|
Université Européenne Jean Monnet – Bruxelles Sede di Padova, Istituto ETAI - Scuola di Specializzazione in Criminologia
Seminario nazionale "Carcere e salute" Padova, 17 maggio 2003
Ettore Ziccone, Provveditore DAP Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino
Io sarò brevissimo, perché normalmente parlo molto. Perché il problema carcere e salute è un problema che ci attanaglia da molti anni. Vi sono stati molti progressi, però ancora parlare di diritto della salute del detenuto ci sembra un discorso un po’ difficile da fare. Purtroppo la situazione, invece di migliorare, in questi anni, sta peggiorando, perché i finanziamenti per le cure dei detenuti ogni anno vengono ridotti in maniera consistente, per cui siamo costretti a ridurre l’attività sanitaria su cure che in realtà sono tutte importanti ed essenziali. Perché abbiamo imboccato questa strada, quella di ridurre i costi? Perché purtroppo una bellissima legge, quella del passaggio della Sanità penitenziaria alla Sanità pubblica, non ha trovato applicazione in quanto sfortunatamente è stata una legge a costo zero. Costo zero significa senza ulteriori oneri per chi avrebbe dovuto affidare questa legge. Costo zero significa che i fondi che il ministero della giustizia stanziava per la sanità, sarebbero dovuti passare dal servizio sanitario nazionale e con quei fondi gestire la sanità penitenziaria. La sanità in toscana era una regione pilota era una regione che doveva provare ad applicare questa legge. La prima constatazione che abbiamo fatto noi dell’amministrazione penitenziaria ma con tutti i rappresentanti delle ASL è che i nostri costi non sono i costi che avrebbe dovuto sostenere la sanità pubblica perché il nostro è un sistema protetto nel senso che i rapporti tra noi e i medici con i quali lavoriamo all’interno delle carceri è un rapporto anche di forza nel senso che noi spesso diamo delle direttive precise ai medici nel cercare di risparmiare nelle spese. Una volta venuto meno questo rapporto perché il servizio veniva assunto dalla sanità pubblica, questa economia necessaria ma dannosa, non si sarebbe più potuta fare e quindi i costi sarebbero molto ma molto più alti di quelli che abbiamo affrontato e affrontiamo noi. L’altro argomento delicatissimo è quello di convincere i medici e le ASL a venire in carcere, da noi funziona il volontariato, chi desidera lavorare con noi ha una convenzione con l’amministrazione; nella sanità pubblica questo non potrebbe essere fatto, dovrebbe essere il dirigente della ASL a stabilire chi deve andare in carcere e il lavoro in carcere per un medico non è il lavoro che viene svolto negli ospedali o negli ambulatori è un lavoro particolarissimo il medico per il detenuto è un operatore che deve aiutarli, certo li deve aiutare nella cura della malattia ma un aiuto enorme che il detenuto riceve dai nostri medici è un aiuto psicologico perché spesso il detenuto va dal medico non perché abbia una effettiva malattia ma perché ha bisogno di parlare con una persona che entro certi limiti può aiutarlo a sopportare la carcerazione non per questo l’uso degli psicofarmaci in carcere è notevolmente alto rapportato all’uso che se ne può fare fuori da noi gli psicofarmaci sono molto usati dai detenuti e penso che è facile capire che il disturbo psichico in carcere anche a chi non lo ha gli viene. Questo è il motivo che ha messo in difficoltà le regioni dove si è sperimentato questo passaggio. Ora si parla di una riforma di questa legge facendone un’altra e adattandola a una realtà che è quella carceraria dove tutto è un po’ diverso rispetto all’esterno. Speriamo che si faccia perché quando le cose vengono promesse o legiferate bisogna farle, da parte dei detenuti è stata enfatizzata questa legge e questa sanità pubblica che interveniva in carcere era un notevole miglioramento del trattamento sanitario e il detenuto onestamente stava aspettando questi miglioramenti ma in verità questi miglioramenti tardano ad arrivare e noi non siamo in grado di spiegare ai detenuti perché non arrivano quindi se c’è una legge applicatela; se io commetto un reato vengo arrestato c’è una legge lo prevede quindi mi arrestano invece c’è una legge che dice che il servizio sanitario deve passare alla sanità pubblica e questa legge non viene applicata ed è una forma di diseducazione secondo me far capire a persone che hanno commesso errori e che pagano, che ci sono leggi che non vengono assolutamente applicate. Un discorso a parte merita la situazione degli OPG Il direttore generale Margara, molti di voi forse lo conoscono, insieme al sottosegretario di allora Corleone avevano pensato a una rivoluzione degli ospedali psichiatrici giudiziari nel senso di renderli più ospedali e meno carceri e si erano lanciati in un’ipotesi abbastanza fattibile che però è fallita poco dopo perché il presidente Margara è stato cacciato via ed è cambiato il governo con le elezioni. Attualmente l’OPG rimane un carcere benché si dica, se ne parla tanto, ma la verità è che in definitiva è rimasto un carcere. Allora un problema grosso che si pone a tutti gli operatori, è se è giusto che per un malato di mente funzioni una struttura carceraria vera e propria ci sono gli agenti esiste la disciplina esistono le limitazioni a tutta la vita che un detenuto anche se in OPG deve e ha necessità di condurre quindi delle limitazioni enormi. Abbiamo un’eccezione in Italia che è Castiglione delle Stiviere, che funziona con una ditta privata che svolge questo compito tramite una convenzione con il Ministero di Grazia e Giustizia e, bisogna dire la verità, è l’unico OPG in Italia che funziona bene ed è affidato a privati. Però i costi sono altissimi, sono alti perché loro spendono molto nel trattamento di questi internati e detenuti che hanno ricoverato. Allora, io farei un’altra proposta: questa somma, che noi spendiamo in un OPG privato, spendiamola negli OPG dell’Amministrazione e miglioriamo la vita degli internati. Ora, il dubbio che ho sempre avuto ma che nessun psichiatra è riuscito mai a chiarirmi, è questo: perché molti detenuti a nostro parere malati di mente sono negli Istituti di pena ordinari e molti detenuti, a nostro parere sani di mente, stanno negli OPG. Questo è capitato a me come direttore (ho lavorato in un carcere per 20 anni) di imbattermi in detenuti che, a mio parere, di cittadino comune, non di esperto, erano pazzi, con i quali non si poteva discutere, che vivevano in un mondo a parte e tuttavia erano in un Istituto di pena normale. Invece, visitando gli OPG, ho incontrato diverse volte detenuti che, a mio parere, erano perfettamente sani di mente. Forse il limite tra la pazzia e la normalità non è poi tanto netto. Nessuno è mai riuscito a chiarirmi questo mistero, che purtroppo mi ha turbato per tanti anni, perché mi è capitato che ragazzi con dei disturbi arrivavano al suicidio. E che il suicidio accada in un detenuto normale è un fatto drammatico però, entro certi limiti, accettabile; ma che lo faccia un detenuto malato di mente, è meno accettabile. Io ringrazio per questo convegno, perché ancora una volta qui nel Veneto ci si occupa del carcere… che purtroppo nella cultura popolare ancora rimane qualcosa da confinare. Il Due Palazzi è in periferia e questo accade per tutti gli Istituti di pena che sono stati costruiti negli ultimi venti anni. Forse abbiamo fatto un passo indietro: una volta il carcere era al centro della città, evidentemente con tutti i disagi che provocava al contesto cittadino, oggi li abbiamo allontanato tutti, spesso purtroppo nelle zone peggiori della periferia cittadina. Per legge faccio parte di una Commissione che sceglie le aree dove bisogna andare a costruire le nuove carceri e le proposte che vengono dai Comuni sono sempre relative a zone estremamente difficili da raggiungere e non quelle belle zone residenziali che esistono pure nelle periferie delle città: sempre in zone brutte, con pessimi sistemi di collegamento, anche con condizioni climatiche non identiche a quelle della città su cui poi insiste il carcere. Purtroppo è così e non servono i molti tentativi che vengono giornalmente fatti dagli operatori penitenziari e da tutto il volontariato che oggi frequenta il carcere: credo che a Padova siano 90 i volontari che frequentano gli Istituti. Questa è una grande risorsa e una grande fortuna: ci sono persone che hanno capito che c’è una sofferenza enorme di cittadini detenuti, per i quali bisogna fare qualcosa. E, quindi, i volontari suppliscono, ma integrano l’opera degli operatori penitenziari.
|