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Volontario nella Casa Circondariale di Como
Ho letto, per caso, su "Le due città" di marzo, che ormai non si punta più sulla retributività della pena, ma sulla riabilitazione. Però, puntando sulla riabilitazione del detenuto, bisogna creare il lavoro, bisogna fare degli interventi che richiedono sempre del personale. Gli agenti di polizia penitenziaria, per fortuna, li ho conosciuti molto bene, perché sono 20 anni che faccio il volontario in carcere. mi ricordo che, nell’85 – 86, c’era un educatore solo con 450 detenuti. I Protocolli, tutte queste cose qui, non si potevano fare e l’educatore mi disse: "Devi fare il fax umano, devi andare a Milano un giorno sì e un giorno no, portare le pratiche delle liberazioni anticipate e degli affidamenti e poi tornare. Dopo qualche giorno facevo la stessa cosa e sono andato avanti per qualche anno, fino a quando sono arrivati i computer. Quindi il lavoro degli educatori e l’impegno degli agenti di polizia penitenziaria l’ho conosciuto a fondo e vedevo che gli agenti, che sono sempre in numero minore dell’occorrenza, facevano i salti mortali anche senza essere bersaglieri. Perché vedevo il centralinista, era lì, e dopo cinque minuti non c’era più. Ma… è andato all’ospedale a portare un detenuto… metteva la bandoliera bianca e andava all’ospedale. Il telefono lo passava alla sala regia. La sala regia, ad Alessandria, ha filmato l’evasione di due albanesi, ma nessuno l’ha vista, perché probabilmente quelli della sala regia erano passati al centralino. Quindi, se c’è carenza di personale, tante belle cose noi le possiamo dire ma per realizzarle occorrono mezzi, occorrono uomini, e occorrono leggi che possano favorire il reinserimento. L’attuale legislatura del lavoro è un problema che mi pare punisca tutti quei giovani che vogliono lavorare e che non hanno avvenire. Vanno a lavorare per tre mesi da una parte, per quattro mesi dall’altra, arrivano a trent’anni e non hanno una famiglia, restano con i genitori perché non c’è un avvenire sicuro. Però, se noi vogliamo realizzare tutto quello che diciamo, per esempio lavorare all’interno, o all’esterno, con le misure alternative, bisogna trovare gente che è inutile chiedere il certificato penale e i carichi pendenti a un detenuto. Se è scarcerato e tu sei convinto che vuoi aiutare a reinserire una persona non devi guardare ai suoi precedenti, sennò è fallito in partenza. Quindi è una questione, come dicevate prima, di cultura. Cominciare, anche nelle scuole, a far cambiare la cultura della gente. Anche a Como, io vedo, entrano gli studenti dell’Università e dei licei, ma bisogna continuare, perché se un carcere fa in un modo e un altro in maniera diversa, a secondo del direttore che c’è… la "354" deve essere applicata in tutta Italia! A Como hanno fatto una Convenzione, con il Comune, per delle borse – lavoro, che sono 600.000 lire data, appunto dal Comune. Tanti detenuti, partendo con queste borse – lavoro, poi hanno trovato un’occupazione a tempo indeterminato. Quindi, se vogliamo fare le cose e c’è questa volontà, anche da parte dei Comuni, si può fare tutto. Però gli assistenti volontari non devono essere visti come un ostacolo, perché all’inizio capitava anche questo. Poi, pian pianino, col tempo ci si conosce più a fondo e queste cose vengono superate. Poi, vedo che i detenuti sono tutti principi del foro: de quo, istanza liberatoria, de plano… se non si fanno le pratiche entro il tempo giusto, fanno gli esposti alla magistratura. Qualche educatrice non li chiamava, non faceva partire una pratica, e loro andavano dal Procuratore della Repubblica… quindi, è più difficile lavorare in carcere. Se la liberazione anticipata è liberatoria, ci vuole gente che fa partire subito l’istanza e i detenuti poi cominciano a parlare bene degli educatori, dell’equipe di osservazione… le relazioni di sintesi vengono fatte al tempo giusto, sono complete…
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