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Il progetto Polaris, capire il presente per progettare il futuro
(Realizzata nel mese di marzo 2001)
A cura di Ornella Favero e Nicola Sansonna
Nella Casa di Reclusione di Padova, gli operatori formati con il progetto Polaris hanno aperto uno sportello per orientare al lavoro i detenuti
"Facilitare le persone condannate ed ex-detenute nell’accesso al mercato del lavoro e nella ricerca di opportunità lavorative più stabili, proiettate oltre i termini dell’esecuzione della pena. Favorire la crescita della capacità progettuale attraverso azioni di informazione, rimotivazione, sostegno e orientamento professionale": queste sono state le finalità del Progetto Polaris, che si è occupato di formazione integrata degli operatori in materia di orientamento al lavoro, per permettere loro di fare interventi di orientamento in favore dei detenuti vicini al fine pena e di attivare un sistema di rete in questo campo. Di Polaris, dei risultati ottenuti e di quelli che per ora sono più che altro una speranza, abbiamo parlato con Nunzia Di Fazio, che ha curato questo progetto per il Provveditorato alle Carceri per il Triveneto.
Che cos’è esattamente il progetto Polaris, e che risultati ha dato? Il Polaris è un progetto che è stato portato avanti dal Ministero della Giustizia e dal Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, e prevedeva l’istituzione, all’interno degli Istituti penitenziari e dei Centri di servizio sociale, di sportelli di orientamento al lavoro. Si voleva creare un Ufficio, dove ogni persona che si avvicinava alla fine della pena potesse chiedere informazioni sulle possibilità di lavoro che ci sono all’esterno, ed eventualmente chiedere agli operatori del territorio di essere messa in contatto con aziende che cercano personale, con uffici che si occupano di inserimento lavorativo ecc. Il progetto era molto bello, di fatto poi, siamo realisti, nel Triveneto è stato realizzato, per ora, solo in piccola parte, qui a Padova, dove sono state fatte due Convenzioni, una con il Comune di Padova, Progetto Impresa, che ha "messo fuori" tra l’altro alcuni detenuti con il lavoro all’esterno con l’articolo 21, l’altra, un Protocollo d’intesa con la Provincia di Padova per far partire questo servizio.
In pratica con il Polaris vi proponevate di fare anche una ricerca di mercato? Quella l’abbiamo fatta prima di iniziare il corso, perché quel progetto si è articolato per fasi. In una prima fase ci fu proprio questo, cioè venne fatta una ricerca su quelle che erano intanto le norme vigenti in materia, le nuove disposizioni varate dopo la riforma del collocamento, le varie Leggi Regionali in tema di lavoro. Poi, in una seconda fase, è stato fatto un corso di formazione a cui hanno partecipato sia operatori degli Istituti penitenziari del Triveneto, che volontari e operatori del territorio.
Il Polaris è un progetto che è stato realizzato solo qui a Padova? No, è stato fatto in tutta Italia, questo è un progetto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che ha carattere nazionale.
E cosa sta succedendo ora, nella terza fase? E’ stata fatta questa convenzione con il Centro per l’impiego della Provincia, per gestire insieme lo sportello di orientamento. Orientamento, perché non si dà nessuna certezza di trovare lavoro, non si vogliono creare delle false aspettative, si tratta di colloqui durante i quali si cerca di capire che tipo di professionalità ha il detenuto, se ci sono delle potenzialità non espresse, se c’è una particolare esigenza di formazione.
Le informazioni che vengono raccolte durante i colloqui, che fine fanno? C’è una banca dati in cui vengono inserite? Era in programma di fare una banca dati. Ma ci sono delle grosse difficoltà a farla per tutto il territorio, per quello che ne so io. La stanno costruendo pian pianino; per quanto riguarda Padova siamo noi che dobbiamo dare i dati, a mano a mano che li raccogliamo.
Riguardo invece alla raccolta di informazioni all’interno, cioè alla possibilità di allargare questo screening sulle professionalità, l’indagine coinvolgerà tutti i detenuti? Ci sembra che le pratiche aperte finora riguardino piuttosto chi ha un fine pena vicino, ed è stato così messo in contatto con il Centro servizi, altri detenuti per ora non sono stati ancora contattati per vedere le loro competenze. Non avete in progetto di realizzare una ricerca sulle competenze professionali di tutta la popolazione detenuta? No, qui succede l’inverso, sei tu che ti fai promotore di te stesso, per cui sei tu, il diretto interessato, che chiedi di accedere allo sportello. Questa è oggi la politica dei servizi per l’impiego, non ti mettono più loro direttamente in contatto con l’azienda, ma ti aiutano a capire che tipo di lavoro è adatto alle tue competenze.
C’è stata una informazione interna, che annunciasse che è stato attivato questo sportello, e che si può andare, su richiesta, a fare l’orientamento? Sicuramente è stato fatto un avviso, che tra l’altro era bello, l’avevano realizzato proprio i detenuti che hanno frequentato il corso di formazione per grafici. Forse ora bisogna tornare a pubblicizzare l’iniziativa. L’orientamento dovrebbe servire a darti indicazioni non solo riguardanti il lavoro. Se sei a tre o due anni dal fine pena, per esempio, e senti che hai una formazione carente, magari ti può essere suggerito di frequentare un corso di formazione, e può anche succedere che si decida di sollecitare la direzione a fare dei corsi di formazione di un certo tipo, perché si è verificato che tra i detenuti ci sono determinate esigenze. Certo, già questi primi colloqui di orientamento sono serviti anche per inserire alcuni detenuti in corsi di formazione professionale, che si sono fatti all’interno di alcune carceri.
Un problema che si pone spesso all’esterno, e l’abbiamo visto quando hanno partecipato a un incontro qui in carcere molti piccoli imprenditori e artigiani, è che questi imprenditori sono anche disponibili ad assumere detenuti, però vogliono sempre essere in qualche modo aiutati, perché effettivamente ci sono dei problemi che spesso sono di difficile gestione per chi conosce poco il carcere. Insomma, non pensa che ci sarebbe bisogno di una azione di "tutoraggio" nei confronti dei detenuti impiegati in ditte esterne? Di fatto questo è anche un problema, ma soprattutto il problema riguarda gli ex detenuti, perché, per quanto riguarda l’amministrazione penitenziaria, il compito istituzionale termina con il fine pena. Tu finisci di scontare la pena e l’amministrazione non è più tenuta ad occuparsi di te. Chi si deve occupare allora di ciò? A occuparsene dovrebbe essere il territorio, e per questo era importante creare dei collegamenti con l’esterno per poi affidare, per poi segnalare gli ex detenuti, ed è quello che stiamo tentando di fare.
Che cos’è e come funziona lo sportello Polaris nella Casa di Reclusione di Padova? Lo sportello, ci spiega l’educatrice Rosa De Marco, è nato dopo che è stato firmato un Protocollo d’intesa con la Provincia di Padova: in seguito a ciò accedono in Istituto a turno due operatori del Centro per l’impiego, che lavorano in stretta collaborazione con educatori, assistenti sociali del CSSA e volontari. I detenuti che ne facciano richiesta possono accedere a un colloquio di preselezione e, dopo il colloquio, i loro dati vengono inseriti nella Banca dati del Centro. Gli operatori della Provincia si sono anche resi disponibili ad accompagnare i detenuti ad eventuali colloqui di lavoro. Lo sportello per ora è riservato a chi già va in permesso premio. Se, poi, si prospetta una offerta di lavoro per un detenuto con determinate competenze, lo stesso può chiedere un permesso per farsi conoscere dal datore di lavoro; in caso di disponibilità all’assunzione, verrà valutata la richiesta del detenuto per lavorare in articolo 21, in attesa che gli fissino la Camera di Consiglio per l’affidamento o la semilibertà.
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