Discussione sui tossicodipendenti

 

Carcerazione meno dura per i tossicodipendenti,

e anche meno “inevitabile” 

 

Ciò che dà un fastidio terribile è che ancora non si riesca a collegare

il problema della droga a quello di che razza di mondo stiamo costruendo

(Realizzata nel febbraio 2005)

 

Droga e carcere sono tornate di attualità in questi giorni: perché è riemerso il disegno di legge Fini, fonte di ansie e di calcoli forse per difetto su quanti diventeranno i detenuti se verrà approvata; e perché il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha lanciato un progetto, “Dap-prima”, sul quale non ci sono ancora molte informazioni, ma che suscita senz’altro l’interesse di quel numero ormai spropositato di detenuti, dentro per reati di droga. Abbiamo fatto allora una discussione “preliminare” in redazione, prendendo spunto da un libro durissimo, che è una storia di dipendenza estrema, e tornando a parlare di tutti i dubbi che ci sentiamo addosso quando tentiamo di capire che cosa si fa e che cosa si potrebbe, forse, fare, per rendere meno dura la carcerazione per i tossicodipendenti, e anche meno “inevitabile”.

 

Ornella Favero: In questi giorni si discute molto del disegno di legge Fini sulle droghe, abbiamo ritenuto  allora importante tornare a parlare di carcere e tossicodipendenza. Tra l’altro, anche tra le detenute della Giudecca è un tema molto forte e sentito, perché quasi tutte le donne sono dentro per problemi legati alla tossicodipendenza e l’uscita è spesso traumatica, nel senso che quasi nessuna dopo la galera vuole andare in comunità, ma è anche vero che molto spesso le persone non sono neppure pronte ad affrontare da sole una vita “normale”. Quindi non so quale possa essere l’alternativa e mi piacerebbe discuterne. Si potrebbe proprio partire dal libro “In un milione di piccoli pezzi” di cui pubblichiamo la recensione.

Stefano Bentivogli: Il racconto del libro è essenzialmente la liberazione dalla sostanza. Più di 200 pagine sono di crisi d’astinenza da sostanze, crack, cocaina e alcol. E sono pagine pesantissime, soprattutto per chi l’astinenza la conosce, con il rischio che chi l’astinenza invece non la conosce possa immaginare che sia un deterrente, e invece non lo è. Ma cosa significa tutto ciò? Significa che la sofferenza che una crisi di astinenza ti comporta è incredibile, è pazzesca, e veramente non si riesce a capire come avendo conosciuto una sofferenza tale, nel momento in cui la interrompi tu possa in qualche modo ri-finirci dentro. Beh… non è possibile, ma è quasi normale praticamente. Questo è il tipico caso, come il mio, di una persona che si è fatta diverse crisi d’astinenza, e dà la dimensione di quello che è il livello di equilibrio personale al quale si arriva: cioè, essere in grado di gestire la crisi d’astinenza, che è una cosa che non auguro a nessuno. Per cui la prima parte del libro è proprio questo: una persona che si ritrova in un milione di piccoli pezzi, e riesce però a ricomporre un minimo di equilibrio, e a fare un percorso che all’inizio è di liberazione dall’assedio della sostanza, poi  di ricostruzione della sua vita.

Ma la parte del libro più appassionante è proprio quella dove si parla del rapporto personale tra alcolista, craccaro e eroinomane, di cui uno è giudice di professione, l’altro è un esponente della mafia e il terzo invece è uno sbandato qualsiasi, il momento in cui c’è la possibilità di scambiarsi le esperienze, anche in maniera particolarmente intima. Se davvero la strada per provocare un cambiamento positivo nella persona è quella di valorizzarla proprio come persona, il carcere non è certo il posto più adatto. Ma allora perché uno smette di farsi? E che indicazione si può dare per far capire qual è il punto critico sul quale bisogna lavorare? Una volta erano convintissimi che all’origine della tossicodipendenza ci fosse il rapporto con i genitori, e se uno si bucava doveva aver avuto per forza un’infanzia infelice… e se non era quello allora significava che avevi problemi con la tua donna…

Ornella Favero: Stai parlando delle cause possibili, ma discutendo con le donne della Giudecca viene fuori spesso anche il discorso sulla ricerca pura e semplice del piacere… Io non sono moralista, accetto il fatto che ognuno può cercare il piacere dove e come vuole, ma i disastri della dipendenza li ho visti. Cosa andreste a dire voi ad un ragazzo? Che tipo di prevenzione si può fare davvero oggi?

Graziano Scialpi: I maggiori problemi derivano dalla proibizione, altrimenti sarebbe come per gli alcolisti che sono una valanga, ma non sono costretti ad andare a scippare e a rubare… e vi assicuro che quando ad un alcolista inizia a mancare il vino ammazza anche i bambini, perché le crisi d’astinenza d’alcol sono peggiori di quelle dell’eroina, eppure ci si convive tranquillamente…

Stefano Bentivogli: Io aggiungerei anche che con la droga uno viene portato in fretta nell’illegalità, perché nella maggior parte dei casi l’uso di sostanze illegali ti induce, per il fatto di doverti procurare i soldi, a commettere reati… allora io penso ai due scenari. Se uno si muove nella legalità con il suo problema di dipendenza, che possibilità si hanno di rintracciarlo per dargli una mano, e quali possibilità ci sono invece di intercettare uno che si muove nell’illegalità? Ecco, la differenza è che quest’ultimo sarà intercettato dalla polizia e prima o poi anche dal carcere, e lo si ferma solo così, all’altro invece si potrebbe andare incontro con un altro tipo di figura non repressiva.

Graziano Scialpi: Durante le discussioni sul proibizionismo io sostengo sempre questa tesi: pensi che sia più facile recuperare una ragazza che ha un problema di dipendenza, o recuperare una ragazza che, oltre al problema di dipendenza, a sedici anni ha dovuto andare sul marciapiede per procurarsi l’eroina?

Ornella Favero: Credo che quello su cui dobbiamo ragionare è ancora un discorso di riduzione del danno, perché anche il concetto di legalizzazione non è per dire “che bello”, il punto è vedere che cosa può fare meno male.

Paolo Moresco: Al di là di tutto, tra uno che ha dei problemi ed è “normale”, e uno che ha dei problemi ed è costretto a diventare anche criminale, c’è una bella differenza. Il fatto è che tu puoi convivere con l’alcol, diventando un alcolizzato bestia, ma senza diventare un criminale. Nel momento in cui invece usi droga diventi automaticamente un criminale e sei doppiamente pericoloso per te e per gli altri. L’alcol è un male che la società ha metabolizzato, mentre la droga…

Graziano Scialpi: Ma tu pensa se fosse liberalizzata, ci sarebbe subito una diminuzione consistente della micro e della media criminalità. Cominceresti a togliere miliardi di miliardi a mafia, camorra, ‘ndrangheta… Socialmente i vantaggi sarebbero enormi.

Stefano Bentivogli: Secondo me Graziano ha ragione su questa falsa morale. Lo Stato prende i soldi stratassando tabacchi e alcolici, e lì non si pone nessun problema, ovvio, li limita per i minori, però ha deciso di convivere con questo fenomeno e di controllarlo in qualche modo facendo anche campagne contro l’alcol e contro il fumo… con gli stupefacenti la scelta è stata un’altra, di tipo morale. Perché in questo caso non si ragiona per una riduzione del danno? Perché si è deciso di nasconderla, questa gente, farla finire in galera o in comunità, o comunque fuori dalla società… perché non si mettono le persone in condizioni di convivere… e attenzione, se una persona ha dei problemi, probabilmente è convivendo con altri, che invece non li hanno, che ne ricava qualche vantaggio.

Graziano Scialpi: La droga è un “comodo” problema sul quale fai cadere tutti i mali della società e la gente si concentra su questo e non pensa alle altre cose… Io mi ricordo il periodo di Craxi, quando certi politici rubavano dalla mattina alla sera, e il problema cos’era? Proibiamo lo spinello…

Andrea Andriotto: Sono d’accordissimo sul fatto che sarebbe meglio se fosse legalizzata, ma il terreno della prevenzione è difficilissimo, perché io ricordo che se qualcuno una volta veniva da me a dirmi “Guarda che fa male! Guarda come sono finito io!…”, anche se era nel letto che stava morendo proprio a causa della droga, io mi ritenevo comunque più forte di lui… Sulla prevenzione bisognerebbe veramente trovare un modo d’intervento più efficace. Di recente sono uscito in permesso ed ho saputo che una persona a me cara ha iniziato a fare uso di droghe. Ma io non posso dirgli niente, perché ogni volta che provo a mettermi nei suoi panni mi ricordo di quando c’ero io al posto suo e quello che mi dicevano gli altri non mi faceva né caldo né freddo. Però non posso nemmeno limitarmi a dirgli “guarda che fa male. Ma se hai bisogno sai che ci sono…”, perché quando capirà di aver bisogno? Lo capirà in tempo? Non è assolutamente facile intervenire… è un rischio che hanno corso anche i miei genitori, perché loro quando hanno saputo, hanno deciso di tagliarmi fuori da tutto, di cancellare quella che era la mia vita, sostenendo che quello che facevano loro era giusto e lo facevano solo per me. E io ad un certo punto ho risposto: “Ma che cazzo volete dalla mia vita?”, e me ne sono andato via.

Stefano Bentivogli: Io dove ho visto qualcosa che cambiava è stato quando era la persona che aveva il problema a muoversi verso qualcun altro…

Graziano Scialpi: Sulla questione della prevenzione io ho anche un’altra convinzione. Secondo me liberalizzandola si toglierebbe gran parte di quel fascino trasgressivo che ha la droga sui giovani. Non dico che funzionerebbe con tutti, ma su un 10-15 per cento credo di sì.

Gianfranco Gimona: Io la prima volta che mi sono fatto una canna è stato perché ero con i miei amici, ma il primo bicchiere di vino l’ho bevuto da solo, a casa mia, ed ero un ragazzino, l’alcol si compra liberamente e io ce l’avevo in casa, ma supponi per esempio che fosse stata liberalizzata anche l’eroina e avessi trovato quella…

Claudio Polonio: Secondo me però non si possono paragonare vino ed eroina. L’eroina è una cosa diversa da tutte le altre, è la peggiore…

Stefano Bentivogli: No, non è così, perché la tossicodipendenza oggi dilaga e l’eroina non la usa quasi più nessuno…

Claudio Polonio: Quelli che hanno provato l’eroina che sono qui non pensano che se fosse liberalizzata molta più gente ci ficcherebbe la testa dentro? Tu l’hai provata e hai detto che non ne sei più uscito. Se tutti la assaggiano, se tutti hanno la possibilità di conoscerla…

Graziano Scialpi: Ti spiego il meccanismo perverso: bombardano i giovani dicendo che se fumi uno spinello diventi subito dipendente, allora i ragazzini si fumano lo spinello, si accorgono che non diventano dipendenti e dicono “mi hanno raccontato un sacco di balle. Sarà così anche per l’eroina…”. E infatti per le prime due tre volte non diventano dipendenti…

Ornella Favero: Io però vorrei chiarire una cosa: parlare di legalizzazione non significa smettere di dire i danni che provoca la droga, non fare più informazione e prevenzione. È ovvio che le cose dovrebbero andare di pari passo: un’informazione seria e la legalizzazione. Il concetto di base è comunque che l’uomo quando vuole rovinarsi, quando non vuole pensare, quando ha dei problemi… perché è questo il nocciolo della questione, andare a capire cosa c’è dietro…,  l’uomo in ogni caso la strada la trova lo stesso per farsi del male.

Paolo Moresco: Qualcuno pensa che lui non è così debole e perciò non è diventato dipendente da sostanze… io credo non sia questione di debolezza assoluta, perché io non mi sono mai drogato e sono stato fortunato… ci sono degli incontri casuali nella vita, non è che uno può dire “a me non è mai capitato perché sono forte”…

Stefano Bentivogli: Io volevo dire a Claudio, che ha questa fissa che l’eroina è la peggiore… se fosse così non ci sarebbe oggi l’Italia piena di ecstasy, di sostanze dopanti…

Andrea Andriotto: Però la droga che crea più danni, che ti fa sentire socialmente più una merda è l’eroina… l’eroina è anche quella che ti fa stare “bene”, se hai un problema di qualsiasi tipo ti fai una pera e il problema non c’è più…

Ornella Favero: Ma è proprio questo il problema. Quando ne discutiamo alla Giudecca, tutte le donne, anche le più intelligenti e attive, hanno questo concetto del piacere… ma fino a che punto una persona è in grado di dominare la situazione, fino a dove può spingersi e con quali rischi?

Antonella Barone (educatrice): C’è differenza tra chi lo fa solo per piacere, e chi invece lo fa perché ne ricava un tipo di forza che gli permette di affrontare le situazioni più difficili, di vincere le insicurezze. In questo caso credo sia più facile che uno diventi dipendente dalla sostanza, perché è convinto che quello che riesce a fare con la cocaina o con l’eroina non riuscirebbe a farlo senza…

Andrea Andriotto: È difficile che uno cominci e diventi rapidamente dipendente, non è che all’inizio la usa subito tutti i giorni… di solito la si assaggia, la si prova ancora dopo 15 giorni, per esempio … per il piacere, sicuramente. Poi nel momento in cui capisci lo sballo che ti dà, allora la vai a cercare quando ne senti il bisogno perché hai un problema…

Antonella Barone: Tutti gli assuntori di cocaina, anche non detenuti, nel mondo dello spettacolo per esempio si usa molto la cocaina, lo fanno per una questione di prestazioni.

Ornella Favero: Il problema è: la strada per tornare indietro fin quando ce l’hai? Con l’alcol, per esempio, ho visto un sacco di gente, intelligente, capace, che aveva sotto controllo la situazione, che stra-beveva però poi stava dei periodi lunghi senza bere, ma ad un certo punto della sua vita ho visto un crollo verticale, con un bisogno di bere sempre meno controllabile… cambiava il carattere, cresceva l’aggressività, si deteriorava il rapporto con la famiglia.

Stefano Bentivogli: Secondo te controllavano l’uso dell’alcol o i problemi che avevano? Probabilmente sono arrivati ad un momento della loro vita in cui non riuscivano più a controllare i problemi che avevano, e allora si sono buttati sull’alcol, ma potrebbe essere anche l’eroina o altro…

Ornella Favero: Ma allora qual è quell’equilibrio in cui tu sai che puoi concederti l’uso di qualche sostanza fino ad un certo punto, e che comunque, anche se hai dei problemi, se ti muore qualcuno, se hai un crollo, non cadrai a farne uso sempre? Io sono una persona che vuole vivere bene, e guardandomi intorno ho sempre messo su un piatto della bilancia quello che poteva darmi piacere, farmi star bene, e sull’altro gli eventuali rischi, e poi ho fatto le mie scelte.

Antonella Barone: Il fatto è che, se sei in ansia, per te l’importante è superare quel momento e andare avanti, non hai una prospettiva, non vai oltre al momento o all’oggi, perché sembra che superato quel momento sei a posto, e invece no, ed è proprio questa la trappola… Però tutti i modi di fare prevenzione mi sembrano terroristici.

Stefano Bentivogli: Il problema non sono le sostanze, ma le dipendenze, perché c’è gente che arriva a quarant’anni e poi si mangia interi patrimoni alle slot machine… Allora il problema non è fare prevenzione rispetto alla sostanza, ma sulla dipendenza. Per cui educhi le persone a rimanere libere… Il discorso è che qualcuno riesce ad avere un percorso che lo porta alla non dipendenza, mentre altri improvvisamente nel loro percorso diventano dipendenti da qualche cosa e hanno meno difese per venirne fuori. Molto spesso poi andare a trovare la causa delle dipendenze secondo me è quasi uno sfizio da intellettuali. Nel senso che alla fine la strada che trova l’autore del libro di cui abbiamo parlato è quella di dire semplicemente “Io so che questo per me è un problema e devo imparare a dire no. E non a scappare ogni volta che ce l’ho davanti, perché il mondo beve alcol e la mia vita non può essere scappare ogni volta dall’alcol. Quindi l’unica cosa è una scelta mia personale…”.

Paolo Moresco: Quello che condivido in pieno con Stefano è quando dice che le regole vincono se sono persuasive e non solo imposte. Perché ci si convince a seguire delle regole quando ci si rende conto che conviene seguirle… E questa è anche l’occasione pedagogica persa dal carcere…

Ornella Favero: Io mi domando sempre cos’è che può convincere un ragazzo a non finire in una forma di dipendenza. In questi anni due cose almeno ho capito: la prima è la complessità del problema, e il fatto che non esistono semplificazioni e ricette valide per tutti, e già questo è un grosso passo avanti; la seconda, che quello che salva una persona è trovare un equilibrio e una consapevolezza critica, e in questo soprattutto la scuola dovrebbe avere un ruolo, e non essere invece troppo “asettica” e lontana dalla vita vera, dai problemi veri dei ragazzi.

Marino Occhipinti: L’unica cosa sulla quale non concordo con Stefano è che lui banalizza troppo la storia della dipendenza. Io quando penso alla dipendenza penso subito all’eroina, perché quelli che si facevano di eroina li ho visti morire quasi tutti, e quelli che si sono salvati è perché sono finiti in carcere. Dei tuoi amici, per esempio, quanti si sono salvati?

Stefano Bentivogli: È vero, non ne sono sopravissuti tanti. La tua paura è ovvia, e qui ti do ragione. Ma comunque, secondo me, stiamo scivolando sul terreno ambiguo del “è meglio questo o è meglio quello, è meglio la dipendenza fisica o è meglio la dipendenza psicologica, è peggio quella droga o è meglio quell’altra?”, secondo me è, appunto, uno scivolone.

Graziano Scialpi: Noi siamo in galera, e se vai a vedere le sentenze dicono che noi siamo privati della libertà, che è il bene supremo, ma la libertà è anche e soprattutto libertà di sbagliare. Nel momento in cui io ti costringo a fare la vita giusta, felice e sana, in realtà alla fine hai perso sempre tu perché ti ho privato della libertà di disporre della tua vita.

Ornella Favero: Io proprio per questo non credo al sistema di quelle comunità dove devi seguire regole ferree, dove se ti fai un’altra volta sei escluso, perché è vero che la libertà è soprattutto libertà di sbagliare. Ma, detto questo, non è che ognuno di noi è solo con se stesso e la sua possibilità di sbagliare. Io non sono contenta di rifare gli errori che fanno tanti altri, solo perché così sono più libera di sbagliare, a me piace ricavare qualcosa di buono dalle esperienze degli altri…

Graziano Scialpi: Secondo me la prevenzione la puoi fare solo a livello sociale, e non con dei messaggi, ma con ambienti sociali dove il ragazzo che cresce ha interessi, ha spazi, ha cose per cui non si creano quei vuoti che poi vengono colmati con la droga. Perché il ragazzo felice che ha un’esistenza piena, che ha interessi, che ha amici, non va tanto facilmente a cercare la droga. Oggi i giovani sono bombardati da modelli, rispetto ai quali un ragazzino, anche il figlio di quello che ha i soldi, sarà sempre inadeguato. Io credo che un grosso problema di prevenzione sia proprio questo, perché uno cresce sentendosi costantemente inadeguato rispetto a dei modelli che gli propinano, i modelli del giovane ricco, di successo, che vince sempre, con i bei vestiti, sempre sereno, con le belle ragazze, con la bella macchina, e qui sta il grosso problema, perché questi modelli sono irraggiungibili. E questo in tanta gente, magari in momenti di crisi, apre il varco a certe dipendenze.

Alessandro Tessaro: Qui si è parlato tanto di eroina, però la maggior parte dei tossicodipendenti di oggi usano cocaina, perché sembra che l’eroina sia passata in secondo piano, è per i vecchi.

Andrea Andriotto: Ma chi sta in strada nella maggior parte dei casi se la fa in vena e gli altri la pippano, e la differenza non è da poco: se dobbiamo star qui a fare le distinzioni tra sostanze, in questo caso è come se fossero due sostanze totalmente diverse…

Alessandro Tessaro: Sì, ci sono i poveracci che la usano come anche quelli che girano in Mercedes che se la tirano… ma questi non si sentono tossici, dicono “me la pippo ma non sono tossico”…

Marino Occhipinti: Infatti, ho conosciuto ragazzi inseriti nella vita sociale, figli di professori, di gente in vista, che si facevano… e quelle sembravano famiglie perfette…

Ornella Favero: Soldi o non soldi, successo o non successo, di fondo c’è comunque questo disperato bisogno di riempire la vita di qualcosa… è questa la fonte di tutti i problemi.

Marino Occhipinti: Alcuni di voi sostengono ancora che non bisogna fare distinzioni tra le sostanze, o addirittura tra le varie dipendenze, ma io ad una persona cara che proprio si vuol drogare, mi sentirei almeno di dirgli di non farsi di eroina. Perché, ripeto, di eroina ne ho visti morire veramente tanti. E poi dell’eroina generalmente diventi schiavo, non conti e non decidi più nulla, ti preoccupi soltanto di come procurarti la dose. All’inizio per stare bene, man mano che vai avanti devi procurartela per non stare male. Ricordo un ragazzo, uscito la domenica da una comunità con tutti gli onori - perché dopo sette anni che stava lì era diventato anche operatore, e cioè aiutava i nuovi arrivati a venirne fuori, a superare la fase critica -  e il mercoledì era in piazza Verdi a Bologna che cercava droga…

Graziano Scialpi: Ma infatti, quelli sono ormai dipendenti da quella comunità, resistono finché c’è la comunità che gli riempie la vita, che gli dice cosa fare dalla mattina alla sera. Ma appena mettono piede fuori ed hanno di nuovo a che fare con se stessi…

Stefano Bentivogli: Ciò che a me dà un fastidio terribile è che ancora non si riesca a collegare il problema della droga a quello di che razza di mondo stiamo costruendo, perché la responsabilità non ce l’hanno loro, a quell’età, ma ce l’ha chi gli ha preparato questo mondo qui. Chi li bombarda per televisione tutti i giorni. E d’altre parte chi dovrebbe darti gli anticorpi per difenderti non te li dà più: la famiglia, la scuola,  che prima ti preparavano per fare delle scelte.

Ornella Favero: Comunque secondo me la voglia di “evadere” dalla vita esiste sempre. Il punto è dove intercetti questa evasione dalla vita per vedere se è possibile vivere in modo diverso, avere degli interessi diversi, imparare un rapporto diverso anche con lo star male, perché invece viviamo in un mondo in cui la sofferenza, la solitudine sono cose che le persone non sanno più affrontare. Quello che io contesto a certe comunità, e anche al carcere, è di credere che si possano imporre degli esempi positivi. Basta guardare all’amore, paradossalmente nelle vicende d’amore puoi avere seimila esperienze, ma rifai sempre gli stessi errori… vuol dire che l’esempio, l’esperienza non servono a molto… Quindi io penso che con i ragazzi quello che può essere utile è la testimonianza raccontata senza nessun bisogno di farla diventare esempio e modello.

 

 

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