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Tito Brunelli (Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Verona)
Ho iniziato il mio impegno, di Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Verona, l’1 luglio dell’anno scorso e, se ben ricordo, proprio il 3 luglio, quindi due giorni dopo, sono entrato in contatto con il carcere, quindi è stato uno dei primi ambienti che ho conosciuto. C’ero già entrato, nel carcere, ma entrarci con il compito che mi è stato affidato è una cosa diversa. C’era anche il Sindaco e, di quell’incontro, ricordo questa mattina solo qualche piccolo aspetto. Il primo, quello che mi ha colpito di più, è di vedere un’assemblea di giovanotti, tutti giovani, quasi tutti giovani, e questo è un fatto impressionante, perché non si può permettere che questi giovani non escano da quella situazione e che trovino un inserimento adeguato. Una seconda cosa che mi ha colpito è che alcuni di questi giovani mi chiamavano, volevano avere un colloquio, e non è stato possibile avere questo colloquio, perché sono stati portati via e alcuni mi hanno mandato delle lettere o dei biglietti, dicendo che bisognava che fossi io a creare una condizione di incontro. Ecco, sono stati due fatti che mi hanno un po’ segnato, in quel momento. Per cui, l’attenzione al carcere, è partita non attesa. Se non fosse successo questo avvenimento, probabilmente non avrei mai messo il naso nelle questioni carcerarie. Come ha detto poco fa il professor Romano, l’amministratore forse non ci pensa, è uno degli ultimi elementi al quale pensa. A quel punto, io mi sono informato, sono andato in Assessorato ed ho chiesto cosa era successo fino ad allora nei confronti del carcere. Mi sono state portate alcune carte, le ultime attenzioni che c’erano state, gli ultimi dialoghi, in maniera continuativa intendo, risalivano a parecchi anni prima. Negli ultimi anni c’erano stati dei colloqui o dei confronti, però non risultava nulla come attenzione, come partecipazione del Comune e dell’Assessorato, ai problemi del carcere. Perciò abbiamo visto che eravamo nelle condizioni di partire – non da zero, perché non si parte mai da zero, perché c’è sempre chi è attento, chi ha una sensibilità – con il reimpostare il lavoro e, fin dall’inizio, il percorso è andato in tre direzioni. La prima è quella del Terzo Settore che, come abbiamo visto, è più facilmente coinvolgibile. La seconda è quella delle istituzioni, che devono prendersi a cuore la situazione dei carcerati, e la terza è quella dei finanziamenti, perché subito è apparso come i finanziamenti disponibili fossero zero, in questo settore. Io ho chiesto immediatamente ai responsabili tecnici, al direttore generale del Comune, di mettere a disposizione una persona, perché non c’era nessuno incaricato e, se non c’è nessuno che dedica almeno qualche ora, si va poco avanti. E devo dire che l’amministrazione ha risposto immediatamente a questa richiesta, mettendo a disposizione una persona. Abbiamo aperto un ufficio, che si interessa, non solo, purtroppo, ma anche del carcere, partendo anche dall’idea che la maggior parte dei carcerati sono stranieri, per cui bisognava avere una particolare attenzione a loro, inseriti nel problema generale degli immigrati che ci sono nella nostra città, nel nostro Comune. Dico quello che è successo in questi tre filoni d’intervento. Terzo Settore: un grande entusiasmo, una grande partecipazione. Al primo incontro eravamo una cinquantina di persone, tutte molto animate e desiderose di lavorare, anzi con un’attesa, nei confronti dell’amministrazione, straordinaria, nel senso che hanno detto: "Noi ci fidiamo di voi, voi siete i nostri interlocutori, dovete essere voi che aprite le porte, che tenete i collegamenti con il carcere". Un atteggiamento di grande fiducia. Ci siamo incontrati alcune volte, il progetto di intervento è risultato molto semplice, è venuto fuori in pochissimi incontri, abbiamo visto le idee chiare, le prospettive chiare. Una delle mie grosse preoccupazioni, uno dei fallimenti di questo anno, è quello di avere visto questo entusiasmo, di percepire ancora adesso, forse un po’ meno che tempo fa, un’attesa, e poi di esserci impantanati in una serie di vicende – che vi dirò tra poco – per cui il rischio che questo Terzo Settore dica: "Questi qua ci hanno illuso" è molto evidente, io me lo sono sentito e me lo sento anche adesso. Se fosse dipeso dai rapporti tra Assessorato ai Servizi Sociali e Terzo Settore, penso che ai primi di novembre dell’anno scorso avremmo già potuto essere operativi nell’intervento. Allora, quali sono stati gli intoppi, probabilmente dovuti anche alla mia inesperienza, perché mettevo il naso, per le prime volte, nell’ambiente istituzionale. Fin dall’inizio, le telefonate provenienti da altre amministrazioni, dalla Provincia in particolare, che mi dicevano: "Ma, voi, Comune, volete usurpare compiti che non sono vostri". E devo dire che questa critica ancora non l’abbiamo risolta, dopo 10 mesi di incontri, di tentativi. Tante volte abbiamo detto: "Ma, se siete voi i responsabili, perché non avete fatto niente fino ad ora, perché non vi siete mossi nell’ambiente carcerario?". Comunque, sta di fatto che, ancora adesso, le difficoltà di accordo tra la Provincia di Verona e il Comune di Verona sono notevoli, tenendo conto che non ci muoviamo, nonostante la diversità del governo, in una situazione di contrasto, anzi penso che non ci sia mai stato, almeno per quanto io ricordo, una situazione di dialogo tra Comune di Verona e Provincia di Verona come quella che c’è adesso, in tanti altri settori. Però, sta di fatto che, anche nell’ultimo incontro che abbiamo fatto, abbiamo visto delle iniziative autonome della Provincia, delle quali per quanto mi riguarda sono molto contento, perché se si sono mossi è un dato importante e significativo, però fatichiamo ancora e dovremo lavorare parecchio, nei prossimi tempi, in questa direzione, per non creare dei disaccordi, che poi evidentemente si ripercuotono sulle iniziative che si prendono e, in particolare, sulle persone che sono in carcere. Ma non solo nei confronti della Provincia, ma è emersa tutta una serie di competenze e di bisogni di accordare, in modo che si entri con un progetto unitario, che ci hanno fermato per tutti questi mesi. Io stavo dicendo "purtroppo", poi ogni tanto dico forse è stato meglio così, nel senso che impiegheremo probabilmente molto tempo, prima di avviare un lavoro continuativo ma speriamo, quando ci arriviamo, che sia un progetto concordato, per cui si vada avanti in maniera spedita. Ora, le prime difficoltà sono state con la Provincia, che ci ha detto, per quanto riguarda il lavoro, la competenza è nostra, per cui l’amministrazione comunale stia da parte. Abbiamo avuto delle difficoltà - e Fra Beppe e Maurizio ce l’avevano detto fin dall’inizio – nei rapporti con i responsabili del carcere, tenendo conto che a Verona c’era una situazione di responsabili assenti: non c’era un direttore riconosciuto come tale che si sia preso a cuore veramente la situazione del carcere, per cui nei primi mesi questo è stato uno dei grossi problemi. Poi è arrivato, mi pare in febbraio, se ben ricordo, il nuovo direttore, abbiamo subito preso contatto, abbiamo trovato una persona con la quale il dialogo è andato liscio e con la quale abbiamo avuto confronti sempre positivi, ed è cambiato anche il responsabile della Polizia Penitenziaria. Le Associazioni di volontariato hanno subito posto, come esigenza prioritaria, un luogo che potesse servire di ingresso per i parenti dei carcerati, dove potersi fermare per un po’ di tempo, dove poter essere accolti, dove poter anche avere un colloquio con qualcuno che potesse informarli e aiutarli. E anche un luogo per le persone che escono dal carcere. Questo, noi, come amministrazione, l’abbiamo subito accolto positivamente, mentre il direttore del carcere ha avuto delle perplessità, dicendo che quando un detenuto esce è meglio che non veda ancora davanti a sé il carcere, ma è meglio che trovi un ambiente diverso, anche visivamente. Mentre fra Beppe e gli altri dicevano che il luogo adatto era proprio lì all’uscita dal carcere, anche perché il posto c’è e ci sono già colloqui con il Ministero per poterlo utilizzare, quindi sarebbe stato più semplice che non metterci a cercare un altro luogo, che avrebbe implicato delle modifiche al piano regolatore e altri interventi vari. Per cui ci sono state queste difficoltà dall’interno del carcere, il Magistrato di Sorveglianza da questo punto di vista è stato positivo, anche se ci ha fatto perdere due mesi – comunque sono due mesi che poi si recuperano – e ci ha chiesto, come Comune, di sottoscrivere la convenzione per i lavori alternativi. Allora, bisogna andare a cercare chi è disponibile a mettere a disposizione dei lavori alternativi e vi dico che è stata un’impresa mastodontica, che ci ha impegnato per giornate, giornate che hanno partorito il topolino, nel senso che abbiamo trovato due lavori alternativi. Una volta trovate queste due possibilità abbiamo potuto andare in Giunta, che circa un mese fa ha approvato la Convenzione, per cui anche il Magistrato di Sorveglianza ha detto che è contento, che è disposto a collaborare. Poi è intervenuta l’U.S.L. e ci ha detto: “Ma noi non centriamo niente, in queste cose?” e, allora, anche con l’U.S.L. e con il Ser.T., abbiamo cominciato a discutere e, fatto sta, che da novembre siamo arrivati a luglio e penso che, purtroppo, ce ne vorrà ancora, non penso che la trafila sia finita. Ecco, poi naturalmente il problema della scuola. Sarà perché vengo dal mondo della scuola, ma credo che un ambiente disponibile come il mondo della scuola sia difficile da trovare, sia dal punto di vista degli interventi, sia da quello della qualità e della dedizione, o dell’essere disposti a modificare la situazione interna a seconda delle esigenze. Quindi, da parte della scuola abbiamo trovato una grande disponibilità, come pure da parte del mondo sportivo: prima si parlava di un’organizzazione delle attività sportive che è già tradizionale e chi la segue è mio amico da tantissimi anni, quindi abbiamo grosse possibilità di dialogo. Da ultimo, il tentativo, riuscito, almeno in parte, di dialogo con l’Università. Abbiamo avuto l’assegnazione ufficiale di un’insegnante, per collaborare in questo lavoro. Vi porto un’altra esperienza, perché è stata qualificante e determinante, secondo me, e da questo punto di vista i passi in avanti sono stati molto più rapidi e consistenti delle mie attese. Riguarda il mondo dell’immigrazione. Su un punto abbiamo insistito molto: abbiamo cercato di individuare i responsabili di tutte le comunità nazionali presenti in città e ci è andata molto bene, anche perché c’è una persona, a Verona, si chiama Jean Pierre Piessou, che ha una conoscenza diffusissima dell’immigrazione, che tra l’altro è molto attento anche ai problemi del carcere e, attraverso di lui, siamo riusciti a entrare in contatto con più di 40 responsabili di nazionalità, superando la metà delle nazionalità presenti in città. Abbiamo avviato, con loro, ripeto con risultati molto al di sopra delle attese, l’organizzazione delle varie nazionalità presenti in città. Molti hanno criticato questo, nel senso che mettere assieme le nazionalità avrebbe potuto significare creare i presupposti di una competizione futura. Ma penso che riusciremo a risolvere anche questo, perché abbiamo trovato un entusiasmo e una disponibilità che sicuramente nessuno di noi si aspettava. Sono nate queste associazioni, uno dei segni ultimi di questo associazionismo che si è costituito, è quello che abbiamo chiamato il campionato mondiale di calcio di Verona, per cui c’erano 16 squadre nazionali, di cui una italiana e altre 15. Penso che, se lo facessimo adesso, sarebbero il doppio, perché c’è stata una partecipazione enorme. A questi gruppi nazionali abbiamo posto, fin dall’inizio, tra gli altri obiettivi, quello della cura dei loro connazionali in qualche modo in situazione di disagio, ad esempio di quelli che si sono dati all’alcol, alla droga, alla piccola o grande delinquenza e, con l’aiuto anche di Jean Pierre Piessou, che ha molto insistito, abbiamo posto all’attenzione anche il problema di quelli che stanno in carcere. Abbiamo detto: “Questi sono vostri connazionali, tocca a voi, più che al Comune o ad altri, conoscerli, prenderli a cuore in ogni situazione e prepararli per il momento dell’uscita”. Questo sapendo benissimo tutti i problemi che ci sono, perché uno straniero, finché sta in carcere è un cittadino, quando esce è niente, quindi i problemi da affrontare sono moltissimo. Ecco, questo è il punto a cui siamo arrivati: dal Terzo Settore una risposta più che buona, dal punto di vista delle istituzioni, questa difficoltà enorme, che non so come ce la caveremo… comunque, almeno c’è un atteggiamento di fiducia e di ascolto reciproco. Per quanto riguarda i finanziamenti, noi abbiamo deciso, vista la situazione… anche ieri mattina, in Giunta, mi hanno detto, e me lo ricordano quasi tutte le settimane: “Non stare a domandare niente, perché hai 80 miliardi, che nessun altro Assessorato si sogna di avere”. Ma io continuo a dire: “Guardate che di questi 80 miliardi 77 sono già spesi in partenza, quindi di fatto ne possiamo muovere solo 3, perciò bisogna andare a cercare fuori”. Abbiamo trovato una fondazione, che si chiama San Zeno, che è “Calzedonia”, quindi comprate tutti calze calzedonia… in questo anno penso di aver fatto tanta propaganda a “Calzedonia”, perché dei soldi che vanno a finire lì una percentuale viene investita nel sociale. Questa fondazione ha già deliberato di darci 70.000 euro, con la promessa di ulteriori contributi per il futuro, ma ad una condizione – ed è stata una condizione che, per quanto mi riguarda, mi ha aperto il cuore, e spero che riusciamo a realizzarla – che nessuno si rivolga alla stessa fondazione per fare richieste riguardanti i carcerati. Cioè, se c’è un altro ente che chiede contributi per i carcerati, il discorso si chiude. Questo, di fatto, ci obbliga – perché di fonti finanziarie differenti da questa sono difficili da ipotizzare – ad andare d’accordo, anche se qualcuno non ne ha completamente la volontà. Infatti, alla prima richiesta che abbiamo fatto, ci è tornato tutto indietro, non è stato stanziato niente, e mi pare sia successo a febbraio – marzo, perché un altro gruppo, che veniva finanziato tradizionalmente, ha fatto una richiesta per 10.000 euro. Per cui hanno rinviato tutto all’origine e abbiamo dovuto ricominciare da capo e presentare un progetto unitario. Una volta presentato un progetto comune è arrivata la notizia dello stanziamento.
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