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“Fiordisapori”, una cooperativa sociale in rosa Servizio catering dalla galera. Ad Empoli, undici donne, italiane e straniere, di cui sei del territorio e cinque detenute della custodia attenuata femminile della cittadina toscana, hanno frequentato un corso di formazione sulla ristorazione, volto alla creazione d’impresa
di Marino Occhipinti
Undici donne, alcune detenute altre “libere cittadine”, con l’obiettivo di costituire una cooperativa di catering e servizi di ristorazione in genere: nasce così la cooperativa Fiordisapori, presentata ufficialmente qualche mese fa in una iniziativa pubblica, patrocinata dal Comune di Empoli, in cui si è parlato di cooperazione, carcere, solidarietà e del fare impresa sociale, vale a dire della volontà di coniugare la creazione di opportunità di lavoro con la promozione e realizzazione di servizi professionali e competenti. All’incontro hanno partecipato i referenti del consorzio Co&So (cooperazione e solidarietà) che hanno lavorato al progetto complessivo, Mirco Regini, Stella Latini e Francesco Franco, e poi c’erano Alessandro Margara della Fondazione Michelucci, la direttrice della Casa a custodia attenuata femminile di Empoli ed altri esponenti del mondo della cooperazione. Unite dalle situazioni più svantaggiate, ma intenzionate a continuare a vivere con determinazione e coraggio, le ragazze coinvolte hanno già dato prova delle loro attitudini culinarie in alcune performance legate ad iniziative che si sono svolte all’interno ed all’esterno del carcere. Momenti in cui è stata riconosciuta la bravura e soprattutto la loro professionalità, anche grazie ad un percorso di duecentocinquanta ore di formazione, suddivisa in due parti: una di base ed una specifica professionalizzante. Per saperne di più abbiamo intervistato i responsabili della Fiordisapori.
Come e quando è nata la cooperativa Fiordisapori e quali sono gli scopi che vi siete prefissi?
Fiordisapori è nata il 26 aprile del 2006 prefiggendosi come finalità di dare risposte socio-occupazionali alle donne detenute presso la Casa circondariale di Empoli, e più in generale a soggetti svantaggiati della nostra comunità territoriale. Accanto a questa finalità c’è anche l’impegno per la diffusione sul territorio dell’idea del “carcere aperto”: un importante cambiamento culturale nell’approcciarsi a queste strutture e a chi ci vive dentro. Il nostro oggetto sociale è rappresentato dallo svolgimento di attività di catering e ristorazione in genere, con la chiara volontà di confrontarci, su queste attività, con il mercato privato, rivolgendo i nostri servizi ad aziende, famiglie e persone, oltre che ad enti pubblici, anche fuori dalla logica del convenzionamento diretto.
Quante persone verranno assunte dalla cooperativa e quante di loro saranno detenute? Per il momento per rispondere all’organizzazione e realizzazione degli eventi sono state attivate delle collaborazioni (10, di cui 5 relative a ragazze detenute). A breve la cooperativa attiverà rapporti contrattuali più formali. Per le ragazze detenute siamo in attesa, da parte degli organi regionali competenti per materia, di avere il via libera per avviare contratti a domicilio, visto che stiamo utilizzando la cucina del carcere per le varie attività.
Avete già iniziato l’attività di catering o siete ancora alla fase preparatoria? Abbiamo già avviato l’attività, realizzando un buffet per il convegno nazionale dell’Avo (250 persone), vari buffet in occasione di convegni e seminari di lavoro organizzati da ASL 11, CPI di Empoli, comuni del circondario Empolese Valdelsa e dalla Provincia di Firenze (70/150 persone), gestione mensa per centri estivi per l’infanzia, oltre ad alcuni buffet per battesimi, comunioni e matrimoni, commissionati da famiglie.
Perché avete scelto proprio questo settore? Riteniamo che sia un settore che abbia delle buone possibilità di successo. Mancava sul nostro territorio un soggetto sociale promotore di tali servizi ed anche il mercato dei soggetti privati non è così saturo come magari su altri territori. L’analisi di mercato che abbiamo fatto in sede di progettazione ha portato a considerare questo ambito di lavoro come “attaccabile”.
Che inquadramento retributivo applicate alle donne detenute? Pensate di espandervi? Al momento le detenute sono socie della cooperativa e regolarmente retribuite, rispetto agli eventi realizzati, attraverso dei rapporti di collaborazione. Sulle prospettive di sviluppo stiamo lavorando, con un po’ di fatica verso due macrodirezioni: a) rintracciare una cucina attrezzata che possa, progressivamente, svincolare la neonata cooperativa dal comodato gratuito relativo all’utilizzo della cucina del carcere; b) trovare una commessa relativa alla ristorazione (o anche altro così come previsto da statuto) in grado di conferire stabilità a parte dell’attività posta in essere dalla Fiordisapori e di dare ulteriore slancio all’attività di catering (per sua natura più estemporanea), quale la gestione di una mensa pubblica o di mense aziendali.
Con quali fondi è stato realizzato il progetto e quali enti, siano essi pubblici o privati, siete riusciti a coinvolgere e vi hanno sostenuto? Il progetto è stato realizzato grazie al Fondo Sociale Europeo. Il finanziamento è gestito con funzioni di controllo dal Consorzio regionale Toscano intermedio denominato “Esprit”. Il progetto è stato promosso e realizzato dal Consorzio di cooperative sociali Co&So, con il sostegno dei comuni di Empoli e Fucecchio. Il ruolo del Consorzio è stato, ed è tuttora estremamente importante: proprio in virtù del suo ruolo e delle sue competenze è riuscito a promuovere l’idea sia dal punto di vista sociale, che imprenditoriale, accompagnando le ragazze sia durante il percorso, che rispetto allo start-up d’impresa. Altro soggetto fondamentale risulta essere la Casa circondariale di Empoli: la direzione e l’educatrice della struttura sono sempre state estremamente motivate e collaborative su questo progetto, credendoci fin da subito. La loro collaborazione non si è limitata alla concessione dei locali di cucina, ma fa riferimento alla gestione giuridica dei permessi delle ragazze, alla progettualità di varie iniziative ed al supporto nel ruolo di rappresentanza politica sul territorio.
Che lavoro svolgono le persone detenute, e con quale formazione? Svolgono mansioni di aiuto cuoca, lavapiatti e personale di sala, essendosi occupate, in occasione di alcuni eventi, anche del servizio. L’idea di fondo è quella di mantenere per le ragazze coinvolte questa triplice mansione, forzando un po’ comunque su una loro progressiva, ma non esclusiva, maggiore specializzazione. Ciò per quanto riguarda i singoli catering che sono stati e che verranno realizzati, mentre una volta rintracciata una commessa di lavoro “più quotidiana”, le mansioni delle ragazze saranno più strutturate, in virtù dei criteri organizzativi richiesti dalla commessa stessa. La formazione delle ragazze rispetto a queste mansioni è stata propedeutica alla costituzione dell’impresa. Infatti il progetto ha previsto nella prima fase un percorso formativo che ha avuto come aspetto estremamente qualificante, di promuovere quest’azione formativa, creando un gruppo misto tra ragazze detenute e donne esterne. Una formazione mista, per investire fin da subito sulla creazione del “gruppo”, elemento fondamentale e fondante del fare impresa e del farla sociale.
State incontrando delle difficoltà? Le difficoltà ci sono. Sono quelle del fare impresa sociale, del dover coniugare il progetto imprenditoriale con quello sociale. Siamo sicuri di aver creato in questi mesi le condizioni adeguate allo sviluppo della nostra idea, è necessario comunque che le amministrazioni del territorio mantengano vivo l’interesse per il nostro progetto. Quali condizioni ideali? Innanzitutto una fattiva e positiva collaborazione con la direzione della Casa circondariale e con l’equipe degli educatori, e poi, continuando, il ruolo di sostegno e supporto del Consorzio Co&So e il livello di attenzione creato all’interno della nostra comunità, che ha cominciato a conoscere la Fiordisapori ed il suo progetto.
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