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Giovanni Maria Pavarin Magistrato di Sorveglianza di Padova
È venerdì sera, siamo stanchissimi, già i magistrati non sono tanto simpatici, vi dico tre cose in 180 secondi. La prima è ovvio che siamo noi, sempre noi, i soliti noti. È la stessa annotazione con cui ho cominciato il mio ultimo intervento a Galliera e che oggi trova conferma. Mi sembra quasi inutile spiegarvi cose che da anni ci stiamo ripetendo, forse non c’è nessuno di estraneo all’ambiente, se ci fosse troverò il tempo per raccontargliele, venga in ufficio da me che gli spiego tutto. Ma la realtà è che tutti conoscono il mio pensiero e io penso di conoscere il vostro. Tre notazioni velocissime, dunque. Abbiamo sentito del detenuto che ha fatto l’articolo 21 a Galliera, alla fine della pena ha chiesto di continuare a lavorare lì gratis. Questo esempio è la prova che la pena attualmente consiste nel tenere chiusa la gente in una stanza, quindi obbliga il condannato a non fare. Se gli facciamo fare qualcosa la pena diventa a tal punto piacevole che uno può addirittura decidere di continuarla da solo, anche quando è finita. Questa è la chiave di volta per far capire alle persone che possibilità di cui stiamo parlando è reale e concreta, che ha un risvolto in termini di sicurezza, della quale si deve occupare non solo il ministero, non solo lo Stato, ma anche le Regioni. Alla Camera si è litigato per decidere, nella riforma del federalismo, diamo o non diamo anche la sicurezza agli enti locali? La risposta è stata sì, ma il concetto di sicurezza comprende anche il concetto di avere in giro meno persone pericolose che sia possibile. Per rendere le persone meno pericolose bisogna dare delle pene che siano piacevoli. Nella parte finale della pena bisogna trasformare quello che è un obbligo di non fare, l’obbligo di non andare in giro, e dunque mi chiudono in carcere, perché la carcerazione è una pena negativa e consiste in un obbligo di non fare, obbligo, che è coattivo, perché ho la porta chiusa a chiave, in un obbligo di fare, in un obbligo positivo. Lavoro gratis a favore della vittima, del Comune, della collettività. Ho il lavoro che è retribuito, oggetto del convegno, ma ho anche una fetta della mia prestazione che è gratis, questo per dimostrare agli altri che ho capito, per far gustare a me stesso il piacere di fare qualcosa gratis in favore degli altri. A
parte quelli che sono qui perché hanno lo stipendio, tutti gli altri sono qui
perché è la gratuità che li ha mossi. Cosa c’è di più bello dì capire
quanto piacere dia una cosa fatta gratis. L’argomento non è di moda, l’abbiamo
detto. Ma la risposta qual è? Che bisogna rendere credibile tutto questo
impianto di discorsi che da soli facciamo da anni. Per renderlo credibile
bisogna continuare a fare in modo che il direttore del carcere si muova, bussi
alla porta dell’incredulo e lo trasformi in apostolo. Ma per fare questo serve
bussare, serve spiegare, serve abbattere il monte dei pregiudizi. Per abbattere
il monte dei pregiudizi bisogna che i pochi che si occupano di questa vicenda
siano almeno tra di loro d’accordo. Quindi il carcere deve essere d’accordo
con il Ser.T., il Ser.T. deve essere d’accordo con i volontari, i volontari
devono essere d’accordo tra loro, perché se siamo in venti e tra di noi siamo
portatori di visioni a tal punto diverse che ci dividiamo su tutto, distruggiamo
noi stessi il motivo per cui la sorte e/o il dovere ci ha messo insieme. Anche di questo giornale bellissimo facciamo un luogo in cui il lettore esterno capisce che quella non è una belva, che anche lui ha dei sentimenti, che dà, del fatto di cronaca nera, lo stesso giudizio di esecrazione, di riprovazione, di condanna che dà la pubblica opinione. E allora la pubblica opinione si sconcerta, e dice: "Ma come? Anche quello che è condannato la pensa come me?". E allora comincia a distinguere il peccato dal peccatore, come hanno fatto gli abitanti di Galliera che quando si sono accorti che questi detenuti all’esterno non erano belve, hanno cominciato ad affezionarsi e a battere le mani. Questo è un piccolo esempio, mi è venuto in mente adesso, potrei dire tante altre cose ma siamo stanchi e quindi passo la parola ad un’altra persona che è divenuta apostolo dopo aver visto, prima non ci credeva.
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