Intervista Vigevano

 

Ripartire da un cortile

Un singolare progetto di housing sociale realizzato vicino a Pavia, dove la Caritas offre alloggi a chi esce dal carcere. Otto miniappartamenti a canone ridotto, ma anche un sostegno per trovare lavoro e rientrare a pieno titolo nella società. Iniziando dai rapporti di buon vicinato

 

(Realizzata nel mese di settembre 2005)

 

a cura di Marino Occhipinti

 

Per le persone con un reddito basso o inesistente, il problema della casa sta diventando sempre più urgente e, in certi casi, drammatico. Il mercato immobiliare esclude completamente chi ha un passato segnato dal carcere, dalla sofferenza psichiatrica o da un’esperienza migratoria: i cosiddetti soggetti deboli che finiscono per restare ai margini della società. Qualcuno si sta accorgendo che il problema della casa va affrontato in una prospettiva ampia, perché non basta semplicemente trovare un tetto per chi non ce l’ha: occorre aggiungere una serie di elementi di stabilizzazione, in un percorso complessivo di inclusione sociale. Attorno alla casa deve esserci cioè un “cortile”, metafora di una dimensione comunitaria del vivere, di una promozione integrale della persona. Sono questi i principi che ispirano la Caritas diocesana di Vigevano, promotrice di un singolare progetto di housing sociale realizzato in provincia di Pavia. Ci siamo fatti spiegare dai responsabili come lo stanno attuando nella pratica.

 

In cosa consiste esattamente il progetto di housing sociale che avete chiamato Il Cortile?

Il progetto prevede la disponibilità a tempo determinato di otto microalloggi, ciascuno con due posti letto, da destinare a fasce deboli della popolazione, con particolare attenzione a chi ha vissuto, o sta vivendo, esperienze di detenzione. La disponibilità di alloggi è sostenuta da una progettazione e da un coordinamento dei percorsi individualizzati di reintegrazione sociale – casa, lavoro, supporto psico-educativo, esperienza di solidarietà e riavvicinamento alla propria città per i non residenti – che vengono approntati dagli operatori del progetto Alter-NATIVA e dal Centro d’ascolto diocesano “Don Tarcisio Comelli” di Vigevano. Offriamo quindi un alloggio temporaneo a un costo ridotto, favoriamo un reinserimento sociale attraverso un orientamento al lavoro in un contesto accogliente e stimolante, e poi tentiamo di costruire o recuperare, per queste persone, delle relazioni significative.

 

Che situazioni vivono i destinatari del progetto?

Si tratta prevalentemente di adulti e di nuclei familiari che vivono una condizione di disadattamento sociale, di indigenza, di emarginazione. Ex detenuti in cerca di una sistemazione abitativa e di un lavoro, detenuti in misura alternativa o in permesso premio, parenti di detenuti in permesso. Non accogliamo invece tossicodipendenti in trattamento metadonico né persone senza permesso di soggiorno. È un limite fastidioso, lo sappiamo, ma riteniamo che, almeno inizialmente, sia meglio così.

 

Dove si trovano gli appartamenti e come sono strutturati?

Il complesso si trova nella frazione Casoni di Sant’Albino, a pochi chilometri da Mortara, in provincia di Pavia. Comprende due edifici: uno con due unità abitative, l’altro con sei. Tra le otto unità abitative una è destinata al custode, una ai familiari degli ospiti della struttura o ai detenuti in permesso premio, mentre le altre servono per l’accoglienza di persone disagiate o provenienti da esperienze di detenzione.

 

Chi si occupa della gestione del complesso e con quali modalità?

Ogni ospite deve prendersi cura delle proprie cose all’interno dell’appartamento in cui vive, organizza con il coinquilino la gestione degli spazi interni e l’uso della cucina, può collaborare nelle piccole manutenzioni esterne e nella cura del giardino. Le persone che non assumono un comportamento rispettoso si vedono revocata la possibilità di accoglienza. Ci sono degli orari di vita della casa da rispettare, inoltre è vietato introdurre alcolici e sostanze stupefacenti: per chi ne sarà trovato in possesso, i responsabili si riservano la facoltà di prendere provvedimenti che possono arrivare all’espulsione dalla casa. Gli operatori del progetto mantengono un costante contatto con gli ospiti per verificare il buon andamento del progetto.

 

Quindi avete previsto un accordo da stipulare con gli ospiti che abiteranno gli alloggi?

Ogni utente ha un progetto personalizzato da rispettare e il regolamento della casa da seguire. Il progetto è strutturato dagli operatori del progetto Alter-NATIVA in collaborazione con i servizi territoriali e con l’Amministrazione penitenziaria in caso di persone in stato di detenzione. Anche i detenuti in permesso o i familiari che chiedono ospitalità per una permanenza limitata devono sottoscrivere un accordo perché ci sembra giusto che le regole siano chiare per tutti.

 

Con quali fondi è stato realizzato il progetto e quali enti, pubblici o privati, siete riusciti a coinvolgere?

La realizzazione del progetto avviene a cura della Caritas diocesana di Vigevano, grazie all’intervento della Regione Lombardia: metà del finanziamento arriva dall’Assessorato alla famiglia e alla solidarietà sociale e l’altra metà dalla Fondazione Cariplo.

 

Qual è la durata dell’assegnazione degli alloggi e come fate a decidere chi ne ha più bisogno? Seguite delle segnalazioni, stilate una graduatoria con il supporto di altri servizi?

La segnalazione arriva dal Centro di ascolto diocesano “Don Tarcisio Comelli” o tramite gli operatori del progetto Alter-NATIVA, che si avvalgono del supporto dei Servizi sociali, dell’Amministrazione penitenziaria, dei Servizi per le dipendenze. Inoltre l’utente stesso, qualora venga a conoscenza della struttura, può fare domanda di inserimento. Si effettuano poi una serie di colloqui per valutare l’idoneità del detenuto o della persona svantaggiata. Vista la natura del progetto - si tratta di housing sociale e non di struttura comunitaria - si valuta di inserire persone che abbiano già raggiunto un certo grado di autonomia personale, con capacità relazionali sviluppate. L’assegnazione ha una durata di sei mesi quando la persona ha già un lavoro; di un anno quando invece l’ospite è disoccupato. In alcuni casi è possibile prolungare la permanenza oltre i termini previsti.

 

Gli ospiti devono pagare un canone di affitto?

Agli ospiti è chiesto un contributo mensile di 150 euro, che comprende il pagamento delle utenze. Coloro che non svolgono un’attività lavorativa, naturalmente sono esentati dall’affitto. A tutti, anche a chi non lavora, è invece chiesta una cauzione di due mensilità che viene restituita al termine dell’accoglienza, qualora la struttura non abbia subito danni al mobilio e agli elettrodomestici.

 

Vi occupate anche di sostegno per la ricerca di un lavoro?

Il progetto può comprendere il supporto per la ricerca di un lavoro ma non solo. Ci occupiamo del riavvicinamento dei familiari, del supporto psicologico.

 

Avete citato più volte il progetto Alter-NATIVA: che cos’è esattamente e da chi è gestito?

L’équipe del progetto è composta da un coordinatore, un educatore e una psicologa, che intendono affrontare la complessità dell’emarginazione grave dei detenuti attraverso una presenza socio-educativa, assistenziale e preventiva, complementare all’offerta pedagogica dell’Amministrazione penitenziaria. All’interno della Casa circondariale di Vigevano, Alter-NATIVA gestisce un centro di ascolto e orientamento e coordina il gruppo dei volontari della Caritas.

Il centro raccoglie i bisogni dei detenuti, prestando grande attenzione all’elemento della relazione: dal modo in cui si eroga il servizio, infatti, può scaturire il senso di responsabilità e di collaborazione per realizzare un progetto personale di reinserimento che permetterà al detenuto di riappropriarsi della propria dignità personale. All’esterno della Casa circondariale, Alter-NATIVA svolge un lavoro di affiancamento al reinserimento sociale dei detenuti: avvia contatti con le loro famiglie e con i comuni di residenza, li accompagna verso un reinserimento sociale. In altri termini, struttura un progetto individuale che parte dall’ascolto dei bisogni del soggetto, dall’analisi delle sue risorse individuali e del suo contesto d’appartenenza, per poi creare una banca dati, sensibilizzare il territorio, coordinare il gruppo dei volontari Caritas.

 

 

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