dalle 8.30 alle 12 e dalle 13.30 alle 17.30. I soci lavoratori partecipano alla produzione e al montaggio dei mobili sotto la direzione del maestro d’arte, mentre i detenuti in formazione vengono seguiti dal maestro d’arte e dall’educatore e gradualmente vengono affiancati ai lavoratori più esperti.

 

La Legge Smuraglia, che prevede sgravi fiscali e incentivi per chi assume dei detenuti, vi ha in qualche modo aiutato?

Se a maggio del 2002 non fossero usciti i decreti applicativi della legge… Proprio qualche giorno prima, il Consiglio di amministrazione della cooperativa aveva già deciso di interrompere l’attività in quanto i risultati economici continuavano a essere fortemente negativi. C’è una serie di fattori che impediscono a questa realtà di essere competitiva, e direi che solo i benefici della Smuraglia le consentono di sopravvivere. Innanzitutto c’è a difficoltà di trovare aziende che ci commissionino lavori a prezzi per noi più vantaggiosi, e poi quella tendenza a vedere il lavoro dentro al carcere come un lavoro di serie B, non assoggettato alle normali regole del mercato e pieno di "chissà quali vantaggi". Una realtà dove, in definitiva, l’azienda si sente in diritto, in qualche modo, di imporre il prezzo. E poi i problemi logistici di lavorare dentro a un istituto, con le sue regole che mal si adattano alle esigenze di tempestività nella consegna e nel ritiro delle merci di un’impresa. Infine abbiamo notato la scarsa consapevolezza di alcuni soci lavoratori riguardo ai ritmi che oggi si richiedono a un lavoratore per far restare un’azienda sul mercato. Quello che però chiediamo ai soci lavoratori è di non mollare perché, così come nel 2002 era stato previsto l’arrivo di questa fase difficile del mercato, per il 2004 è prevista una ripresa.

 

Sono molte le richieste di assunzione da parte della popolazione detenuta, e quali criteri utilizzate nella selezione?

Le richieste sono moltissime: dall’apertura a oggi un centinaio di detenuti hanno fatto domanda. Nelle assunzioni cerchiamo però di seguire alcuni criteri: favorire i detenuti con pene lunghe, non meno di tre-quattro anni di pena da scontare; dare spazio a quelli che hanno un minimo di esperienza di falegnameria o montaggio; preferire il detenuto che sia il più possibile affidabile, e che venga a far parte della compagine associativa con la consapevolezza che le sorti della falegnameria sono legate all’impegno serio di ciascuno.

 

A breve questo progetto compirà tre anni: ripeterebbe l’esperienza?

Certo, non ho dubbi. Il lavoro per il detenuto rappresenta forse la risorsa più importante nell’ambito della vita carceraria, in particolare per chi ha una pena lunga e magari ha perso il punto di riferimento dei familiari. La valutazione dell’attività che posso fare oggi è sostanzialmente positiva, anche se ci aspettavamo di incontrare meno difficoltà: visto il significato dell’iniziativa, la speranza era di trovare più strade spianate, invece per l’ennesima volta ho dovuto constatare che anche all’impresa sociale non vengono concessi sconti. O sei in grado di stare sul mercato con tutte le sue regole, o ti devi arrendere.

 

Qual è stata la soddisfazione maggiore, per voi?

Il fatto che, a livello nazionale, quella di Treviso rappresenta una delle esperienze più significative in fatto di occupazione. In questi giorni, assieme alla direzione del carcere, stiamo progettando di creare uno spazio occupazionale per detenuti che, pur con pene detentive brevi, possano accedere al lavoro anche solo per qualche mese. Un periodo che consentirebbe loro di affrontare con meno ansia un impiego all’esterno.

 

Cooperative Alternativa e Alternativa Ambiente

Via Cardinal Callegari, 32

31030 Vascon di Carbonera (TV)

 

 

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