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Voci per la libertà Intervista a Lara Scrittori, dell’associazione "Tangram"
(Realizzata nel mese di febbraio 2002)
A cura di Nicola Sansonna
In un CD realizzato da Amnesty International è stato inserito un brano del gruppo musicale multietnico della Casa di Reclusione di Padova
Per la prima volta un brano realizzato da detenuti viene inserito come Special guest nella compilation "Voci per la libertà, una canzone per Amnesty". Si tratta di "Fati Zi", una canzone che parla della difficile condizione di vita di molti giovani stranieri presenti nelle carceri italiane, della solitudine e della speranza in un futuro con migliori opportunità. Speranza che di questi tempi sembra cadere sempre più nel vuoto. Gli autori fanno parte della E.C.O., Extra & Communitarian Orchestra, una band multietnica, formata da "ospiti" del carcere di Padova, che è nata grazie alla collaborazione delle associazioni Art Rock Cafè di Abano e Tangram di Padova e, per ovvi motivi, ha visto l’avvicendarsi di oltre cento musicisti–detenuti. I diversi paesi di provenienza hanno permesso loro di formarsi un singolare repertorio che affonda le radici nella musica etnica di origine araba, spagnola, sinti e rom, africana, balcanica e italiana. Lara Scrittori, dell’associazione "Tangram", segue sin dalle origini il gruppo. Abbiamo parlato con lei di questa esperienza.
Come vi è venuta l’idea di partecipare al concorso "Una canzone per Amnesty"? Ci sembrava un connubio ideale legare l’esperienza fatta in carcere con il gruppo Extra&Communitarian Orchestra e la sua realtà multietnica a quella di Amnesty, in qualità di promotrice e sentinella dei diritti umani nel mondo. Abbiamo partecipato al concorso con due brani ed è stata inserita come special guest (sezione speciale) la canzone dal titolo Fati Zi (che vuol dire destino nero). Racconta la disperazione dell’esperienza carceraria e della lontananza dalla famiglia. I musicisti hanno registrato il brano all’interno del carcere con grande entusiasmo. Il loro obiettivo era, tra l’altro, quello di poter uscire in permesso, salire su un palco, poter finalmente esprimere quella carica musicale che hanno dentro.
Per quell’occasione l’E.C.O. si è esibita fuori, e cosa ha significato questo riconoscimento per i ragazzi della band? Purtroppo il CD è uscito, il brano dell’E.C.O. ha avuto un’ottima recensione… ma i permessi concessi erano pochi e di fatto non si è riusciti a formare il gruppo per l’esibizione. Per loro è stata una grande conquista in ogni caso, la premessa per qualcosa di veramente bello che potrà accadere chissà… forse domani. La proposta ora è un po’ quella di ricostruire la finale del concorso all’interno del carcere, abbiamo già lanciato l’idea agli organizzatori di Amnesty e penso che si potrà realizzare entro quest’anno. L’iniziativa è piaciuta molto ai primi tre finalisti, che hanno dato subito la loro disponibilità.
Abbiamo letto che il vostro progetto "si propone di dare rilievo alla soggettività dei detenuti con lo scopo di far emergere il singolo individuo dall’anonimato del carcere e far sì che ciascuno, sfruttando appieno le proprie potenzialità, possa crescere interiormente e acquisire maggiore coscienza di sé". Ci puoi spiegare come lavorate per raggiungere questo obiettivo? La musica in carcere è terapeutica e può restituire un senso al tempo vuoto; inoltre, attraverso il linguaggio universale della musica si può favorire lo spirito del gruppo e la convivenza fra diverse etnie, religioni, ideologie. E anche aiutare a superare atteggiamenti etnocentrici "approfittando" di un luogo, il carcere, in cui la presenza di etnie diverse è superiore a quella della società libera. Obiettivo della ricerca artistica è quello di elaborare l’occasionale "mescolanza" multietnica in una contaminazione di stili, gusti, tradizioni musicali diverse, alla scoperta di emozioni comuni alle varie culture". L’E.C.O. poi ha suscitato molto interesse anche oltre le mura del carcere Due Palazzi, favorendo l’esibizione in pubblico del gruppo, purtroppo mai al completo a causa delle diverse posizioni giuridiche e dei tempi di presentazione e concessione dei permessi. Oltre che a Padova, il gruppo si è esibito nelle principali città venete e persino a Roma in occasione di una manifestazione nazionale di arte reclusa. Attualmente la band è impegnata nella realizzazione della colonna sonora di una soap opera, prodotta interamente all’interno del carcere. Si tratta del progetto "Detenzione e soap opera", scritto e diretto dalla regista Paola Brolati, presidente dell’associazione "L’uovo di Paperoga" di Mestre, e finanziato grazie al contributo della Regione Veneto. L’esperienza, unica in Italia, prevede il coinvolgimento di centodieci detenuti, impiegati nelle riprese video, nei laboratori teatrali e nell’orchestra musicale.
Tutti i brani sono stati registrati all’Umbistudio’s di Canaro (RO), lo studio collegato all’omonimo Rock Club. La distribuzione viene fatta attraverso il sito di Amnesty International, www.amnesty.it.
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