Alain Bouregba

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Alain Bouregba (direttore della federazione dei Relais Enfants – Parents)

 

All’inizio della settimana mi trovavo a New York, dove era organizzata una conferenza internazionale sull’infanzia: per la prima volta, il Presidente della Repubblica francese ha trasmesso al segretario generale dell’ONU un rapporto sulle difficoltà del bambino ad avere relazioni con i genitori incarcerati. Questo episodio dimostra l’importanza dell’organizzazione dei Relais Enfants – Parents in Francia: sono associazioni regionali che portano aiuto alla relazione fra i genitori e figli, fino a quando questi ultimi hanno quindici anni.

Per parlare del nostro lavoro è necessario spiegare la difficoltà dei padri incarcerati a mantenere le loro funzioni nel ruolo di genitori. In caso di detenzione, le condizioni per esercitare le funzioni nel ruolo di padri sono determinate da certi fattori.

Prima di tutto ricordiamoci che la paternità non è come la maternità, fondata sull’esperienza, ma riposa su un enunciato. All’inizio sull’enunciato della madre, che designa il padre del bambino che porta in grembo, e poi su quello del bambino che attende dal padre l’assunzione delle sue responsabilità. Questa supremazia dell’enunciazione sull’esperienza gli conferisce un posto importante nella individuazione.

Inserirsi nella filiazione paterna significa sottomettersi ad un principio genealogico che riposa su un legame simbolico e non su scelte affettive.

È a partire dalla funzione paterna che il cucciolo dell’uomo integra l’asimmetria dei livelli generazionali. Questo trasferimento del bambino, dall’universo dominato da legami sensibili a quello dominato dai legami simbolici, caratterizza la funzione paterna. Quindi, il padre reale non può essere identificato in questa funzione: ogni iscrizione o affiliazione del bambino ad una comunità religiosa o etnica, serve all’esercizio di questa funzione.

D’altro canto, l’esperienza della paternità è anche un’esperienza sensibile nel corso della quale il padre percepisce il figlio come un prolungamento di sé. La paternità e la funzione paterna sono due nozioni diverse. Il padre contribuisce a inserire il bambino in una rete strutturata di appartenenze, peraltro il suo legame col figlio è immerso in una serie di relazioni dominate da reciproche identificazioni, vale a dire identificazioni vicendevoli fra padre e figlio.

L’attaccamento del padre detenuto al figlio diventa ipertrofico sul piano dell’immaginario, non potendo essere vissuto nella realtà. Più il padre perde il contatto col figlio e più gli dà una straordinaria importanza, fissandolo in un quadro ideale. Alcuni padri che rifiutano di ammettere la crescita dei loro figli, ne parlano quando sono adolescenti come fossero i bambini che hanno lasciato al momento dell’arresto.  Col tempo il bambino si sente sempre più estraneo all’immagine alla quale lo ha ridotto il padre, al punto che a volte non può più comunicare con lui.

L’eccesso d’immaginazione nell’attaccamento del padre al figlio finisce per ostacolare la loro relazione fino a renderla addirittura impossibile.

L’infantilismo, l’irresponsabilità, il vittimismo, che sono i punti forti dell’esperienza carceraria, compromettono pericolosamente il padre nella sua funzione di trasmissione. Inoltre si osserva frequentemente l’abbandono del ruolo con le molteplici conseguenze che ne derivano sullo sviluppo del bambino.

I legami fra il figlio e il padre in prigione sono sicuramente ostacolati da meccanismi psicologici, ma lo sono anche da norme e aspetti sociali e psicosociali che devo citare. I rapporti fra il figlio e il genitore detenuto sono spesso colpiti da difficoltà economiche (costo dei viaggi), da reticenze o divieti amministrativi e giuridici. Possono anche essere ostacolati dall’esistenza di conflitti famigliari o più semplicemente da ricomposizioni familiari.

Considerando questi ostacoli le equipe di Relais Enfants - Parents sono spinte a diventare mediatrici. Mediatrici fra il padre carcerato e la madre del bambino, mediatrici fra il padre in  prigione e l’istituzione a cui il bambino è stato affidato, mediatrici fra un padre imputato e il giudice istruttore, mediatrici a volte fra il padre detenuto e il figlio.

 

Giovanni Anversa

 

Diamo la parola a Massimiliano De Somma, psicologo volontario dell’O.P.G. di Anversa. Dicevamo che ci sono cittadini di serie A serie B: ci sono anche quelli di serie C e sono gli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari.

 

 

Precedente Home Su Successiva