Intervista Salvo Fleres

 

Un Garante che si occupa della vivibilità delle

carceri siciliane ma anche della carenza di personale

La maggior parte delle strutture carcerarie

in Sicilia versa in pessime condizioni

Ce ne ha parlato Salvo Fleres, Garante per la tutela dei diritti fondamentali

dei detenuti e per il loro reinserimento sociale della Regione Sicilia

 

(Intervista realizzata nel mese di novembre 2007)

 

Intervista a cura di Marino Occhipinti

 

Salvo Fleres, Parlamentare regionale da quattro legislature, è giornalista professionista ed è stato direttore di emittenti radio televisive private e di numerose testate giornalistiche. Ora opera in qualità di Garante per i diritti fondamentali dei detenuti della Regione Sicilia. Recentemente è intervenuto nel dibattito sulla situazione carceraria, sostenendo che “L’attenzione dello Stato verso il carcere è prossima allo zero, e rileva che quando l’organico degli operatori sociali, degli psicologi penitenziari e dei magistrati di sorveglianza presenta rapporti di 1 a 300 ed oltre, fino ad 1 a 1.000 reclusi, non ci si deve meravigliare se non sempre i provvedimenti di scarcerazione sono corretti e adeguati”. Invece di parlare di “scarcerazioni facili”, secondo Fleres, bisognerebbe pensare ad adeguare gli organici del personale penitenziario, con particolare riferimento ad educatori, assistenti sociali, psicologi, medici e a potenziare la Magistratura di Sorveglianza.

Dopo aver letto queste sue riflessioni sul quotidiano “La Sicilia”, abbiamo inviato una richiesta di intervista all’onorevole Fleres, che ci ha subito risposto.

 

Ci traccia un primo bilancio della sua attività di Garante dei diritti delle persone private della libertà personale?

La mia attività in qualità di Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale è iniziata formalmente nell’agosto del 2006, sostanzialmente a ottobre di quell’anno, in esecuzione dell’art. 3 della legge regionale nr. 5 del 2005. Superate le difficoltà iniziali di natura burocratica, conseguenti alla novità stessa che la funzione rappresenta, abbiamo strutturato l’ufficio cercando di gravare il meno possibile sul bilancio della Regione: abbiamo infatti impiegato personale già in servizio sulla base di un atto d’interpello. Chi lavora in questo delicato ambito ha deciso in prima persona di farlo, consapevole di tutte le difficoltà che questa scelta comporta.

 

Quali sono state le iniziative più significative, come Garante, per migliorare la vivibilità degli istituti di pena?

Ci siamo già occupati di un centinaio di casi, e adesso, avendo provveduto a istituire l’albo degli avvocati e degli interpreti, e potendo usufruire della collaborazione di psicologi, sociologi, medici ed esperti di comunicazione, stiamo facendo sì che l’azione venga supportata da specifiche professionalità in grado di rispondere efficacemente alle esigenze della popolazione penitenziaria. In un anno ho visitato quasi tutti gli istituti di pena (in Sicilia sono 28, compresi quelli per i minori), ho pubblicato attraverso la stampa tutte le informazioni riguardanti le mie funzioni e ho distribuito personalmente ai detenuti un biglietto da visita con gli estremi per contattarci. Ma l’iniziativa più significativa riguarda la pubblicazione di un libro: “L’ora d’aria”, che a breve distribuiremo a tutti i detenuti. Si tratta di un vero e proprio vademecum sulla vita penitenziaria, un manuale sulle prescrizioni, sui diritti e sui doveri del recluso, ma anche sulle motivazioni trattamentali che sono alla base delle varie disposizioni e dei vari comportamenti concreti tenuti in carcere.

 

Quali sono i progetti più significativi che ha sostenuto e promosso?

Innanzitutto l’assistenza legale per i reclusi, naturalmente quella relativa alla condizione stessa di reclusi, che non entra nel merito della pena comminata. Chi ha commesso un crimine è condannato a scontare la propria pena con la privazione della libertà, giammai della dignità: l’attività di Garante viene svolta secondo questo chiaro principio. Inoltre, stiamo equipaggiando tutte le strutture penitenziarie di attrezzature varie, per favorire attività culturali, sportive e di lavoro. E ancora, stiamo fornendo interpreti, animatori sportivi, medici, psicologi e assistenti culturali, contribuendo alla realizzazione di un progetto che ha l’obiettivo di formare gli stessi detenuti come mediatori culturali. Puntiamo molto, inoltre, all’avviamento lavorativo all’interno delle carceri: tra le tante iniziative, potrei citare quella che vedrà presto a Catania – nel reparto femminile – la realizzazione di una linea di articoli per la casa (grembiuli, pantofole, presine) interamente realizzata a mano.

 

Quali sono le difficoltà maggiori, i punti critici, che ha incontrato in questa attività?

Sicuramente le pessime condizioni in cui versa la maggior parte delle strutture. E poi, a livello istituzionale, la mancanza di una disciplina nazionale riguardante competenze e prerogative dei garanti, limitati nei tempi e nei modi per quel che concerne l’attività d’ispezione. Quest’ultimo caso non mi riguarda di persona, perché essendo parlamentare ho l’opportunità di effettuare un sopralluogo senza preavviso, ma non è così per tutti.

 

Come risponde la società e come rispondono gli enti locali, alle sue richieste?

La società si sta pian piano abituando a capire che esistono due diritti di eguale valore: quello dello Stato a essere risarcito attraverso una pena da scontare e quello del recluso a ottenere contestualmente riabilitazione e reinserimento. Anche le istituzioni cominciano infatti a prendere misure riguardanti detenuti ed ex detenuti, anche se ancora siamo lontani dal conseguimento di situazioni ottimali.

 

Nelle sue attività riesce a coinvolgere la Magistratura di Sorveglianza?

Necessariamente. La Magistratura di Sorveglianza è un organo giurisdizionale che ha il compito di vigilare sull’esecuzione della pena, interviene in materia di applicazione di misure alternative alla detenzione, di esecuzione di sanzioni sostitutive o di misure di sicurezza: spesso le competenze riguardano materie specifiche, proprie di questo organo. Per questo motivo, di recente ho inoltrato la richiesta per poter ottenere il distaccamento di un funzionario dell’ufficio di Palermo, solo così sarà possibile instaurare un contatto più diretto.

 

E quali sono le reazioni della Magistratura di Sorveglianza rispetto alle sue richieste?

Direi molto formali. Mi attenderei da parte loro un atteggiamento rivolto agli aspetti umani, oltre che a quelli prettamente giurisdizionali.

 

In base alle informazioni in suo possesso, come opera la Magistratura di Sorveglianza della sua zona, rispetto alla concessione dei benefici penitenziari?

La macchina è lenta per carenza di personale e mezzi. Si punta molto a comprendere la personalità del recluso a cui vengono concessi benefici, ma lo si fa con la consapevolezza che gli strumenti spesso non sono sufficienti e adeguati. Occorrono più risorse per supportare questo tipo di lavoro, quello che tende ad andare in profondità, servono soprattutto più educatori e psicologi.

 

L’Amministrazione penitenziaria come si pone nei suoi confronti?

Bene, nel rispetto delle diverse prerogative. Non mancano momenti di apertura e collaborazione: ultimamente, per esempio – su richiesta del consolato marocchino di Palermo – siamo riusciti a ottenere dal provveditorato regionale, lo “sta bene” per far recapitare dolci e datteri (considerati un lusso all’interno delle strutture penitenziarie e quindi proibiti) ai detenuti musulmani per il periodo del Ramadan.

 

Ad oltre un anno dall’approvazione dell’indulto, quanto è cambiata la situazione nelle carceri in cui opera come Garante e cosa bisognerebbe fare per evitare di tornare alla situazione di invivibilità precedente all’atto di clemenza?

La situazione è cambiata poco, molto poco. C’è stato solo un alleggerimento delle strutture, ma a conti fatti, per quel che riguarda i servizi, la situazione non è cambiata granché. Per non tornare alla situazione preesistente bisognerebbe chiudere le piccole strutture, quelle che versano in pessime condizioni e che attualmente ospitano pochissimi detenuti, e conseguentemente, rafforzare in termini di spazi e di servizi gli istituti maggiori.

 

Quanto può influire in un prossimo, probabile sovraffollamento carcerario, o comunque in un aumento della popolazione detenuta, la legge ex Cirielli, che inasprisce la pena e allo stesso tempo limita i benefici penitenziari per i recidivi?

Moltissimo, si verrebbe di certo a creare un ulteriore sovraccarico di strutture che sono già stracolme. Pensiamo alla Sicilia, il territorio di mia competenza: allo stato attuale si contano oltre 4.500 detenuti. Questo dato non ha bisogno di ulteriori commenti.

 

 

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