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Il carcere non-carcere? Funziona anche nelle zone più "a rischio" Come dimostra il caso Calabria Uno dei punti di forza del reinserimento dei detenuti è rappresentato dalle tanto controverse misure alternative alla detenzione. Quei percorsi assistiti di inclusione sociale che, perfino in una regione difficile come la Calabria, hanno avuto successo nel 96 per cento dei casi
(Realizzata nel mese di aprile 2004)
A cura di Marino Occhipinti
Un Centro per coordinare tutte le iniziative regionali in materia di inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. Borse-lavoro stanziate dai Comuni. Progetti di reinserimento sociale. Il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria di Catanzaro, diretto dal dottor Paolo Quattrone, crede nelle potenzialità del territorio e nell’osmosi che si deve creare fra il territorio e il carcere. Non solo: la Calabria crede anche nelle misure alternative alla detenzione, che negli ultimi anni si sono rivelate efficaci, in questa regione, per la quasi totalità dei casi. Di statistiche - ma anche di progetti, attività e bilanci - abbiamo parlato con Lucia Catalano, che conosce bene la realtà penitenziaria calabrese perché in carcere lavora quotidianamente, e da parecchi anni, come assistente sociale del Centro servizi sociali adulti di Reggio Calabria.
Dottoressa Catalano, secondo la sua esperienza professionale diretta, le misure alternative alla detenzione hanno una reale funzione sociale e un’autentica efficacia? Può tracciarci il quadro relativo alla sua regione? Penso che il carcere non possa essere l’unica risposta per le persone che hanno commesso un reato. Dal 1987 a oggi, in Calabria hanno potuto godere dei benefici alternativi, senza passare dal carcere, circa 51 mila persone. Su 537 casi di esecuzione penale esterna nella provincia di Reggio Calabria, seguiti nel 2001 dagli operatori reggini, soltanto 27 sono stati revocati. A Cosenza, 48 su 586, a Catanzaro 31 su 1.012. Cifre confortanti che si scontrano con la percentuale di recidiva del 70 per cento che produrrebbe il carcere e che danno ragione a chi, nel 1975, introdusse la riforma carceraria, poi modificata nel 1986 con la legge Gozzini. Sull’intero territorio regionale nel 2001 hanno fruito dell’esecuzione penale esterna circa duemila persone, e a giudicare dai dati forniti dai Centri servizi sociali adulti presenti nella regione, risulta pienamente riuscito l’esperimento dell’esecuzione penale esterna: le revoche, infatti, sono ammontate a un esiguo quattro per cento.
Cosa si fa per chi esce dal carcere in misura alternativa? I Comuni della provincia, come da intese, hanno previsto impegni di spesa da destinare alle borse-lavoro per i soggetti in esecuzione penale esterna. Per gli ex detenuti, invece, sarà costituito un Centro che promuoverà e coordinerà tutte le iniziative che il Provveditorato regionale della Calabria attuerà in tema di inserimento lavorativo dei condannati, dei dimessi dalle carceri, delle famiglie dei detenuti. Il Centro nascerà in collaborazione con il Consorzio Nova Spes di Milano, particolarmente qualificato nell’occupazione per le fasce sociali svantaggiate. Questa continuità lavorativa tra dentro e fuori costituirà dunque una garanzia di recupero sociale. La promozione dei poli lavorativi all’interno degli Istituti prevede anche lo sviluppo di attività produttive interne, industriali e artigianali, che rispecchino le esigenze del mercato.
Com’è la situazione nelle carceri calabresi? Nella nostra regione ci sono dieci case circondariali, una casa di reclusione già avviata e un’altra in costruzione ad Arghillà, vicino Reggio Calabria. Direi che abbiamo attuato il principio della territorialità della pena, per dare un taglio netto al fenomeno dei viaggi lunghi, faticosi e costosi che i familiari dei detenuti devono spesso affrontare.
Quali progetti e attività "trattamentali" promuovete, per il reinserimento dei detenuti e in prospettiva del loro rientro nella società? Esistono progetti e attività utili al reinserimento, sia per chi sconta la pena in carcere, sia per chi è prossimo alla dimissione o è già stato dimesso. Il Progetto Athena* per esempio, un progetto sperimentale che ne comprende altri, si propone di stimolare il sociale a consolidare l’impegno per i detenuti, affinché la realtà carceraria ottenga opportuni e possibili sostegni da parte della comunità civile. Il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, la Regione Calabria, gli enti e le associazioni fungono da supporto con l’ausilio di interventi pedagogico-riabilitativi, per incamminarsi verso un carcere dalla fisionomia trattamentale e non più solo rivolto alla custodia. Un carcere dove tutti gli operatori parteciperanno attivamente perché l’uomo detenuto sia messo in grado di gestire in maniera responsabile non solo la propria detenzione, ma anche il suo rientro nel suo contesto sociale.
Per il carcere e per i detenuti - ma crediamo anche per l’amministrazione penitenziaria - i volontari rappresentano una risorsa determinante: come riuscite a lavorare con loro, a coinvolgerli? Anche in questo settore abbiamo vari progetti, a partire dalla formazione permanente per gli operatori penitenziari, degli enti locali e del volontariato. Il Provveditorato della Calabria ha già avviato un’azione di valorizzazione, promozione e coinvolgimento del volontariato all’interno degli istituti penitenziari e presso i Centri servizi sociali adulti. A Reggio Calabria, fra ottobre e dicembre del 2003, abbiamo organizzato un corso di formazione per i volontari penitenziari di tutta la provincia. L’iniziativa ha trovato una larga adesione, con oltre 120 domande di iscrizione. L’obiettivo dell’Amministrazione penitenziaria è stato quello di avvalersi di un volontariato preparato, motivato e consapevole del ruolo, quindi utile al definitivo reinserimento dei condannati nella società. Attraverso protocolli d’intesa con numerosi enti locali della provincia e della regione, si sono attivati gli sportelli informativi in alcuni comuni della provincia reggina e presso i Centri servizi sociali adulti regionali. Su proposta del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sono stati attivati numerosi altri progetti per i soggetti in esecuzione penale esterna come "Ali d’Autore" (progetto "Lettura" guidato e commentato), "Polaris" e "Giustizia Riparativa".
Ecco, la giustizia riparativa, della quale si parla sempre di più: chi avete coinvolto in questo progetto? Su iniziativa del nostro Centro servizi sociali adulti, è stata firmata una convenzione con il Tribunale di Sorveglianza di Reggio, in partenariato con numerosi comuni e soggetti non profit per la realizzazione dei progetti di giustizia riparativa. Lo scopo è quello di promuovere una cultura che favorisca la ricomposizione del rapporto tra vittima e autore del reato: azioni di riconciliazione, di riparazione del danno, anche attraverso attività gratuite a favore della collettività, enti o associazioni di volontariato, in particolare per i condannati in affidamento in prova al servizio sociale.
Secondo lei, è dunque possibile agire per abbattere la recidiva? Sì, e vorrei esprimere un pensiero ai vostri lettori detenuti: io credo che sia possibile uscire da situazioni di devianza se, alla volontà dello Stato di offrire delle opportunità, si accompagna la volontà del soggetto che ha sbagliato di mettersi in discussione impegnandosi in un concreto cammino di responsabilità.
*Il progetto Athena
È un progetto globale che ne comprende altri:
- il consenso dell’utenza, quindi la volontarietà di affrontare un percorso socio-rieducativo, attraverso l’adesione a un patto trattamentale con l’Amministrazione penitenziaria. L’ottica è quella di porre alla base l’assunzione di precise responsabilità; - l’età fra i 18 e i 34 anni; - l’appartenenza al territorio: il detenuto dovrà essere residente nella regione dove si trova la struttura; - la bassa pericolosità sociale: i detenuti da ammettere nel circuito a custodia attenuata non dovranno presentare particolari esigenze di custodia; - la posizione giuridica di definitivi o di ricorrenti. I detenuti saranno selezionati dal "Gruppo Filtro" presso l’Ufficio trattamento intramurale del Provveditorato della Calabria.
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