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Giuditta Sereni
Lavoro per il Centro prevenzione droghe di Bolzano. È un centro nuovissimo, presente da un anno sul territorio di tutta la provincia dell’Alto Adige. Ciò che vorrei fare è riflettere ad alta voce sulle esperienze maturate in questo breve periodo. Comincio subito col dire che la nostra provincia costituisce una realtà particolare, poiché comprende tre comunità culturali diverse (quella italiana, quella tedesca, quella ladina), il che comporta, anche per quanto riguarda la prevenzione, la necessità di attuare percorsi in parte differenti. Il 68% della popolazione dell’Alto Adige è di madre lingua tedesca, il 27% di lingua italiana e solo il 5% di lingua ladina. La linea operativa del nostro centro si è ispirata a quella di alcuni Paesi europei, in particolare della Germania e dell’Austria. Le differenze di approccio necessarie per interloquire di prevenzione con i diversi gruppi linguistici si sono palesate già al momento della progettazione dei depliant informativi: quello che piaceva al gruppo italiano non piaceva al gruppo tedesco e così via. Però le differenze si sono rilevate anche una ricchezza, perché ci hanno costretto a non dormire sugli allori, a restare vigili, a intercettare le proposte che sono state avanzate e soprattutto a essere attenti allo sviluppo della cultura globale di tutti i tre gruppi linguistici. Noi ci occupiamo prevalentemente di prevenzione primaria e abbiamo come target i giovani, ma non solo. Perché questo? Per il semplice motivo che ci siamo resi conto dell’importanza di questo tipo di lavoro. È importante che essi abbiano la possibilità di parlare dei loro problemi. L’intervento di prevenzione a loro diretto, come insegna il modello mitteleuropeo, non deve riguardare solo le sostanze, ma, in primo luogo, la qualità della vita, l’affrontare le frustrazioni e i conflitti. Uno dei grandi progetti europei, denominato "Rendiamo forti i nostri figli", prevede l’avvio di un progetto di prevenzione già dalle scuole elementari, per rendere forti i bambini non solo nei confronti delle droghe, ma di tutte le svariate situazioni che la vita ci costringe ad affrontare. Oltre ai giovani ci siamo concentrati sulla rete e i suoi moltiplicatori, perché ci siamo resi conto che lavorare solo con i giovani non è sufficiente. Perché se non creiamo una base sulla quale anche loro possano avere, come diceva Conte, degli interlocutori attenti, dei punti di riferimento, delle persone con le quali poter dialogare seriamente e da cui essere ascoltati, i nostri interventi non hanno presa, non hanno consistenza. Quindi abbiamo creato delle collaborazioni con tutte le associazioni presenti sul territorio: dai Ser.T., agli operatori dei centri giovanili, agli interlocutori politici. Abbiamo realizzato dei progetti, ancora in corso, di sensibilizzazione della fascia politica, andando nei comuni, coinvolgendone i rappresentanti nel discorso di prevenzione, intesa come miglioramento della qualità della vita sul territorio attraverso l’attuazione anche dei progetti di miglioramento della vivibilità dell’ambiente. E non ultimo, stiamo cercando di collaborare con le forze dell’ordine. Altro punto molto importante è quello di creare dei moltiplicatori, che possono essere gli operatori dei centri giovanili, gli insegnanti (che devono avere formazione non solo sulle sostanze, ma su come stare con i giovani, come dialogare con loro, cosa osservare, cosa valorizzare, che cosa mettere in gioco di se stessi), e non ultimo i genitori (i soggetti con i quali, specie nell’adolescenza, si scontrano più facilmente ma che sono anche i principali interlocutori di tanti momenti della crescita). Vogliamo creare dei gruppi che possano a loro volta coinvolgere altri gruppi. Perché non è facile, almeno per la mia esperienza, coinvolgere i genitori in questo lavoro. Uno dei progetti che stiamo portando avanti a livello internazionale è l’European parents. Consiste nel creare dei moltiplicatori proprio per quanto riguarda i genitori. E un progetto che coinvolge moltissime nazioni (Austria, Germania, Francia, Svezia, Olanda, Svizzera) con sede a Lione. Ci vede coinvolti in prima linea nella creazione di un "gruppo di pari", che poi si faranno promotori per quanto riguarda la prevenzione rispetto a loro stessi pari, cioè rispetto ad altri genitori. Abbiamo av-uto tantissime adesioni. È un percorso formativo personale, in cui si parla anche di dipendenze, ma non solo. Anche per i genitori è un percorso in cui mettersi in gioco, al termine del quale dovranno formare altri genitori perché possano portare la prevenzione all’interno dei loro Comuni. Noi ci siamo dati questo indirizzo: dialogare con le persone prima che siano in difficoltà, andare anche dove il problema non si è ancora palesato.
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