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In Umbria le aziende aprono ai detenuti Imprenditori "a scuola di carcere" grazie alla coop Frontiera Lavoro
A cura di Marino Occhipinti
Orientamento al lavoro, formazione professionale, progetti di inclusione socio-lavorativa per i detenuti e borse-lavoro di reinserimento per persone in affidamento in prova al servizio sociale. Sono le principali attività di Frontiera Lavoro, a Perugia, la prima cooperativa sociale umbra specializzata nelle politiche attive per il lavoro a favore delle fasce deboli. È nata nel 2001 come "costola" di Nuova Dimensione, una cooperativa di ventennale esperienza. Luca Verdolini, coordinatore dell’area Giustizia di Frontiera Lavoro, ci racconta le loro iniziative.
Come e quando è nata la cooperativa Frontiera Lavoro, sotto quale spinta e con quali obiettivi? Si è costituita nel 2001 a Perugia, promossa dalla cooperativa sociale Nuova Dimensione che, tra il 1995 e il 2000, si era accreditata come una delle strutture maggiormente specializzate nell’offerta di servizi di politiche attive del lavoro per le fasce deboli. Era diventata un’esperienza di riferimento a livello nazionale per la progettazione e la diffusione del settore "Politiche del lavoro" del Consorzio Nazionale delle cooperative sociali "Gino Matterelli". Quando, nel 2001, Nuova Dimensione ha "compiuto" vent’anni, è stato promosso il percorso che ha portato alla nascita della cooperativa Frontiera Lavoro, il 12 dicembre 2001. L’obiettivo è la strutturazione di un sistema di servizi integrati che definiscano una strategia di global service all’interno delle politiche attive del lavoro per fasce deboli.
Di quali attività vi occupate, dentro e fuori gli istituti di pena? Dal 1999 Frontiera Lavoro opera nella Casa circondariale di Perugia, in quella di Terni e nella Casa di reclusione di Orvieto. Gestisce sportelli di orientamento al lavoro, corsi di formazione professionale e progetti di inclusione socio-lavorativa per detenuti e detenute. Dal 2002, attraverso una convenzione con il Centro di servizio sociale per adulti di Perugia, gestisce anche le borse lavoro di reinserimento per soggetti in affidamento in prova al servizio sociale. Più in generale, la cooperativa progetta e mette in campo attività di orientamento, accompagnamento al lavoro e inserimento lavorativo per disoccupati, studenti e persone svantaggiate (disabili, ex tossicodipendenti, extracomunitari, giovani che hanno abbandonato la scuola…). Svolgiamo inoltre servizi alle imprese e di collocamento privato.
Abbiamo letto su alcuni quotidiani del progetto "Aster", che riguarda in particolare i detenuti. In che cosa consiste? Il progetto "Aster: per la rimotivazione, il recupero e l’integrazione dei detenuti nel mondo del lavoro" viene realizzato all’interno della Casa circondariale di Terni e della Casa di reclusione di Orvieto, finanziato dalla Provincia di Terni. L’obiettivo è favorire il reinserimento nella società libera tramite un lavoro esterno, e al tempo stesso contribuire a una crescita culturale e civile rispetto alle problematiche della detenzione, in una regione come l’Umbria che ha le potenzialità per combattere l’emarginazione. "Aster" consentirà ai detenuti di progettare percorsi personalizzati di reinserimento lavorativo, valorizzando il vissuto personale, le potenzialità e le risorse spesso minacciate da un’istituzione che risulta ancora fondata sull’equazione "carcere uguale pena, reclusione". Tentiamo di rompere il muro dell’indifferenza, sensibilizzando il territorio - soprattutto il tessuto produttivo - sul fatto che spesso ciò che un detenuto chiede a un datore di lavoro è solo la possibilità di mettersi alla prova, per verificare quello che davvero vale. Il progetto inizia con 80 ore di orientamento, per rafforzare le competenze minime indispensabili per l’ingresso nel mondo del lavoro, e prosegue con un laboratorio professionale per panificatore della durata di 320 ore.
Quante sono le persone coinvolte? Trenta nei due istituti di pena. I detenuti sono selezionati attraverso uno sportello di orientamento interno alla struttura penitenziaria, che fornisce informazioni e seleziona i partecipanti al progetto insieme all’équipe tecnico-scientifica composta dalla direzione, dagli educatori, dagli assistenti sociali e dagli agenti di polizia penitenziaria.
Come avviene la loro formazione e quali possibilità hanno di trovare un’occupazione al termine della preparazione? Il corso insegna i principi e le tecniche della panificazione e della produzione di prodotti da forno. Ma, oltre a fornire competenze professionali, si cerca di avviare un processo di promozione e valorizzazione globale dell’individuo da spendere nella fase di inserimento lavorativo. Al termine della formazione è prevista l’attivazione di sedici borse lavoro, della durata di due mesi, presso le aziende del territorio. A questo proposito è stata fondamentale l’analisi del nostro contesto economico attuata dall’operatore della mediazione aziendale, che ha informato le imprese delle opportunità del progetto. La provincia di Terni è infatti ricca sia di aziende private, soprattutto piccole e medie, che di un importante contesto cooperativistico. E nel settore della panificazione, negli ultimi anni, la domanda di lavoro non è stata soddisfatta dall’offerta. Infine, abbiamo realizzato uno studio di fattibilità di creazione di impresa che approderà alla costituzione di una cooperativa di tipo B all’interno della Casa circondariale di Terni per la produzione di pane e prodotti da forno: prevediamo l’assunzione di sette detenuti. Si sta procedendo alla messa a norma dei locali idonei e, il prossimo settembre, dovremmo avviare le lavorazioni interne.
Quali sono i vostri partner in questo progetto e cosa avete fatto per sensibilizzare le imprese e convincerle ad assumere detenuti ed ex detenuti? I partner sono le associazioni di categoria del territorio, Confartigianato e Cna, con le quali si è avviata la sensibilizzazione e la rilevazione dei fabbisogni occupazionali delle aziende aderenti, le quali hanno manifestato interesse verso l’inserimento dei detenuti formati. Inoltre, al fine di facilitare la reciproca conoscenza tra il mondo delle imprese e la realtà carceraria, il progetto ha previsto un ciclo di seminari rivolti agli imprenditori su vari temi: la legislazione sull’occupazione dei detenuti e sulle misure alternative alla detenzione; le opportunità legate all’assunzione di detenuti ed ex detenuti; la comunicazione e la relazione in situazioni di svantaggio.
Quali altri progetti di recupero sociale e di reinserimento lavorativo avete realizzato negli anni e con quale percentuale di successo? Frontiera Lavoro ha iniziato a lavorare nella Casa circondariale di Perugia, sezione maschile e femminile, con il progetto Occupazione Integra "Social Bet - Percorsi di reinserimento sociale per detenuti". Erano previste 120 ore di orientamento e 24 borse lavoro. Il risultato più tangibile e immediato è stato l’altissimo numero di allievi assunti al termine della borsa lavoro (oltre il 90%), quasi tutti nelle imprese ospitanti. E’ grazie a questo ottimo risultato e al sistema innovativo sperimentato nella realtà penitenziaria umbra, che il progetto "Social Bet" è stato riconosciuto come "buona pratica" prima dall’Isfol e poi dal ministero del Lavoro, che ne ha approvato il trasferimento sul territorio di Firenze. Grazie a questo progetto, la nostra cooperativa sociale sta sperimentando un servizio di accoglienza e orientamento professionale da attivare negli istituti di pena di Terni e di Orvieto, per offrire accoglienza, motivazione, consulenza individuale, ricerca e attivazione delle risorse lavorative territoriali e collegamento e integrazione con altre agenzie formative (agenzie interinali, centri per l’impiego, agenzie private di intermediazione domanda/offerta…). Questa sperimentazione è stata calata in un protocollo d’intesa tra noi e la Provincia di Terni, per intraprendere azioni innovative rivolte a detenuti. Inoltre, la cooperativa gestisce il progetto "Aurora", promosso dal Centro di servizio sociale per adulti di Perugia, che prevede l’attivazione di borse lavoro per soggetti in esecuzione penale esterna. Nei primi due anni sono state attivate 8 borse della durata di sei mesi, e quattro si sono trasformate in assunzioni a tempo indeterminato.
Lavorando in carcere, con quali difficoltà vi dovete confrontare? Abbiamo la fortuna di operare in istituti ben organizzati, dove si è instaurato un proficuo rapporto di collaborazione con le direzioni e il personale. La principale difficoltà consiste nell’impossibilità di conciliare i tempi del mondo del lavoro con quelli di un’istituzione totale come quella carceraria: a volte la necessità di soddisfare le richieste di personale delle aziende si scontra con i tempi dell’istituzione penitenziaria che, spesso, vanificano l’inserimento lavorativo.
Secondo la sua esperienza, il reinserimento sociale durante o dopo il carcere è dunque un obiettivo possibile? I risultati concreti che abbiamo conseguito testimoniano che questi percorsi funzionano. E’ evidente che per favorire l’integrazione di persone in condizione di marginalità occorre sensibilizzare il territorio, valorizzare la cultura dell’accoglienza, promuovere l’accettazione delle diversità. Solo così si garantisce, nel lungo periodo, la sicurezza delle città. Troppo spesso, purtroppo, la persona che ha terminato di scontare la propria pena torna a vivere nel disagio: dobbiamo costruire un sistema che consenta loro di cambiare vita, attuando una politica sociale complessiva.
Cooperativa Sociale FRONTIERA LAVORO Via Campo di Marte, 28/b – 06124 Perugia Tel. 075.5002458 – Fax 075.5156543 E mail: frontieralavoro@frontieralavoro.it Sito Web: www.frontieralavoro.it A Pescara, un’agenzia "di collocamento" specializzata in marginalità sociale
Ventitré partner - tra privati, associazioni ed enti locali - si uniscono nel progetto europeo Streets per incoraggiare l’inserimento in azienda di disabili, ex tossicodipendenti, ragazze madri ed ex detenuti. Svelando alle imprese quanto la responsabilità sociale possa rivelarsi proficua
di Marino Occhipinti
Intessere una rete di assistenza che crei percorsi di inserimento sociale e lavorativo per le persone svantaggiate. È la mission del progetto europeo Streets (Sistema Territoriale per il REinserimento E la Tutela Sociale), promosso a Pescara dall’Agenzia d’inclusione sociale nata nel settembre del 2003, al quale hanno già aderito ventitré partner fra associazioni, comuni, sindacati, centri di ricerca e agenzie interinali. Disabili, immigrati, ex tossicodipendenti, ragazze madri ed ex detenuti: sono queste le tipologie di persone che potranno essere assistite e facilitate nel lavoro mediante la consulenza offerta dall’Agenzia alle aziende, il tutoraggio, lo stanziamento di borse lavoro e la formazione basata sulle specifiche richieste. Promuovere una cultura del lavoro solidale, insomma, fondata sulla responsabilità sociale delle imprese. Il nodo fondamentale del progetto, infatti, sta nella rete inter-istituzionale creata sul territorio e nell’integrazione delle misure sociali, sanitarie, alloggiative, nonché nel sostegno offerto dai mediatori sociali, che agevolano l’inserimento dei lavoratori nelle aziende con un ruolo di affiancamento, evitando l’insorgere di conflitti. Streets, inoltre, per invogliare le aziende alle assunzioni, offre loro una consulenza legislativa in materia di lavoro, di agevolazioni e incentivi economici, oltre alla gestione della preselezione per la ricerca del personale. Il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso ha voluto fare di più, e nell’inviare alle aziende della sua città una lettera di presentazione del servizio, ha sottolineato "la necessità di una maggior integrazione tra mondo delle imprese e Pubblica amministrazione, elemento fondamentale per la crescita della città e di tutta la collettività". Un obiettivo, questo, che è raggiungibile solo con la costruzione di un ponte fra due sponde lontane: le aziende e i lavoratori svantaggiati. Chiunque si rivolgerà all’Agenzia d’inclusione sociale avrà a disposizione assistenti sociali, psicologi, consulenti del lavoro e tutor, che provvederanno a stilare una cartella d’inserimento personalizzata in cui saranno riportate tutte le problematiche e le conoscenze dell’utente.
La tabella informativa: Un posto di lavoro sociale fa crescere un’azienda L’Agenzia di inclusione sociale del Comune di Pescara ha una banca-dati di centinaia di lavoratori classificati come "svantaggiati" (giovani, immigrati, disabili, donne o madri in difficoltà), ma in grado di rivelarsi una grande risorsa per le aziende. Una risorsa produttiva per la motivazione al lavoro di queste persone; una risorsa economica per le agevolazioni che l’assunzione di certe categorie comporta; una risorsa sociale, perché promuove la coesione tra la comunità e l’azienda; una risorsa attiva e supportata perché i lavoratori inseriti sono seguiti con percorsi personalizzati. Anche se il loro scopo è quello di generare profitti, le imprese possono al tempo stesso contribuire a obiettivi sociali. E tra loro cresce la consapevolezza che la responsabilità sociale rivesta un valore economico diretto e quindi debba essere considerata come un investimento e non come un costo. Le aziende possono così adottare un approccio che integri aspetti finanziari, commerciali e sociali, elaborando una strategia di lungo periodo.
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