Bruno Andreoli

 

Terni, il lavoro esce dal carcere

 

Contattare le aziende più sensibili, spingerle a prendere un detenuto in prova, pagare quel periodo con una borsa lavoro. E, alla fine, fare in modo che l’esperimento si trasformi in un’assunzione. È il metodo del progetto Sestante, portato avanti dalla Caritas diocesana e dall’associazione San Martino. Al quale hanno già aderito una trentina di imprese

(Realizzata nel gennaio 2005)

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Il progetto Sestante è un caleidoscopio di storie di vita. Ne parla con orgoglio Bruno Andreoli, presidente della Caritas diocesana di Terni: “Offriamo borse lavoro con le quali contattiamo le aziende, proponendo di prendere gli ex detenuti per un periodo di prova pagato con quei soldi. Poi, una volta finito il percorso, chiediamo un impegno morale ad assumerli. Così capita che molti detenuti o ex detenuti ricomincino a fare i lavori che svolgevano prima della detenzione - muratori, carpentieri, elettricisti, meccanici - e lentamente si riavvicinino a una vita normale. Mentre per quelli che non hanno esperienza, buttarsi nel mondo del lavoro diventa una stimolante novità: è proprio in alcuni di questi casi che abbiamo già ricevuto l’impegno delle aziende all’assunzione”.

Ma il progetto Sestante è molto di più: significa un rapporto di fiducia e vicinanza più stretta con i detenuti. “Li incontriamo in carcere”, prosegue Andreoli, “tramite un gruppo di nostri volontari e prendiamo atto di quelle che sono le loro esigenze più immediate. Con i mezzi a disposizione della Caritas, cerchiamo di far fronte a questi bisogni”.

I detenuti apprezzano e si avvicinano al progetto Sestante con la fiducia di affidarsi a persone amiche: al di là delle sbarre, per loro potrebbe affacciarsi un futuro nuovo, che li porterà a reinserirsi da uomini liberi nella società e nel mondo del lavoro. Per saperne di più, oltre a Bruno Andreoli ci siamo rivolti a Ilaria Bonanni, operatrice dell’associazione San Martino, che ha lavorato direttamente al progetto Sestante.

 

Quali attività svolge, in carcere, l’associazione San Martino?

L’associazione di volontariato San Martino è nata per volontà della chiesa locale, e si occupa della gestione delle opere create dalla Caritas diocesana di Terni-Narni-Amelia: in pratica ne è il braccio operativo. Siamo da tempo impegnati nel sostegno e nel supporto dei detenuti, in modo prevalente presso la Casa circondariale di Terni e per il progetto Sestante, volto in parte al reinserimento socio-lavorativo di persone detenute. Siamo inoltre presenti, con il progetto Orientare il rientro, che prevede, oltre a un centro di ascolto in carcere, una serie di iniziative per valorizzare le competenze dei detenuti e sensibilizzare l’esterno sulle problematiche detentive.

 

Quali sono gli obiettivi del progetto Sestante?

L’obiettivo generale del progetto Sestante, finanziato con fondi Cei otto per mille, è quello di ampliare i servizi già in atto a favore degli immigrati, rivolgendo particolare attenzione agli immigrati irregolari e in stato di detenzione. È stato quindi potenziato lo sportello di orientamento al lavoro presso la Caritas diocesana di Terni, rivolto in modo particolare a donne straniere, ed è stato aperto un altro Sportello presso la Casa circondariale, inizialmente solo per i detenuti stranieri e poi allargato all’intera popolazione carceraria.

 

Come funziona lo sportello di orientamento al lavoro in carcere?

All’interno della casa circondariale, informa sulle normative per l’impiego, sull’andamento del mercato del lavoro, sulla domanda e l’offerta occupazionale e sui servizi di assistenza presenti sul territorio. Cerca anche di facilitare la conoscenza delle proprie capacità attraverso un bilancio delle competenze, oltre a favorire il contatto con le imprese. Ma lo sportello è attivo anche sul territorio, per sensibilizzare le imprese sulla problematica della detenzione, far conoscere loro le professionalità esistenti presso la Casa circondariale e suscitare l’interesse a interagire con una forza lavoro finora nascosta. Il tutto finalizzato a costruire reali opportunità di primo inserimento lavorativo attraverso l’erogazione di dieci borse lavoro, e infine fornire un sostegno per tutta la durata della borsa lavoro.

 

Quanti detenuti stanno usufruendo di questo servizio?

Lo sportello di orientamento ha iniziato a essere operativo con un’attività di front office due volte la settimana. In un anno sono pervenute duecentonovanta richieste, è stato offerto il servizio a centosedici utenti con duecentotrentuno colloqui effettuati. Dopo il primo colloquio, cinquantasei detenuti hanno fatto una o più richieste di parlare con l’operatrice di riferimento. Dei duecentotrentuno colloqui, centoquindici sono stati quindi contatti successivi al primo. Sono giunti allo sportello sessantatré detenuti italiani, circa il 54 per cento della popolazione detenuta, e cinquantatré detenuti stranieri (il 46 per cento). Dalle dieci borse lavoro previste inizialmente è stato poi possibile attivarne quindici (alcune terminate a ottobre 2004): quattordici detenuti hanno avuto la possibilità di usufruirne; cinque sono stati assunti in corso o al termine della borsa lavoro; un detenuto ha ottenuto l’affidamento ai servizi sociali nella sua città di residenza, riavvicinandosi così alla famiglia. Solo due borse lavoro sono state revocate, una per incidente stradale e l’altra a causa di un comportamento non corretto. Le aziende che hanno ospitato i detenuti per le borse lavoro sono state dieci: un buon riscontro che ha permesso, grazie all’assunzione anticipata di alcuni borsisti, di far aumentare il numero delle ore disponibili e di offrire quindi nuove possibilità grazie all’erogazione di altre quattro borse lavoro.

 

Come vi muovete sul territorio per contattare le aziende?

Inizialmente compiliamo una mappa del sistema socio-economico del territorio, per fotografare il grado di sensibilizzazione del mercato del lavoro ternano nei confronti del carcere. Nel corso dei contatti con le aziende è nata anche l’idea di creare un catalogo delle Aziende amiche, dove inserire la mappatura delle realtà economiche disponibili ad aprirsi a stranieri e detenuti. Questa attività viene portata avanti attraverso un contatto diretto con le imprese, e successivamente con la presentazione della persona individuata (nel caso delle borse lavoro per i detenuti) o con la presentazione di più candidati (nel caso degli utenti dello sportello esterno). All’azienda viene comunque garantita un’attività di tutoraggio per il periodo della borsa lavoro, o un’attività di mediazione nella selezione per gli utenti stranieri dello sportello esterno. Le aziende contattate nel primo anno della nostra attività sono state in totale cinquantacinque, di cui venticinque hanno usufruito del nostro servizio attraverso borse lavoro o preselezione di personale, altre diciassette hanno dato la loro disponibilità all’assunzione di detenuti o stranieri e tredici hanno invece risposto negativamente.

 

E il progetto Orientare il rientro, invece, di cosa si occupa?

È la risposta che la chiesa locale, attraverso la Caritas diocesana, dà al fenomeno della carcerazione. L’obiettivo generale è quello di fornire un servizio di orientamento formativo e professionale ai detenuti della Casa circondariale di Terni e in parte a quelli della Casa di reclusione di Orvieto, mediante l’attivazione di due percorsi diversi tra i detenuti stranieri e quelli italiani per rispondere alle loro diverse esigenze. Inoltre sono stati svolti due corsi di orientamento al lavoro, a Terni e a Orvieto, rivolti a dieci detenuti italiani in fine pena e siamo attivi per far fronte alle esigenze dei detenuti che escono dal carcere e non hanno mezzi di prima necessità: forniamo un kit delle 48 ore, come avviene già in altri istituti di pena, e offriamo accoglienza presso le nostre strutture.

 

 

Il punto di vista di Francesco Dell’Aira, Direttore della Casa circondariale di Terni

 

La popolazione detenuta non assomiglia più allo stereotipo ipotizzato dall’Ordinamento penitenziario del 1975: le frange di disagio rappresentate all’interno vanno dal deviante al tossicodipendente, fino a coloro che rischiano la vita per fuggire dal loro Paese. Abbiamo altissime percentuali di detenuti con problemi di tossicodipendenza e di provenienza extracomunitaria. Occorre per questo ripensare regole nuove di osservazione e di trattamento con strumenti meglio calibrati all’emergenza odierna e alla situazione che si andrà a consolidare nei prossimi anni. A tal fine, questa direzione ha sempre accolto ogni iniziativa proveniente dal contesto sociale attraverso un sistema di sensibilizzazione e attivazione di reti con strutture pubbliche, del privato sociale e del volontariato. Questo rapporto di collaborazione ha permesso di dar vita a molteplici iniziative rivolte alla popolazione detenuta: dal potenziamento dei servizi interni alla ricerca di lavoro esterno.

 

 

“Noi, operatrici dello sportello di orientamento al lavoro per stranieri”

 

di Nadia Agostini, Angelica Boschetto e Stefania Magi

 

Dal mese di aprile 2003 siamo entrate a far parte del progetto Sestante. Al nostro sportello si presentano ogni giorno decine di persone per chiedere una collocazione lavorativa, ma dietro questa richiesta si nascondono tante altre domande di aiuto che l’operatore deve saper leggere tra le righe. Con alcuni si instaura un rapporto di confidenza e conoscenza che li porta a considerarci “amici”. Gli stranieri si portano dietro delle storie cha hanno dell’incredibile e a volte arrivare nel nostro Paese non li aiuta certo a risolvere i loro problemi, anzi. C’è chi ha bisogno di un lavoro ma non ha il permesso di soggiorno, c’è chi ha il permesso di soggiorno e non si accontenta del lavoro offerto, c’è chi non ha la possibilità di una casa e viene accolto nelle case d’accoglienza…

C’è anche chi ha solo bisogno di parlare e di essere ascoltato e viene a raccontarti i suoi problemi: ecco allora che lo sportello diventa anche uno spazio di ascolto. Ma cosa si può rispondere quando una ragazza, poco più che ventenne, ti dice che ha perso il lavoro perché ha corso il rischio di essere violentata più di una volta dal suo settantenne datore di lavoro, e piange disperatamente, dicendoti che non è venuta in Italia per fare la prostituta perché lei è onesta e vuole lavorare dignitosamente? Cosa si può rispondere quando una donna rumena ti dice che è appena arrivata, non ha soldi, non ha lavoro ed è ospite a casa di un’”amica” che le fa pagare questa “ospitalità” sette euro a notte solo per dormire, dividendo una stanzetta con sei persone?

Cosa si può dire, ancora, quando molte di loro ti confessano che per avere un lavoro devono pagare a “un’amica” connazionale l’intera cifra del primo stipendio e il trenta per cento di altri tre stipendi almeno? C’è poco da rispondere, ma molto da fare.

 

Un carcere tutto miele… e olio buono

 

Le bottiglie di olio prodotto nella scorsa stagione nel carcere di Terni sono delle vere rarità. Anche il contenitore è stato realizzato a mano dai detenuti. E poi c’è un’altra produzione di cui al carcere ternano vanno orgogliosi: quella del miele. Anche questo viene confezionato in barattoli decorati e dipinti a mano. Altra tappa del progetto sarà quella di realizzare un piccolo allevamento: la speranza è che anche per questa specializzazione accada quanto è successo per il corso di formazione per panettiere. Alcuni detenuti, che l’avevano seguito, una volta scontata in carcere la pena, hanno trovato all’uscita un posto di lavoro che li stava aspettando. Sono stati assunti in alcuni forni ternani.

 

 

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