Stefano Anastasia

 

A Roma un Ufficio per la promozione

del lavoro a detenuti ed ex detenuti

 

(Realizzata nel mese di settembre 2002)

 

A cura di Ornella Favero e Antonella Barone

 

Il Consiglio Comunale riunito a Rebibbia ha voluto dare un segnale forte. Le carceri sono il 21° municipio di Roma, sono parte viva della città

 

Stefano Anastasia è direttore dell’Ufficio per la promozione del lavoro a detenuti ed ex detenuti, istituito dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche per le Periferie, per lo Sviluppo Locale, per il Lavoro. Con lui abbiamo cercato di capire come funziona questo nuovo Ufficio.

 

Ci racconta un po’ come è strutturato questo Ufficio del Comune?

L’Ufficio del Comune è istituito nell’ambito dell’Assessorato al Lavoro, e quindi ha competenza su questo limitato settore, se si può chiamare limitato perché è un settore abbastanza importante, ma non è un ufficio che gode di particolari mezzi e strumenti, nel senso che è composto sostanzialmente dal sottoscritto, che sono il direttore volontario, non retribuito, e da una persona che svolge attività di coordinamento.

La cosa importante è però il fatto che alla base ci sia una scelta politica da parte dell’Assessorato di investire su questo terreno, che è un terreno del quale il Comune in precedenza non si era molto occupato e in generale i comuni non si preoccupano più di tanto. Gli enti locali di solito operano sul versante delle Politiche sociali, quando lavorano nel settore penitenziario, questa iniziativa è partita invece a Roma concretamente dalla prima esperienza di intervento che c’era da parte dell’amministrazione comunale sui penitenziari, quella di un Centro di orientamento al lavoro già attivo nel carcere di Rebibbia penale.

Ora si chiama C.O.L. anziché CILO, ma è la stessa cosa. Fino a sei mesi fa quello del CILO di Rebibbia era l’unico intervento dell’amministrazione, e quindi una struttura di orientamento integrata nelle strutture che lavorano sul territorio, da quella struttura siamo invece passati a una presenza, seppur a rotazione, in tutti e sei gli Istituti penitenziari romani, grazie al raddoppio dell’investimento finanziario annuo.

Accanto a questo, sempre in base ai finanziamenti che è stato possibile ricavare dal bilancio comunale, abbiamo fatto un bando per 10 borse di inserimento lavorativo, rivolto a cooperative sociali e Onlus, vi hanno partecipato una quarantina di strutture e ora stanno per essere assegnate le borse, quindi dovrebbe iniziare questo percorso della durata di un anno in cui la nostra valutazione è stata molto finalizzata alle effettive possibilità di inserimento. Non si tratta di un finanziamento a fondo perduto, ma con un minimo di valutazione su quei progetti che, in qualche modo, prefigurano la possibilità che quella persona passi dalla fase di formazione, apprendimento e prima esperienza, alla fase effettiva di assunzione da parte della cooperativa sociale.

Il terzo punto su cui stiamo cercando di avviare un lavoro è il versante della mediazione, il più complesso e rilevante e nel contempo il meno ufficiale e formale. Abbiamo iniziato a spedire le prime lettere di sensibilizzazione, e vorremmo avviare un lavoro sulle strutture direttive delle associazioni d’impresa, di categoria etc., per promuovere in qualche modo la scelta di investire sul penitenziario in senso lato, sulle persone in esecuzione penale dentro e fuori dal carcere, perché altrimenti tutto il discorso che sta a monte della legge Smuraglia ovviamente resta un discorso senza nessuna applicabilità, se non c’è anche un minimo di investimento a motivare i soggetti imprenditoriali a fare una scelta di quel genere.

La valutazione che noi diamo è quella che un soggetto istituzionale come il Comune di Roma, che ha un peso particolare nella realtà produttiva romana, forte di decine di migliaia di dipendenti propri e partecipe della vecchia struttura delle "municipalizzate", comunque un interlocutore fondamentale per le associazioni di categoria presenti sul territorio, può spendere la propria credibilità istituzionale per spingere in qualche modo alla scelta da parte delle associazioni d’impresa di investire sul settore penitenziario.

 

Quale è stato il significato del Consiglio comunale straordinario che si è tenuto all’interno del carcere di Rebibbia?

Nel corso del Consiglio comunale straordinario che si è tenuto nel carcere di Rebibbia qualche giorno fa è stato acquisito un consenso unanime intorno a una mozione che definisce le carceri come il 21° municipio di Roma, quindi come un pezzo della realtà amministrativa romana su cui il Comune decide più complessivamente di investire, e lì c’è un’ipotesi più vasta, però ancora tutta da verificare, di integrazione tra l’attività di questo Ufficio e di questo Assessorato, e l’attività di altri settori dell’amministrazione come le Politiche sociali, che in qualche modo dovrebbero operare insieme dentro una sorta di piano di intervento cittadino sulle carceri, però ancora siamo veramente a livello di indirizzi di carattere generale.

È importante che il Comune abbia fatto questa cosa di impatto simbolico, poi il problema è riuscire effettivamente a lavorarci.

Il Consiglio comunale c’era più o meno tutto, a Rebibbia, comunque rappresentanti di tutte le forze politiche, e poi c’era un po’ il mondo di chi lavora sul carcere e una discreta rappresentanza di detenuti, con le figure di riferimento di Papillon e Giano, le due strutture più attive dentro Rebibbia.

 

A parte le borse lavoro, il Comune di Roma ha dei detenuti in affidamento o in articolo 21 che lavorano alle sue dipendenze? Ci sono convenzioni tra le carceri e gli enti locali per l’assunzione di detenuti in misure alternative, come succede a Padova o in qualche comune limitrofo, per esempio nella biblioteca di Limena, dove lavora un detenuto in articolo 21?

No, questa è un’esperienza che a Roma non esiste, nel senso che il passaggio è stato tradizionalmente attraverso le cooperative sociali. Ad esempio la Cooperativa 29 Giugno, che ha circa 200 detenuti alle sue dipendenze, ha la committenza da parte del Comune della gestione dei giardini del cimitero. Di questi temi abbiamo discusso col dottor Cantone, il direttore di Rebibbia, anche perché qui a Roma c’è una integrazione fra i servizi bibliotecari interni alle carceri e quelli comunali, quindi ipotesi di transito tra queste strutture, che comprendono corsi di formazione e di inserimento, si possono in qualche modo pensare, non contando più solo ed esclusivamente sulla struttura della cooperazione sociale.

Questo già fa parte del pacchetto delle scelte di promozione effettiva al lavoro e all’assunzione, e il primo passo che abbiamo fatto è stato appunto scrivere alle ex "municipalizzate", chiedendo che tipo di investimento loro sono in condizioni di fare, ed ora siamo in attesa di questa verifica, poi ci sono ulteriori passaggi che vanno verso il mercato del lavoro tradizionale, che rimane lo scoglio più grosso, ma è anche quello che fornisce una solidità che anche le strutture pubbliche non hanno.

Se il mercato decide di investire su questo tipo di forza lavoro, allora ci sono buone prospettive, se lo fa un’amministrazione pubblica va bene, ma rimane tutto legato alla contingenza della scelta politica del momento.

 

C’era una struttura a Roma, la Consulta Permanente per i Problemi Penitenziari. Funziona ancora?

Sì, la Consulta c’è, funziona ed era presente anche all’incontro, ma il problema di questi organismi è che spesso vengono inevitabilmente trascinati, probabilmente dal loro lavoro, a rappresentare più le proprie istanze che a fare la loro funzione istituzionale. La Consulta delle associazioni e delle cooperative che si occupano di carcere è interessante, ed è rilevante, se è capace di dire una parola competente su tutti gli atti che l’amministrazione comunale fa, o non fa, sul terreno del carcere.

Quando si approva il bilancio, la Consulta deve dire se ci sono abbastanza soldi, se non ce ne sono, e deve avere un’interlocuzione più forte, lo dico qui dove c’è un’amministrazione dal mio punto di vista simpatetica, ma deve avere un rapporto più forte con il Consiglio comunale, cioè con l’organo rappresentativo, piuttosto che con la Giunta o gli Assessorati, perché la sua forza e la sua autorevolezza sono nella capacità di interloquire con tutti quanti, di convincere anche quelli che oggi sono all’opposizione che una cosa va fatta, oppure di stimolarli perché la Giunta non fa abbastanza.

 

A parte Roma, che impressione ha, in giro per l’Italia, degli Sportelli, delle Agenzie per il lavoro che operano in carcere? La nostra sensazione è che in realtà non siano in molti a funzionare, con qualche eccezione, come l’Age.Sol in Lombardia, il Pild in Toscana, lo sportello di Brescia gestito dall’associazione Carcere e Territorio.

La fattispecie positiva di Milano è che nella Agenzia di Solidarietà per il lavoro non solo sono coinvolti i sindacati, ma sono coinvolti i soggetti imprenditoriali, cioè laddove si riesce a costruire una relazione significativa con il mercato del lavoro, e quindi con i soggetti che devono scegliere di fare un investimento su questo settore, la cosa può funzionare.

Se questo muro non si sfonda, alla fine lavori solo su te stesso: informazione, orientamento, formazione, un po’ di lavoro assistito, perché poi spesso il rischio è di fare solo lavoro assistito, e nel momento in cui non hai più le facilitazioni e il sostegno, c’è un crollo.

Allora il problema vero è a monte: facciamo le poche cose che il Comune può fare in questo ambito, invece bisogna riuscire a spendere l’autorevolezza dell’ente nel settore dell’imprenditoria privata, perché è qui che si gioca la partita.

 

Alcune informazioni sui C.O.L. (Centri di Orientamento al Lavoro)

 

Lo sportello di orientamento al lavoro, inizialmente presente nel solo carcere di Rebibbia Penale, è stato esteso da ottobre 2002 in forma itinerante alle altre 4 carceri romane; vi è anche uno sportello all’esterno presso il Centro di Servizio Sociale per Adulti del Ministero della Giustizia.

Tutto ciò nell’ottica che i servizi pensati per la cittadinanza devono essere funzionali anche per i detenuti.

I contenuti fondamentali del servizio che i centri di orientamento al lavoro C.O.L. sono chiamati ad erogare, in generale, sono:

- analisi dei bisogni e delle differenti caratteristiche delle persone in cerca di occupazione per offrire strategie di inserimento mirate ad ogni singolo individuo;

- promozione dell’accesso alla formazione professionale, informazione sui percorsi scolastici e quelli universitari;

- diffusione della cultura d’impresa e di assistenza nella fase di avvio del progetto.

 

Il servizio è organizzato con l’attività di front-office e back-office.

L’attività di front-office, in particolare, prevede la gestione diretta del rapporto con l’utenza.

La relazione degli operatori di sportello con l’utenza inizia con un colloquio, durante il quale l’operatore individua la natura del problema; se questo è di immediata soluzione, l’operatore fornisce all’utente tutte le informazioni necessarie, stabilendo, comunque, un percorso comune.

Lo strumento che l’operatore utilizza in questa fase è la scheda utente, la cui compilazione consente una prima ricostruzione del percorso formativo/professionale della persona.

Segue una fase di consulenza individuale, che si articola in colloqui finalizzati alla raccolta e alla definizione del profilo individuale dell’utente, alla ridefinizione degli obiettivi immediati e della strategia, delle tappe per conseguirli, arrivando alla definizione di un ‘contratto’ di impegni reciproci delle due parti. Esso costituirà la base sulla quale proseguirà il rapporto di consulenza, nella fase di informazione, guida e accompagnamento.

 

A conclusione del primo anno di attività del C.O.L. di Rebibbia Penale, sportello pilota, il bilancio è apparso positivo sotto diversi aspetti, sia relativamente al target incontrato, che relativamente al contesto sul quale si è andati ad intervenire.

Lo spirito dell’intervento all’interno degli Istituti Penitenziari può essere riassunto come il tentativo di offrire ai detenuti uno strumento di conoscenza di sé e della realtà lavorativa esterna e quindi la possibilità di non vivere la condizione di detenzione esclusivamente come attesa, ma anche come periodo nel quale esercitare un potere di scelta rispetto a quello che sarà il loro futuro dentro e fuori dal carcere.

Punto di forza di questo progetto sono state, infatti, le numerose adesioni da parte dei detenuti che hanno partecipato alle attività di volta in volta loro proposte e l’impatto sugli altri attori operanti nel carcere: educatori e associazioni, con cui si sono instaurate positive sinergie. Lo sviluppo di tali interazioni significative era finalizzato alla nascita di un contesto consapevole della necessità della promozione al lavoro a favore di detenuti, detenuti in misura alternativa, ex detenuti e la costruzione di una cultura del lavoro che veda l’ausilio di strumenti specifici di orientamento al lavoro.

Da tali premesse è apparso estremamente importante ampliare il target di riferimento del servizio proponendo uno sportello itinerante, in grado di rispondere al bisogno di prendere in considerazione le altre realtà romane di detenzione e di accogliere i bisogni della popolazione di ex detenuti.

Il Comune di Roma, Dipartimento Politiche per lo Sviluppo Locale per la Formazione e per il Lavoro, con la nuova convenzione firmata nel luglio 2002, ha inteso, perciò, estendere lo sportello presso le altre carceri romane.

 

Gli sportelli sono attualmente tutti attivi ed operano secondo i seguenti orari:

- Rebibbia Penale: lunedì ore 15.30/18.30 e mercoledì ore 9.00/12.00

- Rebibbia Femminile: venerdì ore 9.00/12.00 e ore 15.30/18.30

- Rebibbia Nuovo Complesso: martedì ore 15.30/18.30 e giovedì ore 15.30/18.30

- Rebibbia Terza Casa: sportello su appuntamento

- Regina Coeli: mercoledì ore 15.00/17.00

 

 

Precedente Home Su Successiva