Conclusioni

 

CONVEGNO

"Difesa di ufficio e gratuito patrocinio: una difesa effettiva?"

21 settembre 2001 ore 9.00 presso la Casa di Reclusione di Padova, via Due Palazzi, 35/A

 

Avv. Luigi Pasini (Presidente della Camera Penale di Padova)


Ringrazio Paolo Giacomazzo, gli iscritti a parlare sono finiti. Se i relatori vogliono aggiungere qualcosa, altrimenti arrogandomi un diritto e un dovere mostruoso sostituisco indegnamente Giuseppe Frigo, tentando di fare un minimo di sintesi di questa giornata. 

Vengo invitato a continuare: dunque, tra me e Giuseppe Frigo c’è una grande differenza, quindi scusatemi e accontentatevi. Ma comunque, io devo dire questa una giornata, per me Presidente di questa Camera Penale, veramente molto bella. Perché l’aver fatto questo convegno, oggi, qui in carcere, ha prima di tutto un grande valore simbolico e i simboli contano, in questa società.

L’aver detto: "Vado a parlare dei miei problemi, di difensore, con i problemi di chi difendo, che coincidono, nel luogo del dolore, nel luogo dove si vede l’esito buono cattivo della mia attività", è un atto che ha un valore simbolico.

L’aver chiamato voi tutti, ma in qualche modo anche l’interesse della stampa, dei giornali, insomma per quanto ci siamo riusciti, l’interesse della città, ha un valore simbolico. Ha un doppio valore simbolico perché accade nella Casa di Reclusione di Padova, che da anni è la capofila italiana rispetto a quel processo di integrazione del carcere nel territorio che dovrebbe essere la politica comune, la politica carceraria di tutto il paese.

Ed allora io di questo sono molto fiero, sono molto contento, sono anche molto contento del dibattito, della passione con cui si è svolto e, però, io credo che si debba, in sede di conclusione, cercare di sgombrare il campo da due fantasmi.

Il primo fantasma è che la difesa d’ufficio sia una difesa non pagata, o non pagabile. Secondo fantasma è che la difesa d’ufficio è necessariamente una difesa di serie B. Non è così: il difensore di ufficio va pagato e, se non viene pagato, ha diritto di perseguitare il proprio niente esattamente come se fosse un difensore di fiducia. 

Non è vera, poi, l’equiparazione "difensore di ufficio" e "patrocinio dello Stato a favore dei non abbienti". Non è così: vero che il difensore d’ufficio poi si gioverà della legge sul gratuito patrocinio, quindi vedrà remunerata la propria funzione da parte dello Stato, con i meccanismi previsti dalla legge sulla difesa d’ufficio, attingendo allo stesso fondo, ma il punto è un altro: lo Stato interviene a difesa del non abbiente, chiunque sia stato il suo difensore, sia stato un difensore scelto da lui o sia stato un difensore che a questa persona è stato assegnato.

Quindi l’unica vera differenza tra la difesa d’ufficio e la difesa di fiducia è che la difesa d’ufficio capita a chi, per caso o per scarsa cultura, o per mille motivi (e per i motivi anche di cui dobbiamo farci carico noi avvocati), non conosce avvocati del luogo dove viene fermato, arrestato, o non conosce avvocati, perché non pensava di doversene giovare, perché pensava che la sua vita sarebbe sempre stata in libertà e quindi non si è mai preoccupato di averne bisogno, o perché è solo al mondo, o perché... per mille motivi.

Ed allora gli viene assegnato, con le forme oggi previste dalla legge 97, la difesa d’ufficio. Ebbene, quel difensore farà il difensore esattamente come fa il difensore per la persona che l’ha nominato di fiducia. 

Dovere del difensore: l’unica differenza è che poi il difensore d’ufficio non accetta la nomina, viene nominato e può rinunciare alla nomina solo in presenza di determinate situazioni, che sono poi le incompatibilità solite, normali. Ma io, come avvocato, posso rinunciare alla difesa di fiducia di chiunque, anche solo dicendo "No!". "Perché?" "Non te lo spiego!".

Questa una è una vera differenza, ma non c’è differenza e quindi non ci deve essere differenza nella pretesa che chi viene difeso deve avanzare nei confronti di chi lo difende, sia esso un difensore d’ufficio, sia esso un difensore di fiducia.

Il punto è questo: noi dobbiamo mettere tutta la nostra anima, la nostra forza, la nostra sapienza, la nostra conoscenza, tutto quello che sappiamo e che vogliamo, al servizio del nostro lavoro. Ma chi del nostro lavoro si giova ha il diritto di pretenderla tutta, la mia capacità, fino in fondo, qualunque sia il modo attraverso il quale si è instaurato rapporto tra me e lui; un rapporto diretto di fiducia o un rapporto mediato, attraverso la nomina da parte dell’ufficio.

E, quindi, questo è il primo fantasma da togliere. Il secondo fantasma da togliere, ma qui si apre un lungo discorso, è che nel difensore d’ufficio ci sia, o si intraveda, l’esercizio di una pubblica funzione. Non è così, questo è un concetto, proprio sul piano concettuale, fortemente sbagliato. Io mi rendo conto che la figura dell’avvocato, nella società di oggi, cambia e uno dei segni del cambiamento sono per l’appunto queste due leggi e la legge sull’indagine difensiva. 

E cambia perché? Perché il difensore oggi fa, o può fare, è abilitato a fare, attività quali l’indagine e tutti gli atti dell’indagine, di ricerca della prova e quant’altro, che erano patrimonio esclusivo dello Stato. Quando io ho cominciato questa professione era punto d’onore del difensore non sentire mai testimoni, era anzi una violazione deontologica se io avessi sentito dei testimoni prima dell’udienza nella quale questi testimoni dovevano essere sentiti.

Oggi è un dovere mio sentire questi testimoni, cercarli, vedere chi sono, sentire, capire cosa hanno dire, prepararli a fare tutto ciò che è necessario prima dell’udienza. In sostanza, io oggi faccio cose che prima faceva solo il pubblico ministero o il pubblico ufficiale delegato dal pubblico ministero e tutti eravamo contenti perché lo faceva il pubblico ministero, o il poliziotto o quant’altri, perché lo facevano perché pubblici ufficiali, quindi in forza di un principio di autorità che discendeva dallo Stato.

Oggi noi siamo dei liberi professionisti, che facciamo queste attività in forza non certo di un principio di autorità, perché non ce l’abbiamo, ma in forza di un altro principio regolatore della società, in forza di un principio di libertà.

Noi abbiamo un limite: dobbiamo persuadere, con le parole e con i concetti e dobbiamo essere liberi di avere tutti gli strumenti per persuadere. La forza ce l’ha lo Stato. Noi possiamo chiedere a qualcuno che venga a raccontarci cosa ha visto del nostro cliente, non lo possiamo certo obbligare, però all’interno delle nostre facoltà noi affermiamo un principio di libertà, nostro e di tutti.

Quindi noi facciamo gli avvocati, quindi rappresentiamo l’uomo di fronte allo Stato nel momento del suo massimo dolore, nell’unica rappresentanza diretta per i diritti insindacabili di una persona, per i diritti di cittadinanza, in forza di un principio di libertà e garantiamo la libertà. Questo è il punto.

Altro che Difensore civico, altro che Ufficio del difensore d’ufficio: non è affatto vero, noi siamo oggi importanti per regolare questa società, perché il principio di libertà, il principio che ciascun uomo è padrone dei propri diritti e li può far valere in giudizio è rappresentato da noi e noi non possiamo che essere avvocati liberi, soli come cani.

Dico soli come cani perché noi poi dobbiamo fare delle scelte in un rapporto diretto con il nostro difeso e non possiamo dire "Ma io ho fatto questa scelta, ho sbagliato questa cosa perché sono difensore d’ufficio, perché non ho avuto i quattrini, perché quel giorno...". No, non abbiamo scuse, scelte, cose del genere.

"Non dovevo patteggiare, ma ho patteggiato perché è più facile, perché mi ha convinto il pubblico ministero, perché faccio parte di un gruppo, perché mi hanno colto per strada all’ultimo momento". Non esiste proprio.

L’avvocato è solo come un cane di fronte al suo cliente e risponde, di tutto ciò che fa, al suo cliente, e perché lo fa. Allora, questi sono i punti e i discrimini. Allora, noi ragioniamo su questi.

Questa nuova figura sociale che si afferma nella società italiana in forza di tre provvedimenti legislativi: imperfetti, tutto quello che vogliamo, malmessi, ma questo è. Con questo noi dobbiamo ragionare, e allora ha ragione Morelli, che mi dice: "Come lo verifichiamo, noi, il difensore d’ufficio?".

Lo verifichiamo come verifichiamo il difensore: "Ha fatto bene il suo mestiere, l’ha fatto male, è stato leale, ha commesso dei reati...". Non ci sono scappatoie, non c’è differenza, non ci può essere un’autorità sul difensore d’ufficio diversa dall’autorità sul difensore di fiducia.

L’autorità e i doveri sono gli stessi: ci deve essere, certo, da parte del Consiglio dell’Ordine, per quanto gli compete sul piano disciplinare, e dell’Unione delle Camere Penali e di tutte le associazioni degli avvocati per quanto riguarda la capacità di creare cultura, una pretesa assoluta di professionalità, di testimonianza, di continuo aggiornamento.

Badate, che l’articolo 7 di questa norma, scatenando poi tra noi avvocati invidie e parossismi strani, ha detto che l’Unione delle Camere Penali e quindi ciascuna Camera Penale deve formare i difensori d’ufficio.

Diciamoci la verità, perché si arriva all’anno 2000 - 2001 a dire che dobbiamo formare il difensore d’ufficio? Perché, per una serie di motivi storici di viltà storiche, alle quali tutti hanno contribuito, avvocati, magistrati e quant’altro, la difesa d’ufficio o il comportamento del difensore d’ufficio è stato un comportamento assurdo, per tutti questi ultimi cinquant’anni.

Assurdo il comportamento del difensore, assurdo il comportamento di chi accettava che di fronte a sé si facesse questa pagliacciata. Ancora più assurdo chi induceva che questa pagliacciata si facesse, costringendoti a difendere chiunque senza sapere nemmeno come si chiamasse, per il fatto che, disgraziatamente, passavi di fronte alla porta in quel momento.

Di fronte a questo obbrobrio è chiaro che la pretesa deontologica deve essere enorme, non si può più perdonare nulla. Ma, intanto, è cambiata la figura all’avvocato: e chi deve trasmettere il sapere dell’avvocato, chi deve formare l’avvocato nuovo, l’avvocato giovane, se non gli altri avvocati?

Ma questo non per un principio corporativo, ma per il principio di libertà che dice che la rappresentanza dell’uomo di fronte alla giurisdizione, per quanto riguarda la tutela dei suoi diritti di cittadinanza, primo fra tutti il diritto di libertà, è un rapporto diretto, assoluto, libero, insindacabile.

Ed è l’unico che si conosca, non se ne conosce altri, Non è che possiamo pensare che di fronte al magistrato vada il consorzio dei geometri, tutti assieme, o quanti altri. No, il rapporto è sempre quello, la giurisdizione si fa così e, allora, la pretesa deve essere formidabile e allora si è detto: "Devi formare il difensore d’ufficio" che, proprio perché d’ufficio, deve essere più bravo del difensore di fiducia, non solo per un dovere etico ma perché, per il fatto di non essere stato scelto, probabilmente anche la pretesa nei suoi confronti può essere minore. Poi farla franca più facilmente perché, chi non ti ha scelto, non ti conosce, beh, insomma, vediamo un po’ magari ti perdona qualcosa. Invece no e, quindi, questo grande compito nostro di formare il difensore d’ufficio, ma di formare gli avvocati.

Ma allora cambia, questa figura sociale di questo avvocato che in Italia è sempre stato considerato l’azzeccagarbugli, insomma. Un personaggio di cui, sì, insomma, ogni tanto purtroppo ci deve servire ma è meglio non frequentarlo. Insomma, un po’ un parolaio, una coscienza in vendita e quant’altro.

La cattiva stampa di cui godono gli avvocati in Italia, da Manzoni in poi e prima, ma dappertutto...

E, tuttavia, senza questo personaggio le società si ordinano peggio e, allora, il significato di questa giornata è: "Noi siamo venuti qui a metterci a nudo, a dire a voi tutti, pretendete da noi tutto quello che ritenete di dover pretendere", e noi siamo, dobbiamo essere trasparenti, trasparenti perché poi appunto succedono quando ci ricordava Luigi Desiderio, le sentenze contumaciali.

Ecco come arrivano le sentenze contumaciali: ha risposto Paolo Giacomazzo. Io passo la mia giornata a verificare che nel mio studio si rifiutino un sacco di notifiche, che vengono fatte per cittadini, italiani o stranieri non ha importanza, che io assolutamente non conosco.

Perché quel giorno, secondo la vecchia struttura che adesso verrà abbandonata, ma quel giorno io ero di turno alla Procura della Repubblica o quant’altro, allora il signor Gino Rossi viene fermato e arrestato e un 15-20 giorni dopo mi viene modificato un qualche atto qualsiasi perché questo signor Gino Rossi ha nominato l’avvocato Pasini. Ma Gino Rossi non sa chi è l’avvocato Pasini, io non so chi sia Gino Rossi.

Se non sto attento, se non dico: "No, non lo voglio, caro ufficiale giudiziario, se la porti via perché questa elezione di domicilio fatta non la voglio vedere" e già si discute se io posso  o meno rifiutare l’elezione di domicilio e quindi si scatena tutta una battaglia tra me l’ufficiale giudiziario che, poveretto, oltretutto è l’aiutante e quindi non dovrebbe non ne avrebbe colpa alcuna. Ma, insomma, in questo modo si innesca quel meccanismo non virtuoso che porta le sentenze contumaciali non notificate, salvo poi notificare, quando lo si trova, l’ordine di esecuzione della pena che è stato esercitato.

E questi sono in qualche modo i temi. Ma, diceva giustamente il Consigliere Tamburino, c’è un problema di comunicazione e di scelta: è vero, non possiamo eludere il problema che ci pone Tamburino.

Il primo problema è favorire in tutti i modi la difesa fiduciaria: non c’è dubbio, la difesa fiduciaria garantisce di più tutti quanti, perché favorisce il rapporto tra il difensore e la persona che si difende ma, laddove non si dovesse favorire questo rapporto, bisogna fare in modo che chi si trova ad avere a che fare con la giustizia sappia scegliere, cioè non sia costretto a chiudere gli occhi a dire: "Tac, 1500 avvocati a Padova, ho schiacciato il bottone mi è capitato questo".

Ti dovrebbe andar bene sempre, potrebbe anche non andarti male, ma non solo e non tanto per le capacità dell’avvocato, anche perché puoi trovare persona che non ti piace, con la quale non vai d’accordo, non hai consonanza, e la difesa si complica in queste situazioni.

Uno dovrebbe poter comunque scegliere, o comunque capire, una volta che gli venga affidato un difensore d’ufficio, capire che gli viene affidato. Ed il primo passo, non c’è dubbio, è la specializzazione. E il primo passo è proprio la scuola di formazione nostra, le liste fatte in un modo serio. Per cui, perlomeno, sappiamo che chi è iscritto alle liste di difensore d’ufficio e quindi quel giorno si troverà a dover assumere la difesa di Tizio, Caio e Sempronio è una persona che fa penale, che è abituato a fare i processi e che non si perde e non prende paura di fronte all’accusa.

E quindi il rapporto professionale si instaura immediatamente, direttamente. Ma, certo, questo è un problema non da poco, come è un problema non da poco che nelle nostre Università le lingue non si studiano. La facoltà di giurisprudenza si fa tranquillamente senza studiare alcuna lingua, nemmeno l’inglese e il francese che, insomma, in qualche modo favorirebbero.

Organizzare tutte quelle informazioni preventive che vanno dall’elencazione dei diritti, all’uso della giurisdizione, da distribuire nel modo più ampio possibile, nel modo tale che quando uno dovesse avere a che fare con la giustizia sa come muoversi.

Tenendo conto che, è vero poi che ci sono termini difficili, ma alcune cose sono e saranno sempre ad alto rischio, insomma. Il fatto che ti arrivi un decreto di condanna e si lasci scadere il termine, questo per chi è libero; il fatto che libero detenuto ti arrivi comunque un avviso e, per la particolare astrusità della lingua giuridica uno non lo capisce o capisce un’altra cosa, o che giaccia sul tavolino per un giorno in più e uno non si preoccupi...

Questo fa parte della vita, dei rischi della vita, e io temo che la perfezione nella giurisdizione e nell’organizzazione processuale non sia di questo mondo, assolutamente. Certo, poi abbiamo come dire degli obiettivi: uno annuale, che è la copertura finanziaria della legge sul gratuito patrocinio sia quantomeno difesa ogni anno negli stanziamenti da parte dello Stato, che verranno decisi in ogni Finanziaria e ogni anno aumentata.

E che, al termine del periodo, nel 2003, nel momento di rivisitazione della legge, si possa indicate un tetto per l’applicazione della legge, ben superiore ai diciotto o venti milioni, elevabili a due per volta, che oggi è un tetto francamente ridicolo, un tetto che non sta né in cielo né in terra, tenuto conto poi soprattutto che i processi più gravi sono processi obiettivamente costosissimi.

Quando cominciano a durare dieci, venti, trenta, per non parlare degli anni di udienze… ma basta fare un processo che abbia dieci udienze in Corte d’Assise e il costo è comunque enorme.

E poi quello è il costo minore, perché il vero costo del processo è l’attività difensiva, la ricerca della prova, l’assunzione dei collaboratori, dei periti, di quanto altro può servire. Certo, questo è parte di tutte quelle attività, grandi o piccole, che sono necessarie perché la difesa sia una difesa effettiva.

Però qualcosa sta cambiando, ecco: siamo ancora all’età dell’enunciazione, stiamo partendo, però deve cambiare qualcosa e, lo dico, deve cambiare la pretesa del cliente nei confronti dell’avvocato, sia esso d’ufficio, sia esso di fiducia.

Si deve pretendere, da quest’uomo, molto: perché quest’uomo deve sapere molto, perché quest’uomo deve contare molto, in una società in cui si rispettino i diritti di libertà.

Grazie di tutto, per me è stata una giornata veramente bellissima.

 

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