Carmelo Trunfio

 

Carmelo Trunfio

 

Come gli adulti possono aiutare i giovani a districarsi nel labirinto della vita? Sicuramente imparando ad ascoltarli. Senza imporre loro modelli di vita preconfezionati che non rispondono ai bisogni autentici dei giovani. C’è sicuramente bisogno di costruire un rapporto di tipo empatico tra questi due mondi. Avere un rapporto empatico però non significa per un adulto scimmiottare atteggiamenti più o meno giovanilistici, ma vivere dentro di sé lo spirito del ragazzo ricordandosi comunque di essere un adulto, che ragiona, pensa, agisce da adulto.

L’AGESCI svolge da sempre un ruolo di associazione educativa principalmente sul piano della prevenzione primaria, ovvero di formazione delle personalità e delle coscienze dei giovani. Non ci occupiamo, quantomeno in via prioritaria, di azioni sul piano del recupero dei disagi (droga, alcolismo, etc.). Mi sia consentito, visto che qui parliamo di prevenzione primaria, innanzitutto di analizzare il rapporti tra i soggetti in campo: l’educatore e l’educando, ovvero l’adulto e il giovane.

Come gli adulti possono aiutare i giovani a districarsi nel labirinto della vita? Sicuramente imparando ad ascoltarli. Senza imporre loro modelli di vita preconfezionati che non rispondono ai bisogni autentici dei giovani. C’è sicuramente bisogno di costruire un rapporto d tipo empatico tra questi due mondi.

Nella scuola il trapasso dell’istruzione avviene quasi sempre senza relazionalità umana, quella relazionalità umana che è la chiave per entrare nel mondo de ragazzi/e, e quasi di conseguenza diventare punti d riferimento per loro. Avere un rapporto empatico però non significa per un adulto scimmiottare atteggiamenti più o meno giovanilistici, ma vivere dentro di sé lo spirito del ragazzo ricordandosi comunque di essere un adulto che ragiona, pensa, agisce da adulto.

Siamo altresì convinti che qualsiasi azione educativa diventi tanto più efficace quanto più coinvolge l’intera vita del ragazzo/a, ovvero quando soggetti diversi concorrono, ciascuno con il suo specifico, a creare una sorta di fronte unico, una "fascia sociale di coerenza", i cui fini hanno per obiettivo l’educazione globale dei giovani.

L’AGESCI ha promosso per questo un protocollo d’intesa con il ministero della Pubblica Istruzione i fine di promuovere intese locali di interazione tra gruppi scout e singole scuole. All’interno di questo protocollo d’intesa abbiamo realizzato un progetto, nell’anno scolastico 2001/2002, in 12 scuole medie-inferiori della Calabria, con ragazzi di 12/14 anni d’età media. Il progetto voleva verificare se in contesti molto eterogenei quali erano le scuole prescelte (presenza di Rom, di extracomunitari, presenza di fasce sociali molto diverse tra loro) è possibile avviare azioni educative congiunte sulle tematiche dell’educazione alla pace, del superamento dei conflitti, della non emarginazione.

La verifica finale del progetto ha posto l’attenzione su alcune dinamiche, che mi sembra interessante evidenziare poiché ben si prestano ad una prevenzione di tipo primario all’uso di sostanze stupefacenti. Vorrei provare a condividere con voi qualche riflessione. È emersa in modo forte l’esigenza degli alunni di vivere l’avventura. Fuori quindi da schemi noiosi, ripetitivi. I ragazzi hanno molto apprezzato la possibilità di vivere il progetto, spesso, fuori dal recinto della scuola, incontrando persone diverse dai loro insegnanti, con tecniche di manualità che stimolavano la loro creatività, con giochi di simulazione sulle relazioni di gruppo che li aiutavano a riflettere sugli atteggiamenti che ciascuno tiene con le persone che gli stanno attorno.

L’occasione di vivere l’esperienza in piccoli gruppi autogestiti si è rivelata positiva e apprezzata. Sia perché le cose fatte insieme ad altri sembrano più fattibili, sia perché l’esperienza dell’autogestione ha permesso ai singoli di vivere spazi di protagonismo: hanno scelto cosa fare, come farlo, ciascuno con un compito, e infine hanno verificato ciò che si è fatto in modo sereno con gli altri. Il dividersi i compiti ha permesso a ciascuno di assumere un ruolo, di collocarsi in un contesto, sapere che gli altri si aspettano qualcosa da lui, capire che se non fa la sua parte il gruppo non raggiungerà l’obiettivo. Questo modo di procedere si è rivelato ottimale per far emergere alunni considerati "difficili" dagli insegnanti.

Magari solo introversi, scontrosi, disinteressati all’attività didattica, ma in un contesto "attivo" però riescono comunque a ritagliarsi uno spazio e fare la propria parte. Al fine di superare i piccoli conflitti che inevitabilmente nascono dallo stare insieme, gli alunni hanno provato a darsi delle regole condivise, una regola che non è l’ennesima proibizione perché imposta dall’alto o da fuori, ma una occasione che ci permette di raggiungere al meglio gli scopi prefissati, valorizzando atteggiamenti/comportamenti positivi di ciascuno. Darsi una regola significa darsi un criterio oggettivo che aiuta a non far discriminazioni.

Lo schema generale utilizzato, che ha trovato un buon riscontro tra gli alunni, altro non è che lo pedagogia "dell’imparare facendo", ovvero prima faccio e poi rifletto su quello che faccio, agisco e questo mi permette di dedurre le mie capacità, le mie potenzialità, i miei limiti; capisco quindi quando posso farcela da solo e quando ho bisogno d’aiuto. Vorrei chiudere ribadendo due cose, che possono essere due impegni morali per il futuro.

Innanzitutto la necessità sociale di un sì ai processi di tipo educativo, l’educazione quale fattore di in-dipendenza. Ai nostri ragazzi/e giunti, a 20 anni, alla fine del percorso scout, chiediamo di prendere la "partenza", ovvero di lasciare l’associazione e seguire la propria vocazione, una scelta di libertà e di indipendenza, fuori da logiche mercantili e monetarie. Serve spingere le istituzioni nell’attuazione di politiche giovanili permanenti, partendo dal basso, ovvero dalle circoscrizioni, dai comuni.

La necessità culturale di rivisitare il modello di vita occidentale ormai giunto al capolinea. Modello di vita iperlegato ad una logica del consumo a tutto campo, stratificato su tutte le fasce sociali e che indirettamente, per riflesso culturale, ha sicuramente favorito anche il consumo della droga e quindi lo sviluppo del suo mercato. Esistono timidi segnali positivi in tal senso, basti pensare alle guide al consumo orientato, al commercio equo e solidale, ai boicottaggi commerciali. Tante iniziative, ancora magari non particolarmente diffuse, alcune ancora un po’ grezze ed indefinite, ma segnale di una consapevolezza che pone una selezione di tipo etico. Una nuova logica sociale da assecondare e favorire.

 

 

 

Precedente Home Su Successiva