Marco Verna

 

Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca"

9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova

 

Marco Verna, responsabile dell’Ufficio interventi sul carcere del Comune di Firenze

 

Brevemente, vi riferisco di tre esperienze fiorentine, chiedendovi se eventualmente avete esperienze simili, di contattarmi per confrontarci.

La prima è quella della creazione di un Protocollo cittadino, di un Tavolo cittadino al quale partecipano tutti gli enti pubblici che si occupano di questioni carcerarie. Perché cosa succede? Succede che il detenuto è uno solo, i Servizi che si occupano del detenuto sono, a volte, tre o quattro: C.S.S.A., Servizi sociali del Comune, Servizi sociali dell’A.S.L., tossicodipendenze o salute mentale, i servizi dell’avviamento al lavoro, provinciali o altro, il terzo settore convenzionato e il volontariato. C’è da diventar pazzi! La persona è una sola, il progetto è uno solo e bisogna che questi servizi si raccordino.

Abbiamo appena detto, lo diceva la dottoressa Bertolazzi prima, che il lavoro si trova e si mantiene se, accanto al lavoro, viene fatto un lavoro di sostegno generale sulla persona. Quindi è importante un Tavolo cittadino che permetta a questi enti locali di raccordarsi, a questi servizi sociali di vario tipo di raccordarsi e di fare un programma unico con il detenuto.

L’altra idea è questa: ogni l’ente locale, Comune, Provincia, A.S.L., è anche una grande azienda che durante l’anno fa parecchie gare, acquista beni e acquista servizi. Allora, perché non possiamo essere i primi a dare il buon esempio, nel fare gare in cui vengono, o privilegiate le cooperative di tipo B che assumono i detenuti, oppure gare rivolte al profit, ma con delle clausole che permettano, che facilitino, l’inserimento dei detenuti? Di solito, nelle città un po’ grosse, il Comune e le U.S.L. sono le aziende più grandi in assoluto, di conseguenza hanno un sacco di lavoro da dare.

Quindi mi chiedevo se esistono, come ho sentito prima dal Sindaco di Limena, delle Convenzioni, che sono previste dall’Ordinamento penitenziario e dal regolamento, tra l’ente locale e il carcere. Sto cercando se ce ne sono in giro, così le confrontiamo, perché stiamo tentando di fare una Convenzione con Sollicciano per dare lavoro dentro, cioè utilizzare le officine all’interno, perché il Comune è una grossa azienda, ha bisogno di tutto. Per fare un esempio, già i cuscini degli asili nido sono un consistente appalto.

Infine, a Firenze c’è un’esperienza abbastanza simpatica, che forse si può replicare: le biciclette che nelle grandi città vengono abbandonate, oppure rubate, o comunque finiscono in depositeria, dopo un po’ di mesi, se non vengono riprese rimangono lì, e sono centinaia e centinaia. Allora, a Firenze l’Assessore Monciatti, quando era Assessore al traffico, quindi una cosa apparentemente molto lontana dal carcere, era riuscita a fare una Convenzione con il carcere per far impiantare una officina di biciclette dentro il carcere. Le biciclette vengono date gratuitamente dalla depositeria, il carcere deve trovare uno spazio per far lavorare le persone che fanno i meccanici, dopodiché le biciclette escono e vengono vendute o affittate alla popolazione. Detto così sembra facile, ma non lo è affatto: io mi sono trovato, paradossalmente, nella condizione che il lavoro fuori c’era, l’ente locale voleva dar da fare qualcosa dentro, ma il carcere era assolutamente impreparato. Molto spesso il carcere non ha spazi per queste attività, sarà anche perché è sovraffollato, però ho qualche dubbio che sia solo per questo, è proprio l’impostazione che va rivista.

 

 

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