|
La sfida di aprire uno Sportello Giuridico dentro a un carcere
A Bollate, una iniziativa che rappresenta il primo, coraggioso esperimento di “gestione congiunta” operatori - utenti a beneficio di tutti i detenuti (Realizzata nel febbraio 2005)
A cura di Claudio Polonio
Franco Moro Visconti è un avvocato civilista che in quasi quarant’anni di attività non era mai entrato in un carcere, finché dopo aver partecipato, tre anni fa, ad un incontro tra amici, in cui si ricordava la figura e l’opera di Mario Cuminetti, fondatore di uno storico gruppo di volontariato in carcere, “un uomo del dialogo attraverso i confini”, ha deciso di attraversare come volontario il confine del carcere nel tentativo di dare risposta, anche in dialogo con la realtà istituzionale - dentro e fuori il carcere - ai problemi giuridici dei detenuti. E lo sta facendo, con risultati davvero innovativi, nello Sportello Giuridico della Casa di reclusione di Bollate. Lo abbiamo intervistato per capire come funziona un’esperienza, che ci piacerebbe fosse “esportata” anche in altre carceri.
Quando e come è nato lo Sportello Giuridico di Bollate? Lo Sportello Giuridico ha iniziato ad operare nell’ottobre 2002 nell’ambito dell’attività della biblioteca che è stata realizzata nella Casa di reclusione dall’associazione “Gruppo carcere Mario Cuminetti”, con la determinante collaborazione di alcuni detenuti. Esso è nato per dare risposta ad esigenze subito emerse all’interno della biblioteca: infatti, appena questa fu aperta, le persone che vi accedevano per prendere i libri iniziarono a chiedere informazioni giuridiche, per essere aiutate ad affrontare diversi problemi legati alla loro condizione detentiva. La direzione dell’istituto ha compreso subito l’importanza di poter offrire ai detenuti che ne fossero privi di fatto (la maggioranza dei definitivi) un aiuto legale a titolo gratuito. Si è costituito quindi un gruppo di lavoro composto inizialmente da me, avvocato, volontario del gruppo Cuminetti, che ho coinvolto nell’attività Franco Cecconi, un amico magistrato che aveva deciso di lasciare la toga, e da due detenuti che, alla conoscenza teorica derivante dagli studi compiuti, univano anche quella dell’Ordinamento penitenziario che, sperimentata in proprio, dava loro una particolare sensibilità e capacità di cogliere le esigenze dei loro compagni. Tra questi poi, proprio per la frequentazione dello sportello e l’interesse dimostrato a partecipare e a coinvolgersi nella attività, si sono aggiunti anche altri detenuti, ed un’educatrice tirocinante, che con la sua diretta partecipazione ai colloqui garantisce un più rapido collegamento con l’area trattamentale e le altre figure professionali (psicologo, assistente sociale) il cui intervento si rendesse necessario in base alle esigenze che emergono dal colloquio.
Chi gestisce lo Sportello, con quali modalità e come fanno le persone detenute a contattarvi? Lo Sportello funziona tutti i giorni nell’orario di apertura della biblioteca fissato dalla direzione in un locale adiacente a questa, attrezzato con due computer e una stampante, dove i detenuti scrivani si riuniscono per discutere i casi, effettuare ricerche normative e giurisprudenziali, utilizzando il materiale (testi, codici commentati ed altro) forniti dai volontari e redigono le istanze richieste. Per accedere allo sportello il detenuto presenta la classica domandina che, tramite la sorveglianza del reparto, viene inviata all’area trattamentale. Inizialmente, salvo richieste provenienti da degenti in infermeria, i colloqui avvenivano solo nel locale presso la biblioteca, dove i detenuti venivano accompagnati dagli agenti in due giorni della settimana (mercoledì - giovedì) quando erano presenti per circa tre ore al giorno anche gli operatori volontari esterni; il nominativo di ciascuno con l’indicazione del reparto e della cella e un sommario riepilogo del motivo della consultazione veniva riportato in un registro cartaceo poi sostituito da un supporto informatico. Dopo qualche mese di attività, l’esperienza positiva e la fiducia acquisita anche presso i responsabili della sorveglianza hanno consentito di effettuare le consultazioni anche direttamente nei reparti dove i detenuti partecipanti al gruppo di lavoro sono autorizzati a recarsi, in quanto “consegnati”, insieme agli altri operatori dello Sportello. Prima di iniziare viene stampata sulla base delle domande presentate la lista dei detenuti da visitare, che viene consegnata alla sorveglianza dei singoli reparti, e nello stesso tabulato si prevede uno spazio per annotare le informazioni necessarie per la soluzione del caso. Da circa un anno si dispone anche di un Pc portatile donato al gruppo di lavoro da un detenuto, utilissimo per registrare immediatamente i dati quando si lavora lontani dalla sede dello sportello. Le modalità con cui si esprime lo sportello sono molteplici, essenzialmente: la presa in esame della situazione giuridica del detenuto relativamente ad una verifica della possibilità di presentare richiesta di benefici di legge, compilazione delle istanze per misure alternative, esame dei rinnovi di permessi di soggiorno, indagini e chiarimenti su richieste di espulsioni… ma ogni esemplificazione risulta ovviamente limitativa.
Com’è stato visto il servizio dalla direzione del carcere, dagli operatori? In una disposizione di servizio dell’agosto 2003 la direttrice del carcere dottoressa Lucia Castellano scrive: “Come si evince dagli obbiettivi del servizio, nonché dalla composizione del gruppo di lavoro, lo Sportello Giuridico rappresenta il primo esperimento di ‘gestione congiunta’ operatori-utenti a beneficio di tutti i detenuti. Pertanto nel ribadire l’utilità e l’efficacia di un simile strumento, va richiamata l’attenzione di operatori e detenuti su un duplice aspetto: la necessità di salvaguardare la “privacy” degli utenti che si avvalgono del servizio. Si raccomanda al gruppo di lavoro la massima discrezione; qualsiasi diffusione di notizie riservate comporterà l’esclusione dal gruppo di lavoro; la necessità di un continuo e costante coordinamento con l’area trattamentale e con gli educatori che seguono i singoli casi. Pertanto viene organizzata almeno una riunione mensile di confronto con l’area educativa, a cui partecipano i componenti dello Sportello e tutti gli educatori in servizio presso l’Istituto”. Questa è la visione della direttrice, e non voglio aggiungere altro.
Quali sono le problematiche per le quali i ristretti si rivolgono allo Sportello? Con più frequenza si tratta di istanze di liberazione anticipata, di detenzione domiciliare, di espulsione, di remissione del debito, di permessi premiali o di necessità, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di fungibilità, di applicazione del continuato. Ma, come si è già detto, queste problematiche possono essere di vario genere e diventano pressanti tanto più quando la condizione di ristretto amplifica o rende insormontabili delle difficoltà che sarebbero ben altrimenti affrontabili da libero; così nel caso del rinnovo del permesso di soggiorno o del recupero di un credito per prestazioni di lavoro bruscamente interrotte dall’arresto, la condanna e la detenzione, anche se la pena da scontare in molti casi è solo di pochi mesi.
Come vi attivate per risolvere i problemi ed i quesiti che vi vengono posti? Al di là della stesura e presentazione delle istanze, per risolvere i problemi si cerca soprattutto un collegamento e un dialogo dello sportello con le strutture istituzionali intra ed extramurarie, in particolare il Centro di servizio sociale per adulti ed il tribunale di Sorveglianza, al quale fin dall’inizio si è informalmente riferito dell’avvenuta costituzione e dell’attività dello Sportello, ricevendone incoraggiamento e disponibilità. Alcuni magistrati del tribunale di Milano hanno anche intensificato le loro visite in carcere per colloqui e per riferire sugli orientamenti giurisprudenziali dello stesso tribunale in tema di misure alternative. In particolare nel mese di luglio scorso, la dottoressa Maria Rosaria Sodano, presidente pro tempore, in una riunione in biblioteca con una rappresentanza dei detenuti, ha offerto la possibilità che gli operatori dello Sportello Giuridico (volontari esterni e detenuti) partecipino ad una Camera di consiglio, come osservatori, per una più diretta ed immediata conoscenza del lavoro del Tribunale. Anche se l’invito non ha ancora potuto concretizzarsi, certo è significativo del desiderio di effettiva collaborazione; così come l’autorizzazione data ai volontari esterni dello Sportello di accedere alla segreteria del tribunale per avere notizie sulla concessione di provvedimenti richiesti da detenuti che siano privi di avvocato di fiducia: tipico il caso dei liberanti con la concessione dei giorni di liberazione anticipata che tarda ad essere deliberata.
Avete avuto problemi di carattere deontologico per il fatto di prestare opera gratuitamente? Anche al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano è stata data informale notizia della costituzione dello Sportello e dell’attività di consulenza gratuita che sarebbe stata offerta ai detenuti privi di difesa; e non è stata espressa alcuna critica o riserva. Del resto la questione relativa all’attività di professionisti che, singoli od associati a gruppi di volontariato, svolgono nel loro specifico ambito prestazioni a favore di soggetti in situazione di disagio senza ricavarne alcun compenso sta imponendosi all’attenzione di quanti con sempre maggior sensibilità avvertono l’esigenza di promuovere effettiva responsabilità sociale nello svolgimento di una professione alla quale non basta l’ottica corporativa o la soddisfazione economica personale.
Quante persone si sono finora rivolte allo Sportello e quali sono stati gli esiti della vostra attività? Nell’arco di poco più di due anni di attività gli operatori dello Sportello hanno avuto colloqui con più di 1000 detenuti, alcuni dei quali ci vengono indirizzati dagli stessi agenti o dagli educatori: si è creato così un modo di lavorare rispettoso delle diverse competenze e prioritariamente volto a dare concreta risposta alle esigenze della popolazione detenuta che, al di là dei successi ottenuti per l’accoglimento di istanze o di singoli reclami, costituisce forse l’esito più positivo dell’attività, in quanto all’ascolto del bisogno (già di per sé significativo nella condizione detentiva) consegue una effettiva, per quanto possibile, soddisfazione della richiesta. Molto resta da fare, ma il possibile coinvolgimento anche di altri operatori volontari e l’attenzione posta nello scegliere i detenuti che si dichiarano interessati a lavorare, consapevoli che a tutti è chiesta una prestazione di qualità, fanno dello Sportello Giuridico una realtà facente ormai parte dei servizi del carcere. Di particolare conforto è poi anche la constatazione che uno dei due detenuti che per primo e per quasi due anni ha collaborato alla impostazione e all’attività dello sportello, e che ora sta scontando in regime di affidamento il residuo della pena, continua dall’esterno la sua opera di consulente anche per la messa a punto di un programma informatico per la miglior gestione dei dati rilevanti per il trattamento e le misure alternative; e per procurare occasioni di lavoro ex articolo 21 (lavoro all’esterno, ndr) coordinandosi anche con altre realtà di volontariato nel e per il carcere.
Pensa che Sportelli analoghi si potrebbero facilmente aprire anche in altre carceri? Certamente a Bollate la nascita e crescita dello Sportello Giuridico è stata resa possibile non solo dalla intelligente lettura delle prospettive del servizio da parte della direttrice, ma anche da condizioni oggettive, non ultima la prevalenza di definitivi nella popolazione detenuta, che non dappertutto possono verificarsi. Oggi il seme sembra stia dando buoni frutti e siamo a disposizione per ogni consiglio e considerazione che possa servire a crearlo e farlo crescere anche altrove.
Dalla tesi di laurea di Stefania Caldara, sul tema “La tutela del diritto all’informazione del detenuto”, discussa nel 2004 all’Università statale di Milano “Ho trascorso diverse giornate allo Sportello Giuridico. Nell’ufficio è un continuo parlare di articoli, di leggi in uscita, di provvedimenti in corso. I detenuti si confrontano, si discute davvero di diritto. Se qualcuno è stato autorizzato a venire qui e pone una domanda, i presenti si consultano e poi danno risposte”. (…) Ho accompagnato anche il gruppo in più occasioni nei reparti. Si consegna la lista agli agenti, i quali fanno scendere i detenuti dai piani e uno per uno li fanno entrare nella stanza che viene momentaneamente assegnata per lo Sportello. Il volontario presente ascolta la richiesta e rende il parere, se possibile. Anche gli operatori detenuti collaborano e uno di loro fa da segretario e registra il tutto nel computer. Mi sembra interessante presentare alcuni casi di cui ho avuto conoscenza: Un uomo in attesa che la moglie partorisca è molto in ansia, chiede come potrà vedere il bambino… Un altro è molto arrabbiato perché non gli hanno assegnato l’affidamento in prova nonostante avesse un lavoro, che ora rischia di perdere. Un ragazzo si dichiara innocente e vuole sapere se può fare appello. È privo di fondi e quindi gli è stato spiegato del gratuito patrocinio e di fare la nomina del difensore al più presto per il secondo grado del processo… Un altro non capisce nell’ordine di esecuzione della pena per quali reati è stato condannato (vi è solo l’elenco degli articoli) e chiede se è prevista anche la sua espulsione dall’Italia”. (…) Credo questo sia un esperimento importantissimo, produttivo di benefici per tutti: per gli utenti detenuti innanzitutto, ma anche per l’area trattamentale, che in carenza di organico non può seguire tutti e trascura quel tipo di sostegno, per la direzione che ha un buon ritorno di immagine e di mantenimento dell’ordine, e… in fondo anche per la giustizia. Un’attività del genere va davvero nel senso di rendere effettivo l’esercizio dei diritti attraverso l’informazione e prescinde dalle possibilità economiche dell’utente e della sua capacità di scegliere un buon avvocato”.
|