Patrizio Gonnella

 

Associazione "Diritti umani - Sviluppo umano" di Padova e Associazione "Antigone"

Il difensore civico per le carceri

 

 

Patrizio Gonnella

 

Un saluto a tutti. Paolo De Stefani vi ha già fatto una breve premessa sul senso del convegno e sul perché noi abbiamo inteso unire i temi delle condizioni di detenzione, della difesa civica e più in generale dell’apparato internazionale posto a tutela dei diritti dell’uomo. Il convegno è infatti proprio un momento di riflessione e di ricerca sui temi delle condizioni di detenzione e in particolar modo delle relative forme di controllo partendo sia dall’esperienza degli altri Paesi europei ma anche dalla normativa internazionale. Forse molti di noi hanno poca coscienza che esiste una normativa internazionale che ha carattere di effettività per il nostro Paese aldilà di una normativa quale ad esempio le European Prison Rules, che hanno non un’efficacia vincolante ma esclusivamente costituiscono un vincolo politico e morale per i singoli Stati europei. Oggi concentreremo la nostra attenzione soprattutto sul CPT, perché il CPT in realtà con i suoi rapporti costituisce l’unico specchio delle condizioni di detenzione in tutti i Paesi europei. Noi non abbiano altro modo di conoscere la reale situazione delle carceri in tutta Europa se non attraverso i rapporti del CPT. E proprio dal CPT sono partite sollecitazioni a tutti gli Stati europei per la istituzione di figure di controllo delle carceri non appartenenti alla Magistratura, cioè figure che abbiano il carattere effettivo della indipendenza e della terzietà. Si tratta quindi di individuare nuove forme di controllo della legalità nei luoghi di detenzione, discutere della effettività di quelle presenti e, soprattutto attraverso l’esperienza dei Paesi a democrazia avanzata, ragionare sulla previsione di nuovi strumenti di tutela dei diritti umani dei detenuti, strumenti che praticamente assicurino una loro sostanziale ed effettiva tutela. Un’idea attinta dalla tradizione scandinava, ma che poi si è diffusa in quasi tutti gli Stati d’Europa con alcune eccezioni che poi vedremo, è l’ombudsman. Oggi in Italia invece il garante delle condizioni di detenzione nelle carceri è il Magistrato di Sorveglianza. I parlamentari dispongono di un semplice potere di visita; la legge infine individua tutti soggetti interni all’amministrazione penitenziaria a cui i detenuti possono rivolgere reclamo. Non esistono invece forme di ispezione nelle stazioni di Polizia e nelle caserme dei Carabinieri, dimenticando che lì ci sono vere e proprie forme di detenzione che in Italia possono durare fino a 48 ore. In un carcere, sappiamo tutti, perché molti di noi sono operatori penitenziari, gli equilibri sono molto precari; basta poco perché le tensioni crescano, perché il conflitto tra l’istituzione e il detenuto possa avere una pericolosa escalation e sappiamo pure che detenuto e operatore penitenziario sono spesso soggetti conflittuali, che però hanno spesso anche tratti comuni di debolezza. Infatti l’opinione pubblica spesso accomuna, in un inconscio processo di identificazione, tutte le componenti che sono all’interno del carcere, non solo i detenuti ma anche gli operatori penitenziari e spesso fa un’operazione boomerang e delega la funzione punitiva a soggetti di cui ha una scarsissima considerazione sociale. Questa premessa si spiega in considerazione della natura stessa dell’ombudsman così come noi l’abbiamo desunta dall’esperienza degli altri Paesi Europei. Un difensore civico penitenziario che ha quale primario obiettivo, nel rispetto della tradizione della difesa civica, quello di allentare le tensioni, essere un luogo di mediazione, di incontro-confronto fra i soggetti interessati, avere a disposizione un utile patrimonio informativo per l’opinione pubblica e per il Parlamento. Il fatto stesso che lui possa avere diritto di accesso all’interno degli istituti di pena o delle stazioni di polizia e delle caserme dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, costituisce un fattore di prevenzione rispetto alla tentazione dei maltrattamenti o di

violazione dei diritti umani fondamentali. Tutto ciò però non collegato, come accade sempre, alla sanzione prevista per colui che eventualmente violi questi diritti fondamentali. Lo scopo in questo caso è più che altro quello di prevenire le situazioni di violenza, per migliorare le condizioni di detenzione. Nella tradizione della difesa civica, salvo le ipotesi che costituiscano reato, il difensore civico è più che altro un soggetto con cui l’amministrazione può e deve confrontarsi necessariamente con uno spirito diretto a migliorare, a rendere più efficiente l’amministrazione stessa, non perché ci sia la paura di una sanzione ma perché ci può essere, eventualmente, una dichiarazione pubblica di biasimo del comportamento dell’amministrazione stessa. Per quanto riguarda i poteri ipotetici di cui può disporre l’ombudsman diciamo che può essere la traduzione in piccolo e in chiave nazionale del CPT. E proprio in effetti il primo intervento di questa sessione sarà di Renate Kicker, membro da tre mesi del CPT. Penso che non tutti conoscano i poteri, la struttura, le funzioni del CPT, però tutti devono sapere che è l’unico strumento a disposizione dell’apparato internazionale per visitare senza preavviso e senza restrizioni qualsiasi luogo di detenzione nell’area del Consiglio d’Europa. Lascio la parola a Renate Kicker che tra l’altro è docente di diritto internazionale presso l’Università di Graz in Austria.

 

 

 

Precedente Home Su Successiva