Introduzione di Sergio Segio

 

Società senza informazione

I media, i diritti e gli esclusi

Venerdì 21 giugno 2002 - Milano

Introduzione di Sergio Segio (Associazione "Società Informazione")

 

Grazie a tutti voi che siete qui, nonostante i mondiali e nonostante il caldo. Io mi limiterò a spiegare un po’ il senso che ci ha portato a pensare a questa giornata, che è divisa sostanzialmente in due parti. Questa mattina cercheremo di mettere a fuoco il chiaro e lo scuro del sistema dell’informazione, in particolare della grande informazione e dei grandi media. Il chiaro e lo scuro vuol dire appunto i tic, i limiti, le omissioni, e magari anche una tendenziale omologazione, che alcuni giudicano oramai aver preso piede, forse in maniera inarrestabile, nel sistema dell’informazione.

I tic e i luoghi comuni, si diceva. "I luoghi comuni", per la verità, è un termine ambivalente, nel senso che luogo comune è anche un luogo in cui ci si riconosce, ci si scambia l’informazione e quant’altro, quindi si possiedono linguaggi, codici ed eventualmente simboli comuni, quindi è un luogo positivo che può favorire la comunicazione, favorire il riconoscimento dell’altro e quindi anche delle altre esperienze, delle altre collocazioni che ci sono nella società. Ma "luogo comune" ha anche la valenza negativa dello stereotipo, della tendenza a banalizzare le vite, le esperienze, i bisogni, gli interessi e i diritti. Quello dei diritti è un sistema forte che oggi vorremmo discutere, dibattere e appunto capire perché troppo spesso i diritti, in particolare i diritti di alcuni pezzi della società, quelli più deboli, non compaiono spesso o comunque non sufficientemente o comunque, a giudizio di alcuni di noi che direttamente lavorano nel sociale e nell’informazione sociale, non nella luce giusta.

Alcuni pezzi della società, come dire, entrano spesso sulla grande informazione dalla porta di servizio e magari ne riescono fuori subito portandosi addosso uno stereotipo in più di quello che avevano Questo vale per i pezzi della società, non solo quelli dell’esclusione sociale, l’inchiesta poi è molto scomponibile in tanti pezzi e tanti volti, che troppo spesso sono volti di sofferenza e di esclusione, anche dal diritto ad essere rappresentati nel modo giusto.

Ma ci sono anche pezzi della società, ad esempio penso al mondo del lavoro, ma non solo perché siamo qui alla Camera del Lavoro a ridosso di uno sciopero che in Lombardia è avvenuto ieri, e questo magari è un tema su cui in particolareManuela Cartosio porterà un contributo dopo, perché sono un po’ i temi che da una vita lei segue per il quotidiano Il Manifesto. Credo che su questo lei abbia molto da dire, su come anche questi pezzi della società, lavoro e non lavoro, anche quei lavori meno conosciuti e meno riconosciuti che sono quei tanti volti del precariato, di quello che si chiama flessibilità. Ecco, questo per dire che in questa mattinata il contributo dei relatori presenti facilita il mio lavoro di coordinare, nel senso che sono tutti giornalisti, operatori dell’informazione di grande esperienza, di lungo corso e anche di grande notorietà, quindi non avrò bisogno di molte parole per illustrarvi le loro figure. Porteranno sicuramente un contributo utile in questo senso.

Quindi stamattina si pensava un po’ di fare il libro delle doglianze, mettere in fila quelli che sono i limiti e i tic, ma eventualmente anche gli aspetti positivi che la grande informazione su questi temi produce.

Il pomeriggio, che è una parte un po’ complementare a questa mattutina, si pensava dovesse mettere a fuoco di più il libro dei sogni dell’informazione che vorremmo, e con il contributo degli interventi di questa mattina potremmo uscire da questa giornata non solo con qualche informazione in più e con qualche idea più chiara a riguardo, ma magari con qualche proposta e qualche sinergia in più tra la grande informazione, i grandi giornalisti e l’informazione sociale. Questo pomeriggio c’è una sezione, si chiama "il giornale che non c’è", dove ognuno di noi a questo titolo può investire i suoi desideri, le sue aspettative e le sue suggestioni. Io, ad esempio, ve lo dichiaro già da ora, quando penso al giornale che non c’è mi viene spesso in mente Reporter, che è un grande quotidiano di qualche decennio fa che secondo me rimane un faro, sotto questo punto di vista, ma poi ci saranno rappresentanti e direttori di molti dei giornali di strada e dei giornali del carcere, che anche lì portano un contributo che troppo spesso non riesce a comunicare e a trovare un’effettiva veicolazione e comunicazione con il grande pubblico.

In buona sostanza io credo che stamattina il mio invito a chi interverrà ora potrebbe essere anche questo, perché tra l’altro stamattina ci sono anche direttori di due agenzie del sociale e di un settimanale, "Vita non profit" (un settimanale che ha un sito internet ed è qui rappresentato dal direttore, Riccardo Bonacina), e Stefano Trasatti, che è invece direttore dell’agenzia "Redattore sociale", quindi sono due luoghi forti e due momenti forti della comunicazione sociale. Forse stamattina potremo anche riuscire a capire come meglio possono interagire queste due specifiche modalità di produrre informazione.

La grande stampa, la grande informazione, la regina di tutte le agenzie, l’Ansa, di cui qui Magnaschi, subito dopo di me. ci relazionerà. In sostanza quale gioco, non dico di squadra, ma almeno di sponda, può esistere tra queste due cose?

Io credo, ed è l’ultima cosa, che non dobbiamo ora, pensando ai tic del sistema d’informazione, non possiamo e non dobbiamo mettere in luce solo quelli della grande stampa, che viceversa io credo abbia una grande responsabilità sotto il profilo delle omissioni e della cosiddetta gerarchia delle notizie. Qualche giorno fa, a ridosso dell’uscita dell’Italia dai mondiali, i grandi quotidiani hanno speso le prime 10-12 pagine sui mondiali, relegando in 13a e 14a la crisi mediorientale che rischia di nuovo di portare alcuni paesi sull’orlo del baratro.

Ecco, questo è inevitabile o no? Questo è il mio interrogativo. L’altra cosa, ed invito in particolar modo Bonacina e Trasatti a ragionare se viceversa comunque non dobbiamo anche riflettere sui tic dell’informazione sociale, su quello che forse potremmo individuare come eccesso di auto referenzialità, eccesso di un’informazione sociale che tende a una povertà di mezzi che quindi mal compete con il sistema dell’informazione sempre più governato unicamente dalle leggi economiche. Talvolta è un tic che spinge a parlarsi addosso, a comunicare solo tra simili, quindi a non fare ricerca non dico di linguaggio, ma anche di formule comunicative diverse, e io credo nelle modalità di alleanze possibili tra il grande sistema dell’informazione e l’informazione sociale.

Questo giusto per introdurre i lavori, ma passerei subito la parola a Pierluigi Magnaschi, direttore dell’Ansa, che come tutti sapete si suole definire la madre di tutte le notizie. Provocatoriamente ti chiederei se non è anche la madre di tutti i limiti del sistema dell’informazione, riguardo agli aspetti dell’informazione sociale.

 

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