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Ubaldo Lonardi Assessore alla Formazione e Lavoro della Provincia di Padova
Anticipo volentieri il saluto del Presidente Casarin, che sarà qui circa verso le ore 16, il saluto al signor Prefetto, al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, dottor Cappelleri, al Direttore del Carcere, ai rappresentanti del corpo della Polizia Penitenziaria nonché ai rappresentanti degli ospiti del carcere di Padova, preziosi redattori della rivista Ristretti Orizzonti, che ci tiene in contatto con queste realtà, nonché tutti voi, in modo particolare i sindaci di Galliera, di San Giorgio in Bosco ed altri che non ho riconosciuto, e tutti coloro che sono coinvolti con la vita quotidiana di questa realtà. Un saluto e un ringraziamento a tutti per aver partecipato a questo incontro, che noi abbiamo voluto per fare un po’ il punto, dopo questi anni di preoccupazione, d’intervento attivo rispetto a questa realtà, che abbiamo avvertito fin da subito, non come isolata dal contesto sociale di tutta la vita del nostro territorio. Fare un il punto per vedere quali sono i risultati di questo lavoro, come questo cambiamento di cultura che noi ci attendiamo sta proseguendo, e quindi quali sono le azioni più importanti che ciascun poi può portare avanti. Il cambiamento di cultura interviene per molti fattori, alcuni li ha già accennati il signor Prefetto, altri verranno fuori nel corso del pomeriggio. Sicuramente uno è determinante, ed è stato quello dove fin dall’inizio abbiamo iniziato a lavorare e riguarda la formazione, riguarda il lavoro, quindi tutta una serie di attività che sono state messe in atto, ma ce n’è stata una credo particolarmente importante: tutto il territorio produttivo padovano, nel momento in cui è andato a redigere, nel 2000, il piano provinciale del lavoro, si è fatto carico di questa problematica. Se n’è fatto carico elaborando progetti, incaricando quindi la Provincia di realizzare l’apertura di uno sportello lavoro all’interno del carcere, che ha dato a tutti gli ospiti del carcere la possibilità di cominciare a confrontarsi con questa realtà, per quanto poteva interessarli, nelle diverse forme, come attività quotidiana, come modalità quotidiana di vivere il momento della detenzione con il lavoro all’interno del carcere, oppure come possibilità di passare successivamente a misure alternative a quelle puramente detentive. Uno sportello che è andato via via modificandosi, nel corso dell’anno, si è riprecisato nella sua immagine. Lo sportello viene aperto una volta ogni quindici giorni, e viene gestito da personale che proviene dal centro per l’impiego di Padova e che consente a coloro che sono vicini al passaggio alle misure alternative, e soprattutto che sono alla vigilia della riconquista della totale libertà, di poter essere pronti, di poterci arrivare con un percorso formativo adeguato che consenta loro una introduzione nel mondo del lavoro. È stata quindi un’azione composita. Importantissimi sono stati i finanziamenti, e, naturalmente, la compartecipazione ai vari progetti professionalizzanti che si sono svolti all’interno del carcere, di quelle realtà che sono, a mio parere, il sostegno più utile e più efficace che abbiamo. Realtà del terzo settore come le cooperative, come la cooperativa Giotto, la cooperativa Volontà di sapere, la cooperativa Altra città, che sono state e sono quotidianamente una delle modalità attraverso cui questa cultura, che vede il momento della privazione della libertà come la fase in cui uno viene ricondotto ad una nuova concezione di questa dentro innanzi tutto alla propria persona, e quindi anche dentro il vivere civile, sono state e sono una delle modalità importanti alle quali stare vicino, e noi, come struttura di sostegno, continuiamo ad esserlo. Naturalmente quello che tutti noi avvertiamo è di norma la sproporzione tra quanto sentiamo necessario dover dare a questi e quello che poi in realtà si riesce effettivamente a dare. Ma il fatto che si proceda su questa strada, che si vada ad allargare anche alle attività quotidiane della vita stessa del carcere possono essere utilizzate secondo questa ottica. Credo sia una strada importante da perseguire per far sì che quella tematica che tutti noi avvertiamo e oggi di attualità, vale a dire quella della certezza della pena, sia innanzi tutto una certezza del significato e dell’obiettivo che ha la pena stessa, quindi che non sia esclusivamente la certezza della detenzione ma che sia creare le condizioni perché questa situazione, questa condizione porti a quella che è la vera certezza che credo tutti, a partire da chi ha scritto la Costituzione, a chi oggi ha in mano le sorti del nostro Paese, si aspetta, cioè che ogni persona umana abbia la possibilità di riprendere un percorso che la porti a inserirsi pienamente in un contesto sociale, dove ognuno possa alfine realizzare il bene di sé. Questo è l’impegno che noi, come Provincia di Padova, in particolare il settore lavoro e formazione, insieme poi anche ad altre attività, condotte per esempio dalla collega Slepoj e dal collega Arcoraci, stiamo portando avanti. Mi riferisco, per esempio, a quanto appunto l’assessore al sociale sta proponendo anche in sintonia, con tutto il corpo della Polizia Penitenziaria, che è uno dei punti fondamentali di tutto questo processo, per sostenere l’attività di formazione anche di questo stesso corpo. Quindi un’azione a largo raggio che, insieme all’attività di tutte le altre realtà, in particolare quella preziosissima dei Comuni, che sono diventati soggetti molti presenti nel nostro territorio, può darci la speranza che questa realtà, che è racchiusa fisicamente da mura, sia invece una realtà dentro la preoccupazione, dentro la vita di tutta la nostra città e della nostra Provincia.
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