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Venerdì 21 giugno 2002 - Milano Giovanni Bianconi, del "Corriere della sera"
Io conosco un po’ i problemi ma non ho la soluzione, però vorrei anche rispondere ad alcune considerazioni. La prima è appunto questa cosa che stiamo dicendo, che il giornale va dietro alle esigenze del suo pubblico e si conforma a questo. Spesso sarà anche vero però, se stiamo parlando dei mondiali, ci sono decine di pagine che scrivono anche un sacco di sciocchezze sui mondiali. Voglio dire, si è parlato in pagine e pagine del gol di Del Piero, che non serviva a niente, cioè "Del Piero ha salvato l’Italia", ma non era vero, però siccome tutti quanti lo stavano dicendo, allora se ne è parlato. Quindi, questo è un difetto per il quale bisognerebbe trovare il modo di specializzare meglio, come diceva Fabrizio, la conoscenza. Però anche questo è relativo, perché magari devo scrivere 50 righe e non è che posso entrare più di tanto nella specificità del problema, e poi non è vero che soltanto l’informazione leggera serve a cercare di accontentare la gente. C’è anche quella pesante, ad esempio mi riferisco al caso di Cogne: noi abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione del delitto insoluto, pieno di imprecisioni. Quante volte è stato scritto che era stata trovata l’arma del delitto? Il ferro da stiro… invece non era vero niente, e la gente poi dice di averlo letto sul giornale. Anche questo è un altro difetto che abbiamo, di correre dietro a quelle che crediamo essere le esigenze, ma senza capire che se uno scrive una cosa dovrebbe in qualche maniera scrivere, non dico la verità ma, insomma, qualcosa che sia quantomeno il più lontano possibile dalla non verità, per non disinformare quelli che dobbiamo informare. Ancora un’altra cosa che si è detta, è il fatto che non si riesce a far passare sul giornale le notizie sul sociale, ed io non penso che ci sia un modello specifico per fare questo tipo d’informazione. Dobbiamo pensare anche al legame che c’è tra il mondo dell’informazione, le proprietà dei giornali e la politica: in realtà ci si occupa di certi temi se e quando hanno un’influenza anche nello scontro tra i partiti, che è la cosa che più interessa ai giornali in Italia. Per esempio, prima Segio e Cusani dicevano che stanno ancora lavorando su amnistia e indulto. Due anni fa si è parlato un’estate intera di carcere, ma solo ed esclusivamente perché c’era il giubileo, perché il Papa è andato a Regina Colei e c’erano le proposte politiche su queste cose. Oggi le carceri sono più piene di due anni fa, il problema è molto più grosso rispetto a due anni fa, ma non se ne parla perché non è all’ordine del giorno nelle agende della politica. Non c’è il giubileo, non c’è un governo che in qualche maniera se ne interessi, e quindi non si parla di questo. Si faceva riferimento all’articolo 18: finalmente l’articolo 18 è passato, è un tema del mondo del lavoro etc., ma sinceramente si parla di più del destino politico di Cofferati, che non di quello che c’è dietro. Cofferati diventerà o no il leader politico della sinistra? Dicevamo che noi non ce la facciamo a fare l’approfondimento delle notizie, e questo è vero, ma questo è un problema che comunque dobbiamo porci, perché noi dei quotidiani arriviamo dopo le radio, televisioni ed internet, ed anche lì il tempo a disposizione è poco. Comunque dobbiamo porci il problema di dare un approfondimento, rispetto a quello che è già stato ascoltato per radio o visto per televisione, e devo dire che laddove si riesce a fare un lavoro che vada un po’ oltre la notizia, il fatto che ci costringe a curarci di una certa questione, laddove si riesce ad andare oltre, siamo noi a dover gestire l’informazione, semplicemente andando aldilà del fatto. Mettendo assieme alcune storie, alcuni fatti, subito si ha un riscontro, allora probabilmente una delle soluzioni può essere questa, cioè sforzarsi il più possibile di approfondire, di andare oltre a quello che appare, con molta difficoltà, perché sappiamo abbastanza bene che se non c’è un riscontro abbastanza immediato, soprattutto politico, è quasi inutile. Oggi è difficile, veramente difficile, imporre una notizia, una storia che sia anche interessante, perché nel momento in cui non se ne dibatte, non è all’ordine del giorno nell’agenda politica, è tutto molto complicato. Quando invece se ne parla, magari se ne parla troppo a sproposito e si tirano fuori anche cose che rischiano di fuorviare la questione.
Sergio Segio
Grazie a Bianconi per l’intervento, ma anche per questi accenni al clima del carcere, che ovviamente è un tema che personalmente mi appassiona molto, soprattutto per segnalare interventi agli operatori dell’informazione. Giusto domani io e Sergio Cusani saremo a Castelnuovo del Bosco, a un convegno importante nel quale tra l’altro rilanceremo una serie di proposte, e spero che in questo caso un minimo di attenzione da parte dei media ci possa essere. Io però continuo a pensare che non riusciamo a dirci tutta la verità o del tutto la verità, nel senso che questi giochi di specchi tra media e politica, perché anche qui ci sono due poteri, che talvolta s’influenzano a vicenda. Non è sempre vero che ciò che non è nell’agenda politica di conseguenza non ha attenzione sui media, perché talvolta sono i media ad influenzare la politica. Allora dobbiamo capire quali sono i possibili pertugi attraverso i quali far passare alcune informazioni sociali, quindi perché un certo tipo di sensibilità ed informazione riesce a guadagnare le 30 o 50 righe sui quotidiani. Tornando un attimo sulla questione del carcere, la settimana scorsa c’è stato un importante convegno dell’associazione dei medici penitenziari. Hanno dato le cifre, che in qualche modo dovrebbero essere di per sé notizia perché parlano del disagio carcerario, dei malati di A.I.D.S., i numeri dell’autolesionismo etc.: "Redattore sociale" e "Vita" hanno ripreso queste notizie, ma io francamente sui quotidiani non ho letto una riga. Ecco, anche questo è un problema… c’è il discorso dei suicidi in carcere. A seguito della delusione della mancanza di amnistia e indulto c’è stato un balzo del 40 % dei suicidi, nelle carceri italiane, siamo passati da 50 a 70. A parer mio questo dovrebbe comunque far notizia; il giornale, evidentemente, sceglie se dare 20, 30 o 70 righe, però un balzo statistico del 40 % del fenomeno dei suicidi in carcere dovrebbe fare notizia. Ebbene, a parte che i dati vengono da uno studio di Luigi Manconi e dell’associazione "A buon diritto", ma l’unico giornale che gli ha dedicato una pagina è "Repubblica", soprattutto per il fatto che Luigi Manconi collabora con loro. Questo discorso è stato ripreso da Marzio Barbagli, su "La stampa", con un commento dove denuncia appunto i suicidi in carcere, e nessuna riga da nessun’altra parte. Ecco, io credo ci si debba un po’ assumere anche la responsabilità di questi silenzi da parte del sistema della grande informazione, di questi come di altri. C’era una letterina, qualche riga su "La repubblica" di Milano di qualche giorno fa, dove un lettore, lamentando il fatto che un morto sul lavoro a Rozzano non aveva creato nessuna notizia e il TG 3 non ne aveva parlato, diceva "la vita di un operaio, ammesso che ce ne siano ancora, vale veramente poco e non interessa più a nessuno". Questi sono lettori, una parte di coloro che comprano "La repubblica", "Il corriere", così come qualsiasi altro quotidiano, che però non vedono le notizie che pure anche a loro interesserebbero. Su questo, magari, ci parlerà Manuela Cartosio.
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