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Non voglio mollare! L’idea che, dopo avere scontato tutta la pena, mi troverò catapultato su un aereo verso un paese, da cui sono lontano da anni, mi toglie tutte le energie e la volontà di costruire qualcosa adesso che sono in carcere
di Altin Demiri
Io sono cambiato e penso che merito di rimanere in Italia
Anch’io ho avuto l’indulto, ma di anni da fare me ne restano ancora parecchi, però inizio a vedere la possibilità di cominciare a lavorare all’esterno, e mi preoccupo di quello che sarà della mia vita nei prossimi anni. La legge Bossi-Fini sull’immigrazione ha reso praticamente impossibile la regolarizzazione di uno straniero che abbia precedenti penali, anche se di poco conto, e questo non mi consente di rifarmi una vita onesta in questo Paese. Non importa se io sia cambiato, se abbia imparato una professione o meno, se abbia deciso di rispettare le regole del vivere civile oppure no, se abbia nel frattempo formato qui una famiglia e invece magari io non abbia nessuno nel mio paese d’origine. Quello che conta è che io ho sbagliato vent’anni fa e non esiste alcuna ragione che tenga: devo essere cacciato senza possibilità di appello. In teoria noi stranieri dovremmo espiare la pena allo stesso modo dei nostri compagni italiani, ritrovare il senso della legalità che in passato abbiamo perduto, capire dove, come e perché abbiamo sbagliato, e tutto questo per essere poi cacciati. Francamente mi sembra assurdo. Soltanto l’idea che, dopo avere scontato tutta la pena, mi troverò catapultato su un aereo o una nave verso un paese, da cui sono lontano da anni, mi toglie tutte le energie e la volontà di costruire qualcosa adesso che sono in carcere. Quando ti dicono che non hai più diritto di rifarti una vita in Italia, diventa impossibile trovare la forza per continuare a scontare la pena in modo sereno, con l’obiettivo del reinserimento. Spero soltanto che i politici si rendano conto che c’è qualcosa di sbagliato in questa legge e che trovino il modo di modificarla, che diano almeno un po’ di speranza a quei detenuti stranieri che hanno scontato correttamente la condanna e si sono comportati bene. Per i detenuti italiani, qualora concludano positivamente tutto il percorso delle misure alternative, le pene accessorie vengono estinte. Quello che servirebbe è una legge che preveda l’annullamento dell’espulsione per quegli stranieri che hanno cercato in tutti i modi, durante la detenzione, di diventare uomini e donne diversi, così da darci la possibilità di regolarizzarci. Si dovrebbe inoltre tener conto che una persona che è rimasta per un certo periodo in carcere, ed è stata ben seguita in un percorso per ritornare nella società, abituandosi a confrontarsi con tutti e a mettere in discussione i propri comportamenti, potrebbe avere la possibilità di farcela più di tanti che vivono qui all’oscuro delle regole di questo Paese. Mi piacerebbe perciò che concedessero una seconda opportunità a chi dimostra di essere cambiato: non dimentichiamoci che è proprio dagli errori che si impara, una persona deve essere valutata per il suo presente, senza tenerla ancorata per sempre ad un momento brutto della sua vita. Anche se il passato non deve essere rimosso, proprio per non rischiare di ricadere negli stessi errori, ma non dovrebbe però neppure diventare un macigno che ti schiaccia senza possibilità di salvezza.
Ho paura di essere costretto ad abbandonare i sogni che hanno riempito il mio tempo in galera
In questi giorni ho ricevuto una lettera da un amico uscito con l’indulto, e voglio riportare integralmente alcuni passaggi che mi hanno colpito: “Caro amico Altin ti scrivo questa lettera augurandomi che tu goda di buona salute, così è per me, ma di morale sono un po’ giù. Devo confessare che sono deluso da alcune mie aspettative che avevo per il lavoro e per riallacciare dei buoni rapporti con le persone, ma è pur sempre bello stare fuori in libertà. Altin, ho passato troppo tempo dietro le sbarre e, ti devo dire la verità, le mie convinzioni di farcela a ritornare ad un livello dignitoso sia sociale che economico, sono scosse, mi sono accorto che le sicurezze di cui avevamo parlato in carcere, adesso fuori sembrano inadeguate. La cosa che mi rattrista di più è che quando devo chiedere qualcosa, spesso mi trovo davanti ad un muro di gomma, ad una burocrazia che fa schifo, non appena si viene a sapere che sono un ex detenuto… Non so perché te lo scrivo, ma per la prima volta mi sono sentito sopraffatto dal mio passato, dal giudizio delle persone che mi guardano con sospetto, ho paura di essere costretto ad abbandonare i sogni e i desideri che hanno riempito il mio tempo in galera, e soprattutto quello di vivere dignitosamente in questo mondo, ma non so quante altre umiliazioni dovrò subire per sopravvivere! Tutto ciò non mi aiuta psicologicamente, inoltre sono arrabbiato, esasperato dai diversi controlli dei carabinieri subiti nella mia abitazione, dovuti solamente al mio passato”. Io penso che il mio amico stia incontrando delle difficoltà che potevano essere preventivate: non potevamo e non dovevamo pensare che tutto fosse semplice, perché sappiamo che i dubbi ed i pregiudizi che la società nutre nei nostri confronti derivano quasi esclusivamente dai nostri errori, errori che solo noi dobbiamo dimostrare di non ripetere. Il carcere deve averci insegnato qualcosa: i sogni ed i progetti fatti meritano rispetto, ma anche sacrificio. Ed è proprio alla società che dobbiamo dimostrare di essere pronti a rispettare le leggi ed i doveri. Dobbiamo capire che a volte non basta aver scontato la propria pena per sentirci al di sopra di qualsiasi giudizio, saremo sempre oggetto di controlli sia dalle forze dell’ordine che dalla società stessa, ma è anche vero che siamo noi ad avere in mano la spugna per cancellare ogni pregiudizio, trasformando ogni controllo in un confronto, ogni discriminazione in un esame da superare; solo così saremo in grado di dimostrare di poter far parte integrante e utile di quella società che troppo spesso e frettolosamente giudica. Lo Stato, con l’approvazione dell’indulto, ha concesso a migliaia di miei compagni la possibilità di attuare i programmi di reinserimento tante volte discussi, ora è il momento di metterli in pratica. Dimostriamoci all’ALTEZZA, BATTIAMOCI per mantenere la libertà acquisita, ci saranno momenti durissimi, delusioni, sconforto e porte chiuse in faccia, alcuni non ce la faranno, la recidiva colpirà ancora, ma non diamo per favore tutte le colpe alle Istituzioni, ne possono avere, soprattutto nei riguardi di noi detenuti stranieri o dei tossicodipendenti, visto che ben poco si è potuto fare durante la loro detenzione, ma la grande maggioranza di noi non butterà al vento l’occasione. Per questo, amico mio, noi resteremo sempre pregiudicati, ma è più importante vivere a testa alta, nella piena convinzione di dare il meglio di noi stessi, perché, e noi lo sappiamo più di altri, quello che non ti distrugge ti rende più forte. E vedrai che alla fine qualcuno si convincerà che anche un ex detenuto può fare qualcosa per se stesso e, se gli sarà chiesto, anche per gli altri. Io ti ricordo con tanto affetto, con stima e amicizia e invidio il momento che stai vivendo, della libertà abbiamo tanto parlato (ricordi?), ora fai in modo che essa rappresenti davvero il tuo futuro.
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