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Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti" L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute (La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)
direttore della Federazione Relais Enfants - Parents "Se la separazione tra genitori detenuti e figli è vissuta davvero come un abbandono, sono forti i rischi di un disadattamento sociale" Di questa separazione, e di cosa fare per renderla meno traumatica, abbiamo parlato con Alain Bouregba, direttore della Federazione "Relais Enfants Parents" Alain Bouregba è direttore della Federazione "Relais Enfants Parents" e psicoterapeuta di professione. La sua qualifica professionale spiega un po’ come funziona, in Francia, questa rete di sostegno ai figli dei detenuti : è un volontariato fatto anche di professionisti, che mettono a disposizione le loro competenze per aiutare le famiglie ad affrontare l’angoscia del carcere. Può dirci com’è nata l’associazione "Relais
Enfants Parents", da chi è stata fondata e come siete giunti ad una
diffusione così capillare delle vostre iniziative a livello nazionale? L’Amministrazione Penitenziaria vi viene
in aiuto economicamente in qualche modo? E con quali proventi sopravvivete? Si è notato, inoltre, che i detenuti che hanno legami affettivi sono più facilmente reinseribili nella società. Tutte le personalità del settore contattate e interpellate si trovano perfettamente d’accordo nel dire che un detenuto che ha conservato i legami familiari rischia in percentuale tre volte meno la recidività rispetto ad un detenuto, i cui legami familiari si sono spezzati, o sono inesistenti. Detto tra noi, visto il contesto, l’Amministrazione francese non ha scelta, considerati i buoni risultati ottenuti in questi anni. Infatti, è una necessità per lei stessa permetterci di operare. Quali sono esattamente le finalità della
vostra associazione? Per prima cosa l’associazione cerca di dare con ogni mezzo a sua disposizione un sostegno psico-affettivo atto a mantenere il legame tra i bambini e i loro genitori detenuti, in modo che la separazione non venga vissuta come un abbandono. Perché, se invece la separazione è vissuta davvero come un abbandono, sono forti i rischi di un disadattamento sociale. Noi interveniamo in diversi modi, anche accompagnando i bambini a trovare i genitori, cosa non sempre facile ma importantissima, se si pensa che alcuni bimbi vengono presi dal panico al solo pensiero di entrare in carcere. Poi vi sono alcune madri che rifiutano che i bambini incontrino i padri, dunque ci sostituiamo a queste madri e accompagniamo i bimbi presso i padri detenuti. Altra nostra missione è rendere accettabili e piacevoli i locali adibiti ai colloqui tra i figli ed i padri o le madri detenute, in modo che i loro incontri si svolgano in un ambiente gradevole e non traumatizzante. Altra finalità è quella di sostenere i genitori quando si sentono disorientati dalle riflessioni e domande dei loro figli. Ma capita anche che i figli rifiutino questa situazione e anzi dicano di non volere più entrare in carcere ad incontrare il genitore. Il nostro lavoro è immenso, ci siamo talmente allargati ed abbiamo tanti partners da considerarci quasi una federazione. Non vi annoio dandovi i nomi di tutti i nostri partners, però posso accennarvene alcuni molto attivi e che ci favoriscono: oltre alla direzione dell’Amministrazione Penitenziaria, c’è la direzione dell’Azione sociale; il Servizio dei Diritti delle Donne; siamo in contatto con Eurochips come con la F.A.R.A.P.e.J. (Federazione delle Associazioni d’Azioni, Riflessioni, Prigione e Giustizia), e molti altri ai quali ritengo superfluo accennare. Comunque voglio dirvi che oltre ai detenuti francesi, ci stiamo attivando anche nella Unione Europea in concomitanza con altre associazioni europee, canadesi, americane, per fare qualcosa per i detenuti stranieri ristretti in territorio francese. E’ molto importante che un’associazione come la nostra lavori a livello europeo, infatti, a Parigi come in tutta la Francia, vi sono detenuti italiani, spagnoli, portoghesi, africani, come di molte altre nazioni. Per questi detenuti, vista la lontananza dalle loro famiglie, non è certo possibile mantenere fisicamente nessun tipo di relazione, dunque, chiedendoci come fosse possibile sopperire a questa carenza, stiamo spingendo in qualche modo la Commissione europea ad autorizzare i detenuti, oltre che ai contatti telefonici, a un tipo di contatto e relazione diversa, attraverso Internet. Noi pensiamo sia una buona strada da seguire, nonché un punto importante e diverso nel rapporto affettivo Quanti centri ha attualmente la vostra
associazione? I 15 centri dell’associazione coprono
tutto il territorio francese? Come mai? L’est della Francia sembra sordo
e disinteressato al problema delle famiglie dei detenuti? Ma questa carenza dell’associazione in
tutto l’est della Francia non è che possa essere dovuta al fatto che in
quelle regioni c’è una mentalità più rigida e meno capacità di associarsi
in modo da sensibilizzare il mondo esterno su un tema così delicato? Visto che lei parla delle case aperte
dell’Amministrazione Penitenziaria tedesca, vorremmo capire che cosa succede
a questo proposito in Francia. Abbiamo saputo che vi sono alcuni istituti
di pena che permettono incontri intimi tra detenuti e famigliari: potrebbe
spiegarci un po’ meglio come funziona questa sperimentazione? Per quel che riguarda la logistica e il
vitto per le 48 ore in questione, se ne occupa la famiglia stessa del
detenuto o se ne occupa l’Amministrazione Penitenziaria? Come ha fatto l’Amministrazione Penitenziaria
francese a giungere alla concretizzazione di tale esperienza? Questa esperienza è in atto solo nel Canada
francofono del Quebec o in tutto lo stato canadese? Lei è giunto da Parigi per partecipare a questa giornata sull’affettività, con un intervento molto importante sul ruolo dei padri detenuti. Per concludere vorrei allora chiederle di esprimere il suo pensiero su questa giornata. E’ stato semplicemente favoloso. Sono rimasto piacevolmente sorpreso nel costatare che un simile evento d’importanza e partecipazione nazionale si sia tenuto all’interno di un istituto di pena. Dico questo perché, a quel che ne so, in Francia non sarebbe possibile attualmente neppure immaginarlo. Non è un fattore di regolamento, almeno credo, ma da quanto mi è dato conoscere sarebbe impensabile per la mentalità francese far partecipare un così alto numero di detenuti, come ho visto qui nel carcere "Due Palazzi" di Padova, a delle iniziative di carattere culturale, sociale, scientifico, addirittura dove si propone anche una proposta di legge da presentare al Parlamento, sulla base di una disponibilità a sostenerla già espressa da molti politici di più schieramenti. Tutto questo mi dà un sentimento molto positivo e di speranza per il futuro dell’affettività carceraria italiana. Con l’occasione voglio pubblicamente ringraziarvi non solo per avermi invitato a partecipare come relatore a questa Giornata di Studi sull’affettività, ma per l’impegno con cui è stato organizzato questo evento, e vorrei anche complimentarmi con tutti i detenuti interessati in più modi a questa giornata, per il lavoro, le proposte e la serietà e partecipazione dimostrati. Intervista a cura di Renzo Pampalon
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