Voci da lontano

 

Navi della speranza o navi delle illusioni?

 

La storia di Gentian, approdato in Italia da Kavaja, un piccolo paesino dell’Albania

 

Gli amici mi chiamano Genti, sono arrivato in Italia nove anni fa, avevo diciassette anni e tanta voglia di vivere una nuova vita, che potesse darmi tante soddisfazioni: un lavoro, delle amicizie. L’intenzione era di costruire una mia famiglia, e perché no, con una ragazza italiana.

Il mio paese natale è molto povero, popolato da persone semplici che si accontentano di poco, che sanno offrire il loro calore e la loro amicizia davanti ad un piatto caldo di polenta ed un buon bicchiere di vino rosso. Chissà, forse il fatto che in Albania siamo dei grandi consumatori di polenta deriva da una qualche antica influenza veneziana o, molto più semplicemente, perché costa poco.

Nelle lunghe sere d’inverno, gli anziani del paese raccontavano le loro storie, facendoci immergere nel passato con il tono monotono e dolce della cadenza delle loro parole. Le rughe profonde sul loro volto rivelavano come il tempo è davvero l’unico testimone di una vita piena di sacrifici.

Proprio questa povertà ha fatto scattare dentro di me la voglia di scoprire cosa si nascondesse dietro le colline della mia terra.

Vivendo in un paese povero, erano sogni di luci e di colori a riempire la mia mente e il mio cuore. Le poche immagini che la televisione mi offriva del mondo facevano crescere la mia voglia di conoscere tutte quelle città piene di luci, di persone, di vetrine che sembravano sempre strapiene.

Sono figlio unico, non ho potuto studiare molto, perché lavoravo cercando di aiutare la mia famiglia, ma la voglia di cercare il successo in Italia mi ha fatto scegliere di partire con altri mille conterranei su una nave ribattezzata dai telegiornali come "La nave della speranza".

La fortuna mi ha aiutato, molto presto ho trovato un lavoro, e finalmente sono stato in grado di spedire parte dello stipendio a mia madre.

Immaginate lo stupore dei miei genitori, quando ricevettero il mio primo vaglia di un milione di lire. Nel mio paese lo stipendio mensile era appena di cinquantamila delle vostre vecchie lire. Con "l’esorbitante" somma che le avevo inviato, finalmente mia madre poteva comprare la lavatrice, le pentole nuove, il televisore, un maglione di lana per mio padre, uno scialle per la nonna e l’equivalente di tre carrelli di spesa.

I primi anni li ho trascorsi lavorando sodo con la responsabilità di continuare ad aiutare la mia famiglia, lasciando da parte le serate in discoteca o al cinema.

Per una questione di lingua, frequentavo soprattutto i miei paesani. Non tutti lavoravano, alcuni si arrangiavano commettendo furtarelli ed altri piccoli reati. Pian piano mi trovai in quel giro, anche se le mie intenzioni iniziali erano diverse.

 

Adesso ho smesso di fantasticare come facevo prima

 

Allora non potevo immaginare che all’improvviso la mia vita e la mia storia sarebbero finite nei tribunali e che mi sarebbe toccato il tormentato destino di vivere per alcuni anni in carcere. Oggi causa dei miei errori anche la mia famiglia soffre molto.

Il carcere mi ha insegnato che non esiste nulla per cui valga la pena perdere la libertà, tanto meno i soldi facili! La possibilità di potersi innamorare, di camminare tra la gente, di poter aiutare e rendere felici le persone che più amo, non ha prezzo. Ora posso solo "sognare" di poterlo fare ancora quando finalmente uscirò.

Adesso ho smesso di fantasticare come facevo prima. Desidero profondamente poter lavorare ed aiutare così la mia famiglia. Non sogno più "solo" una ragazza italiana per le mie avventure amorose, ma voglio scoprire se sono abbastanza maturato come uomo, da poter incontrare una donna che possa capire il mio animo, e che condivida con me i sacrifici per costruire, un giorno, la nostra famiglia.

Mi aspetta un futuro certo pieno di sacrifici ed è un cammino di rinunce alle cose superflue alle quali mi ero abituato in precedenza, ma sono determinato a percorrerlo con coraggio e volontà.

In carcere ho anche avuto la fortuna di avvicinarmi alla fede cristiana e ai suoi insegnamenti. Certo sono consapevole che non riuscirò a metterli tutti in pratica, ma credo che facendomi guidare dai suoi principi morali, forse potrò diventare un uomo saggio e capace di non commettere più errori stupidi come quelli che mi hanno fatto conoscere l’amarezza e l’umiliazione della vita da carcerato.

Ora almeno capisco ancora meglio il significato dei consigli e delle storie raccontate dagli uomini anziani, dai vecchi del mio piccolo paese d’Albania, che cosa veramente esprimono tutte quelle rughe che scavano il volto di uomini e donne, rendendoli forse meno piacevoli nell’aspetto esteriore, ma belli e grandi nella loro dignità, nel rispetto ed amore per la vita dedicata al lavoro onesto. Anche se questo lavoro gli rendeva solo cinquantamila lire al mese.

 

Gentian Allaj

 

 

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