Maurizio Mazzi

 

S.E.A.C. Triveneto - Conferenza Regionale Volontariato Giustizia

Sportello Giustizia di Rovigo - Ristretti Orizzonti

 

Meno carcere, più impegno sociale

 

Seminario sul volontariato penitenziario

(Padova, 3 - 5 luglio 2003)

 

Maurizio Mazzi (Responsabile Conferenza Regionale Volontariato Giustizia del Veneto)

 

È un tema che coinvolge sicuramente il volontariato, che ci vede protagonisti insieme ad altre istituzioni, ciascuna con le propria competenze, con i propri ruoli. Il fatto d’intervenire per primo spero non sia un modo per poi sbilanciare tutti gli altri e per non proseguire la discussione in modo sconnesso. Rispetto a questo proposito del cambiamento, credo che il volontariato, in questi ultimi due anni, si sia orientato su due filoni sostanziali.

Uno propone un cambiamento al proprio interno. È un cambiamento faticoso e difficile; è un cammino lungo. C’è comunque stato un cambiamento del volontariato, il mutamento è in corso ed è in continuo aggiornamento. Noi parliamo costantemente d’informazione continua del volontario, che il questo non si sente mai a posto, o non dovrebbe sentirsi tale, perché c’è sempre bisogno d’aggiornamento e, non solo, ma anche il confronto con la realtà è indispensabile.

Abbiamo superato l’idea di un volontariato autoreferenziale, che risponda solamente alla sua buona fede, ala sua volontà, al suo modo di sentire e di vedere le cose, alla sua conoscenza delle persone, alla sua capacità d’ascolto. Ci stiamo organizzando in forme di volontariato che rispettano sì la volontà dell’individuo, ma anche la peculiarità e la fantasia che ciascun volontario può apportare all’interno. Nelle istituzioni ci sono un confronto continuo e un’apertura costante.

L’altro filone che ha portato un cambiamento è la riscoperta, da parte delle associazioni di volontariato, del mondo penitenziario. Queste hanno un retaggio antico e quindi una tradizione importante. Diciamo che il ruolo politico e sociale del volontario non può essere quello di fare solo ed esclusivamente il proprio mestiere, racchiuso nel proprio modo di pensare e di vivere: è un volontario che deve per forza esporsi e proporre un cambiamento delle cose e, nel proporlo, deve assolutamente relazionarsi con le istituzioni.

Ecco perché, a livello nazionale, c’erano stati dei Protocolli d’intesa con il D.A.P., ma anche con altri Ministeri; ecco perché nel Veneto abbiamo iniziato un tavolo di confronto tra i direttori delle carceri e il volontariato, diffusamente inteso, che lavora nell’ambito della giustizia. Questo tavolo di confronto è un momento in cui dovremmo abbandonare ciascuno le proprie certezze, come dicevi tu, Celso.

Credo che la situazione sia ristagnante e assolutamente priva di prospettive, dal punto di vista di un miglioramento interno. Bisogna assolutamente che troviamo forme nuove, per avvicinarci e per relazionarci. Per noi, il centro del nostro agire è pur sempre la persona, l’individuo con tutte le sue pecche, ma anche tutte le sue possibilità e speranze di un cambiamento. Partendo da queste basi, bisogna che mettiamo in discussione noi stessi, prima, però, nel confronto con le istituzioni portiamo avanti anche un’idea originale e peculiare che ci permetta, appunto, di fare questo passaggio.

Ieri si accennava a due - tre cose. La prima è che, quando tu metti al centro la persona, deve esserci la capacità d’ascolto, di capire profondamente i bisogni dell’altro, di mettersi in relazione e non avere nessun tipo di pretesa di riuscire a dare una soluzione, ma quella di dire, con un accompagnamento che non sia paternalistico, ma fraterno: riusciamo comunque a fare dei passi assieme, pur sempre nella libertà.

La difficoltà è che noi volontari abbiamo delle rigidità, ma anche una gran voglia di cambiamento e ci scontriamo con istituzioni che al loro interno hanno voglia di cambiamento ma anche grossissime rigidità, che sono culturali ma, soprattutto, anche legislative, normative. Anche se è pur vero che molto spesso l’interpretazione della norma può variare a seconda dei tempi e dei modi, molto spesso è intesa in un senso più restrittivo, rispetto a quello che la norma in sé prevedrebbe e questo, spesso, non agevola le cose.

La seconda pista che sta portando al cambiamento è il rapporto con le istituzioni, il rapporto con i vari soggetti che interagiscono nel carcere e che, comunque, lo porta ad una modificazione. Ieri avete avuto una concreta dimostrazione: l’assessore ai servizi sociali del comune di Verona è stato nominato nel suo incarico nell’aprile dell’anno scorso e, tre giorni dopo la sua nomina, io ho presentato in carcere, a Verona – Montorio, ufficialmente, la guida per i detenuti.

Ho invitato l’assessore e il sindaco, quindi dal terzo giorno del loro mandato si sono confrontati e scontrati con una realtà che non conoscevano, su cui magari avevano dei pregiudizi e, diciamo, che il loro mandato poi si è riformato a questo primo impatto che hanno avuto.

È una fortuna, quella di trovare delle persone che si lasciano suggestionare, coinvolgere da un problema. Certo è che il problema del carcere, perché è fatto proprio di individui, così come lo abbiamo descritto negli anni passati, ma anche e soprattutto ieri, è così complesso da essere stuzzicante e importante, perché porta sempre a un tentativo di nuove soluzioni, senza mai bloccare una persona all’epoca in cui è stato fatto e, quindi, nel momento in cui mi avvicino, so che speranze di cambiamento ci sono, per l’altro ma anche per me.

 

Celso Coppola

 

Mi pare che Maurizio abbia centrato questa evoluzione del volontariato su questi due filoni: uno interno alle organizzazioni del volontariato, che puntano di più verso l’associazionismo, verso l’organizzazione, per avere poi la forza di emergere ed avere una dignità nel confronto con le istituzioni.

Noi abbiamo visto, nella ricerca di Ristretti Orizzonti, e anche da altre ricerche che, forse, il sovraffollamento potrebbe essere eliminato già da adesso: con l’applicazione delle norme vigenti, perlomeno la metà dei tossicodipendenti e la metà degli extracomunitari dovrebbe godere di misure alternative e invece restano in carcere. Di questo, e di altro ci parlerà Antonino Cappelleri, Magistrato di Sorveglianza a Padova.

 

 

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