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Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca" 9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova
Silvano Sabbadin, sindaco di Galliera Veneta
Galliera è l’ultimo paese, verso nord, della provincia di Padova, confina con la provincia di Treviso e la provincia di Vicenza. È un Comune di 6.700 abitanti, che ha attivato questa esperienza con l’Amministrazione penitenziaria del carcere Due Palazzi dal 2000. E questo è successo perché il Sindaco è stato sollecitato da una sua cittadina, che opera all’interno dell’amministrazione, e che ha detto: "Caro Sindaco, è il caso che questa amministrazione, che tanto si dichiara in favore delle persone in difficoltà, faccia qualcosa di concreto anche nei confronti di questo problema". E così abbiamo accettato. E vi assicuro che all’inizio, come ha detto prima il mio collega, abbiamo dovuto lottare soprattutto per convincere gli operatori con i quali poi i detenuti avrebbero dovuto lavorare. Questo è stato fatto in un primo momento come un’imposizione, da parte della nostra amministrazione, perché c’era una sorta notevole di diffidenze, di paure, quando non di aperta intolleranza, che notavamo anche nella popolazione, rispetto alla decisione presa. Al punto che poi, come amministrazione, abbiamo deciso non solo di continuare, ma di tentare di spiegare alla popolazione di Galliera che, al di là di quella che era l’esperienza puramente manuale, operativa, che questi due operatori ecologici detenuti andavano a fare, in collaborazione con i nostri operatori ecologici, era importante conoscere l’esperienza carceraria. E pertanto abbiamo organizzato il convegno, dopo circa un anno dall’inizio dell’esperienza con i detenuti, dal titolo significativo, "Carcere e territorio", e la prima mostra di prodotti artistici fatti dai detenuti. Insomma, questo è stato il metodo (poi anche il notiziario comunale ne dava notizia) con il quale si è cercato di dare diffusione all’esperienza, e quindi anche per cercare il superamento di quel pregiudizio diffuso che esiste nelle nostre popolazioni. Immaginarsi un paese che, pur avendo i suoi "clienti" all’interno del carcere, perché poi i nostri cittadini sono anche qui, non vuole neanche sentir parlare di questi argomenti. A distanza di due anni l’esperienza si è ampliata con un altro tipo di attività, oltre a quella svolta dagli operatori ecologici: abbiamo avuto la fortuna di poter usufruire dei dipintori detenuti, che ci hanno riqualificato tutto il palazzo municipale e, attualmente, abbiamo una squadra di giardinieri, che hanno completato un corso di manutenzione del verde e che sono impegnati nella tenuta del parco storico della Villa Imperiale. Ecco, la collaborazione si è poi sviluppata anche con un’altra mostra, tenuta un mese fa, nella quale i cittadini di Galliera hanno potuto acquistare i prodotti del laboratorio di legatoria della Casa di Reclusione Due Palazzi e, quindi, hanno potuto portare a casa degli oggetti prodotti dai detenuti all’interno di questo carcere. Tutto questo ha fatto sì che alla diffidenza sia subentrata la curiosità: l’ultima mostra è stata molto frequentata, ma poi ci sono andate le scuole, i bambini hanno portato i genitori e i genitori hanno comprato i prodotti. Insomma, questa curiosità ha permesso di sfatare certi pregiudizi e di cominciare a ragionare diversamente. Devo dire che tutti i percorsi attivati in articolo 21 sono poi transitati in un ampliamento delle misure della libertà personale: i detenuti sono passati nel regime di semilibertà e qualcuno ha anche finito di scontare la pena. Uno di questi – e lo dico con una punta di soddisfazione, non tanto per me, quanto per gli operatori comunali che ci hanno lavorato assieme – ha deciso di svolgere l’attività risarcitoria, a cui è tenuto il detenuto al termine della sua pena, in favore del Comune di Galliera. Questa persona viene, spontaneamente, un sabato al mese, e lavora assieme ai suoi ex colleghi dipendenti comunali, insieme ad altri detenuti. Questo, nel piccolo, mi dà un messaggio, che traggo e propongo alla vostra attenzione: sono necessari percorsi individualizzati, cioè valutare caso per caso e fare il tutoraggio (come è già stato detto), questo è importantissimo per il percorso che ciascuno fa. Non si possono trattare i grandi numeri, sui grandi numeri la gente si perde. Il caso singolo, invece, ha un percorso che generalmente, se accompagnato, funziona. Il secondo spunto è che probabilmente c’è bisogno di più operatori all’interno della amministrazione penitenziaria, perché i tempi molto lunghi, tra le richieste che fanno gli enti e le risposte dell’amministrazione penitenziaria, non aiutano di certo a supportare questa collaborazione.
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